LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.
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mercoledì 6 ottobre 2021

Intelligenza italica

Ultimamente, se uno vuole  spostarsi in città con qualsivoglia mezzo privato che ingombri poco più dei suoi piedi, a qualsiasi ora, rimane incastrato in un tetris di automobili, inalando monossido di carbonio come se fosse Antani. 

La domanda sorge spontanea, dopo i post precedenti: a che pro ci si mette a confrontare monopattini e biciclette, quando, in ogni caso, sono tutti mezzi con un unico destino?
Il suddetto destino è riuscire a rimanere incastrati nel traffico perfino con quelli. 
Scooter che zigzagano per la città tra le auto? Ma per carità. Impossibile. 
Se sei magro o hai doti da ispettore gadget, magari riesci a zigzagare a piedi. 

Cosa diavolo è successo? Una volta un traffico così c'era solo nel periodo prenatalizio. 
Non oso pensare al periodo prenatalizio del 2021. 

Dopo tutto sto lockdown dove si è parlato di ambiente, cucina e jogging, la gente è tornata a inquinare, comprare cibo surgelato e vegetare sul divano come se nulla fosse mai successo. 

Ai Friday for future di Greta immagino che la gente maggiorenne si avvicini in macchina, creando ingorghi apocalittici intorno al luogo dell'evento, dove le telecamere riprendono persone a piedi in mezzo ai palloncini colorati e agli striscioni. 

La verità, cara Greta, è che la gente ama manifestare per perdere un giorno di scuola o passare una mattinata diversa, ma poi - almeno in Italia - prende la dissenteria se le si tolgono le vecchie care abitudini. 
In generale, e non solo nel suddetto caso, la gente italica si caga addosso, e quindi prende nuove abitudini solo per cagarsi meno addosso. Ma sempre comodamente.
Perché io, persona tra i 20 e i 60 anni, in salute, da sola, dovrei affaticarmi a prendere una bici, un monopattino o un mezzo anche vagamente ecologico e poco ingombrante, quando posso spostarmi di quei 2-3-4-5 km con un bel SUV roboante, facilissimo da parcheggiare? Di sicuro non prendo più i mezzi pubblici, c'è il covid. Preferisco starmene dentro un mezzo privato inquinante, ignorando il fatto che quando scenderò - perché scenderò, prima o poi - e respirerò - perché respirerò, a meno di non diventare anfibio o anaerobico per effetto delle mutazioni climatiche e genetiche - inalerò un'aria così inquinata da favorire la trasmissione dello stesso covid che voglio evitare (e anche di un sacco di altre problematiche probabilmente peggiori). 
Sì, perché un altro problema della gente italica, incurabile con lasik prk e che più ne ha più ne metta, è la miopia. Probabilmente a furia di guardare i cellulari, ci si è abituati a non vedere più in là del proprio naso, in termini fisici e temporali.  Se evito il covid spostandomi in macchina invece che in metro mi sento bene. Finisce lì. L'orizzonte di ragionamento rasenta il mio ombelico. 

Ma sì, va bene così.
Che almeno, se non si prendono un tumore ai polmoni, i ciclisti e monopattinatori riescono a spostarsi sulle numerose e meravigliose piste ciclabili cittadine, anch'esse protagoniste di una fine cernita volta all'autoeliminazione della specie umana. 

lunedì 26 aprile 2021

Sfilata urbana pandemica

Uno esce di casa, magari per andare al lavoro, magari per andare a trovare la nonna centenaria. 

Per l'occasione, toglie la seconda pelle di tuta e si veste da persona sociale. 
Più uno è stato rinchiuso per motivi vari (tipo smart working, isolamenti vari, altri della famiglia che facevano la spesa, ecc), più tende a reputare anche una passeggiata sul marciapiedi lunga 400 m un'occasione tipo serata di gala.

Emozionato, si lava, si sistema, si profuma, mette una bella mise studiata e esce finalmente, abbagliato dal sole di cui non ricordava più calore e luce. 
Cammina sul marciapiedi e nota con soddisfazione che, nonostante l'adipe accumulato nel letargo codivico 2020-21, tutti lo guardano. 
Procede con crescente spavalderia, sentendosi ammirato e osservato. 
Ha tutti gli occhi puntati su di lui. 
"Wow, faccio ancora faville! Sono ancora seducente! Mi guardano tutti, sia quelli attirati da me, sia quelli che mi ammirano e vorrebbero avere il mio stile!"

A metà dei 400 m, si accorge che, emozionato com'è, ha dimenticato di mettere la mascherina. 
Si ferma di botto. 
La indossa, tutto imbarazzato. 
Continua la sua camminata.

Nessuno lo guarda più.

venerdì 22 gennaio 2021

DADattica in presenza

 
La DAD era un'avventura, ma la Azzolina ha estratto dal suo cappello magico altre meraviglie: la DAD al 50%.
Perché stare a casa davanti al PC, con una tazza di the, senza mascherina a lavorare su settecento finestre diverse, scannerizzare, cavarsi gli occhi, quando lo si può fare a scuola, con la mascherina fpp2 in faccia che scava l'osso del naso e fa diventare le orecchie due sportelli aperti, correndo come pazzi da un'aula pienissima di alunni a una vuota con LIM rotta o malfunzionante e programmi antidiluviani e non aggiornati? 

La Azzolina vuole che i docenti dimostrino quello che valgono, e quindi ha predisposto un simpatico percorso a ostacoli, che vedrà arrivare alla fine pochi, quelli che non moriranno di covid o non impazziranno, sprofondando in un eterno burnout. Così non ci sarà più il problema del precariato storico e delle graduatorie imballate. 

Il passaggio dalla DAD al 100% alla DAD al 50% ha reso la scuola migliore. 
Nella maggior parte dei casi, è stata scelta la presenza o l'assenza dell'intera classe. Quindi, il 50% è stato interpretato come la metà della scuola, non come tutte le classi a metà. 
In effetti a livello pedagogico e didattico ha più senso. A livello emergenziale, nessuno. Ma la preoccupazione della Azzolina è didattica (mica sanitaria), e quindi la maggior parte dei prof votanti ai collegi docenti si è allineata al suo encefalogramma. 

Parecchi docenti, grazie alla democrazia e alla vittoria della maggioranza, si sono quindi trovati nel migliore dei casi a passare una settimana a casa e una a scuola, ma spesso hanno avuto la gloriosa occasione di dimostrare meglio quanto valgono, trovandosi con metà delle classi a scuola e metà a casa. I più fortunati hanno un meraviglioso orario a scacchiera, caratterizzato da un'ora con gli alunni in presenza e una in DAD. Il che significa correre come ossessi da classi odorose di sudori e miasmi umani, dopo aver spalancato le finestre a folle velocità ed essere fuggiti prima che gli alunni infreddoliti insorgano, per fiondarsi in classi designate per la DAD. Di queste, una buona parte è priva di qualsiasi device.
Il docente tipo, spesso proveniente da lontano con una compilation di mezzi pubblici e privati, tra cui la bicicletta, può optare per due soluzioni, entrambe attingenti da strumentazioni proprie:
  • PC pesante come un mattone, da portare sulle spalle avanti e indietro, sudando e incurvandosi come sherpa. Il pregio è che funziona. 
  • tablet: leggero, elastico, assurdo da usare. Se il docente si mette in videoconferenza , non può fare altro. Appena accede a un'altra app (registro, classroom, word, excel, youtube), la videoconferenza si minimizza e gli alunni non sentono e vedono più il prof. E' vero che in un'ottica di empatia ha un senso, perché sperimentano sulla loro pelle cosa si prova a parlare con un quadratino nero che non risponde alle domande, ma sarebbe bello chiedere alla Azzolina quale sia il valore aggiunto di questa didattica invece che di quella fatta da casa. Per poter lavorare, il prof in questione deve connettersi alla videoconferenza con il cellulare, attaccare una tastiera bluetooth, mettere le cuffie, applicare un trasformatore all'uscita miniusb per poi collegare la tavoletta grafica. Peso di tutto l'ambaradan: lo stesso del PC. Funzionalità di gran lunga peggiore. Impressione squisitamente psicologica di evitare la pesantezza del PC. 
Se il prof ha solo un fisso, proprio non può caricarselo in spalla. Spererà nella LIM. 
Nel 90% dei casi, dovrà fare la lezione stando al telefono con il secchione della classe. Per fortuna ce n'è sempre uno. 
Nel 10% dei casi, trascorrerà il tempo intercorrente tra una lezione in presenza e l'altra ad attaccare cavi, schiacciare inutilmente tasti, dire parole non adatte a un educatore e correre per tutto l'istituto alla ricerca dell'introvabile tecnico informatico, imboscatosi in un antro personalizzato dove deve aver vissuto per tutto il periodo della DAD ingozzandosi di Netflix e co, a giudicare dall'obsolescenza non solo dei PC ma anche dei programmi presenti, tutti con la licenza da rinnovare, e, se c'è la LIM, con compattezza della superficie su cui scrivere identica a quella delle lenzuola stese ai fili per bucato.  

I dirigenti si profondono in aiuti ai docenti, consistenti in frasi di incoraggiamento tipo "Potete anche usare i vostri device, considerate che non siete medici che vanno ad operare". E per fortuna, perché se i medici avessero attrezzatura corrispondente a quella scolastica, gli ospedali sarebbero dei cimiteri. 

Ma i soldi abbondantemente profusi dal ministero dove sono finiti? 
Si saranno incastrati in qualche ingranaggio burocratico o in qualche tasca?
Ci saranno ma avranno cozzato contro il rimbalzo di incarichi tra un ATA e l'altro, tra un tecnico e l'altro? 
Non si sa. 
Fatto sta ed è che i fondi sono serviti solo a migliorare alcune scuole, tipo quelle che compaiono ai tg e dove va la Azzolina a fare un giretto ogni tanto, accompagnata da una troupe televisiva, prima di rinchiudersi nei suoi igienizzati locali privi di minorenni adolescenti con gli ormoni e i cervelli impazziti. 

E le famiglie, in tutto ciò? Sono impazzite pure loro, dopo un anno quasi intero di molta DAD. Come utilizzano il loro equilibrio psicologico messo a dura prova? Tempestando di telefonate i docenti, con la pretesa che nei pochi minuti di discontinua didattica in presenza, a faccia coperta e impegnati a dire ogni quattro secondi agli studenti di tirarsi su le mascherine, facciano il miracolo di moltiplicare i saperi. Anche se probabilmente costoro peccano di ignoranza matematica, perché è risaputo che zero, moltiplicato per qualsiasi numero, dà sempre zero. 

In ogni caso, questo non è importante, l'importante, per la Azzolina, è poter dire che la scuola è vita
Sì, vita di stenti. 

martedì 22 dicembre 2020

Fatemi capire

Fatemi capire perché sono tarda. 

A settembre non ho capito perché abbiano aperto le scuole, in massa e con tutte le cose dette in tv rimaste perlopiù in tv. 

A ottobre ho capito perché abbiano chiuso le scuole superiori (e non le altre). Ho pensato: "Toh, allora qualcosa ci capisco".

A dicembre non capisco più nulla. Sono tardissima. 

Dunque, i punti, in successione logica, sono questi:
  1. dopo un periodo in zona rossa, all'improvviso, senza nessun cambiamento nei contagi o decessi che lo giustificasse, siamo diventati gialli;
  2. più o meno in contemporanea, è partita l'app "Io". Mentre era vietato assembrarsi, era anche caldamente consigliato comprare, comprare, comprare, fino a 1500 € in in un mese, quello di dicembre, con cashback, premi e maxipremi per chi compra di più. Ok, compro tutto on line, così non mi ammasso. Lo faccio in negozi italiani, in modo da aiutarli senza assembrarmi. Ma no, non compare nulla nel mio tardo elenco di spese cashbackabili su "Io". E no, solo se compri in presenza;
  3. la gente, come conseguenza, si ammassa senza pietà in tutti i luoghi in cui può, riempiendo come un fiume (o come un gregge, se qualcuno preferisce) ogni orifizio di città grandi e meno grandi. Una follia collettiva, in cui le persone si accodano anche nei peggiori ristoranti, comprano anche nei negozi più assurdi, l'importante è andare e comprare comprare comprare. Quanto sarà  migliorata la qualità della vita dei negozianti in circa 15 giorni mal contati? 
  4. di colpo chiude tutto. E, per sedici giorni, con gran parte delle persone in vacanza, non si può più comprare nulla. Fino al 23 dicembre la corsa agli acquisti diventa folle. Tutti uno sopra l'altro a comprare, girare, impacchettare. Tutti con l'ansia da "ultimi giorni" sia per il cashback dicembrino (mi raccomando, almeno 10 acquisti), sia con quella da regali natalizi. E sì, perché esce il nuovo dpcm e i regali natalizi si potranno scambiare, ma solo in zona rossa, in tutta la regione, purché chiusi in casa di qualcuno in due per volta (bambini e disabili inclusi) e purché una sola volta in ogni giornata rossa. In quelle arancioni, nemmeno si può uscire dal comune, soprattutto non per fare passeggiate all'aperto, al massimo in prossimità di casa (la solita prossimità che non è ancora stato capito sia troppo multiformemente interpretabile per avere un senso logico). Al più si può fare sport. Corsa, bici, pattini a rotelle, pattini da ghiaccio, sci da fondo o alpinismo, ... ovviamente uscendo così di casa. Se uno vuole camminare da solo in un bosco deve perlomeno mettere una tenuta apparentemente sportiva e sculettare in una marcia che potrebbe essere riconosciuta come sportiva. 
  5. il 7 gennaio riaprono tutti gli ordini di scuola
Durante tutto ciò, parte la campagna vaccinale e, causalmente, il virus inizia a mutare.

Aggiungiamo che a gennaio dovrebbe iniziare la solita influenza stagionale. 

Ora, facciamo l'esempio di una persona ligissima alle leggi:
  1. dall'8 dicembre fino al 23 va in giro facendo acquisti selvaggi, approfittando dei ristoranti gremiti per incontrare 3 amici per volta. Corre cospicui rischi di contagio. 
  2. dal 24 dicembre al 29, dal 30 dicembre al 3 gennaio, dal 5 al 6 gennaio, cioè per 13 giorni, andrà a trovare, insieme a un'altra persona e a eventuali bimbi/persone non autosufficienti, 13 gruppi familiari/amichevoli diversi sparsi per tutta la regione. Corre cospicuissimi rischi di contagio. A parte gli sportivi fissati, la persona media ligissima alle leggi non avrà tanta voglia di girare a piedi intorno a casa, e quindi trascorrerà 13 giorni DENTRO case con altre persone, appartenenti a variegati nuclei familiari,  a ingozzarsi di cibo e scambiare regali.
Adesso, a me che sono tarda, questa sembra la tattica perfetta per diffondere il contagio al massimo da inizio dicembre fino al 7 gennaio, giorno in cui, tutti zeppi di carica virale, si tornerebbe a lavorare e a frequentare in presenza in tutti gli ordini e gradi scolastici. 

Fatemi capire, commentate i miei errori logici. 

domenica 20 dicembre 2020

Lo smart worker single dicembrino del 2020

 

Lo smart worker single dicembrino del 2020 ha assunto una postura a forma di sedia o anche poltrona o anche letto, con conseguenti piaghe da decubito nella peggiore delle ipotesi.

 Lo smart worker single dicembrino del 2020 si mette una giacca a vento ogni sabato e domenica e va a correre, anche se non lo ha mai fatto fino al 2019, perché è l'unico modo che ha di uscire senza la mascherina in faccia. Di correre non gliene frega niente, ma approfitta per incontrare al parco persone conosciute in internet, infagottate anche loro in improbabili tenute fosforescenti, allo scopo di comunicare al resto del mondo che sì, loro stanno facendo attività non motoria ma sportiva. Non si riconosceranno, anche se le foto che hanno messo risalgono a inizio 2020. Non si riconosceranno perché l'evoluzione ha portato i loro corpi a inflaccidirsi e ingobbirsi, la pelle intorno ai loro occhi a sgretolarsi in rughe di sforzo per distinguere i caratteri al pc e soprattutto il resto della loro casa oltre lo schermo, per non parlare del resto del mondo oltre la porta di casa, campo visivo che per disabitudine sarà ormai difficile mettere a fuoco. E' passato un anno e sono invecchiati a vuoto. Si sa, il tempo non guarda in faccia nessuno, figurarsi se si nasconde dietro una mascherina. 

Lo smart worker single dicembrino del 2020, se non ha molta famiglia, organizza famiglie improvvisate, con cui fa cene e pranzi sostitutive delle cene e pranzi con i congiunti. Fa una selezione di persone strettamente amiche, come strettamente amici possono essere 4 o 5 individui abitanti nello stesso comune selezionati tra quelli che hanno idee ed esigenze simili alle sue. Prima timoroso, si fida sempre di più di queste 4 o 5 persone, che poi diventano 5 o 6, e poi 6 o 7, e poi quelle che riesce a trovare, perché con il passare del tempo la paura della solitudine supera quella del contagio, perché con il passare del tempo la peggiore malattia diventa la solitudine, e anche il famigerato covid impallidisce, e si organizzano accampamenti in case a turno, così si elude il dpcm con soluzioni che li portano a congratularsi con sé stessi per la scaltrezza non unica nel suo genere, ma si sa, quando ci si congratula con sé stessi lo si fa in modo molto magnanimo, mica come quando ci si congratula con gli altri. Il meccanismo è lo stesso per gli altri smart worker single dicembrini del 2020, che a furia di fare indigestione di dpcm restrittivi allargano le maglie della loro tolleranza al nemico invisibile, e iniziano a sentirsi parte di una manica di eletti sovversivi e rivoluzionari, che sfidano il sistema con un egoismo programmato, che si sprogramma in una spirale di pranzi e cene esponenziali. Ognuno vede solo 4-5-6-7-8 persone che a loro volta vedono solo  4-5-6-7-8 persone a testa, ma vorrai mica che siano le stesse di tutti gli altri, perché gli smart worker single dicembrini sovversivi del 2020 sono persone libere, persone che sanno scegliere, e poi, diciamocela tutta, se non è successo niente per tutto il 2020 perché dovrebbe succedere proprio a dicembre del 2020.

Lo smart worker single dicembrino del 2020 installa "Io" e poi va a fare la spesa di persona, sia perché il Governo gli dice di non assermbrarsi e di spendere un sacco di soldi in presenza tutti a dicembre, sia perché non ne può più di Netflix aperizoom Raiplay pranzo/cena tra amici Primevideo aperigmeet Festivaldelcinemaonlinegiamaicano aperivicinidicasa pranzo/cena tra amici Programmazionedellatvinchiaro telefonatelungheatuttalarubrica. Quando va a fare la spesa si veste come se dovesse andare in discoteca. Esce e indossa la mascherina. Automaticamente, dal non vederci più a causa della perdita di 5-6 diottrie, si trova nella nebbia completa. Evita di prendere la macchina, tanto non la troverebbe. Al massimo potrebbe reperirla vestendosi da jogging per poter evitare la mascherina. Si inoltra nel supermercato, dove fa una coda di 2-3 ore, mentre chatta con qualche tinderiano da incontrare al parco facendo jogging. Percepisce intorno a sé un indefinito ammasso di palle biancastre che si muovono sfiorandolo. Lo sfioramento gli crea angoscia, perché ok i 4-5-6-7-8 amici dei pranzi/cene casalinghi, quelli sono amici, ma lo sconosciuto è pericoloso e dannoso, poi ogni 10 persone a una spunta il naso fuori, a due spunta tutta la faccia, e sotto si intravede una specie di straccio molle che servirebbe a non prendere multe definendolo mascherina. Ormai lo smart worker single dicembrino del 2020 ha paura dei nasi altrui. Delle bocche non parliamone. Ma tanto la polizia le multe non le fa più, e allora chi se ne frega, quasi quasi anche lo smart worker single dicembrino del 2020 abbassa un po' la mascherina, quel tanto dal permettere agli occhiali di spannarsi, al naso di respirare un po', e poi se le forze dell'ordine fanno finta di niente ci sarà un perché. 

Lo smart worker single dicembrino del 2020 alla fine organizza un capodanno abusivo con  i 4-5-6-7-8 amici dei pranzi/cene casalinghi, che a loro volta invitano i 4-5-6-7-8 amici dei pranzi/cene casalinghi, che a loro volta invitano i 4-5-6-7-8 amici dei pranzi/cene casalinghi. Ma, si sa, il capodanno è una festa inflazionata: si vuole a tutti i costi divertirsi ma non è mai divertente per davvero. Si sta tutti lì a mangiare cibi grassi comprati con il 10% di cashback e a fissare uno schermo con un conduttore qualsiasi che fa il count-down, e poi vuoi non baciare tutti quelli della festa. Capodanno è una sola volta nell'anno, facciamo questa eccezione, baciamoci e chi se ne frega, noi siamo sovversivi e ribelli, ma poi chi diavolo sono tutte queste persone, ma poi certo uno strisciante senso di deficienza sorge ma lo si lascia a strisciare sotto i piedi di tutte queste persone che si baciano a mezzanotte sentendosi fighe. 

Il giorno dopo lo smart worker single dicembrino del 2020, dopo che tutti i dormienti se ne saranno tornati alle loro dimore, mentre pulirà la casa con il disinfettante all'amuchina, penserà che il prossimo anno basta capodanno, è una festa inflazionata mai divertente. Ma questa non è più la vita dello smart worker single dicembrino del 2020, questa è la vita dello smart worker single gennaiolo del 2021, ed è tutta un'altra storia. 

mercoledì 9 dicembre 2020

Sulle scuole aperte o chiuse, il COVID e la catena di riforme del sistema scolastico

 Mentre faccio colazione mi leggo la rassegna stampa web sull'app del Corriere della sera, per intenderci una delle poche cose non a pagamento e non per questo priva di interesse. 
Leggo sempre volentieri quasi tutti gli articoli, in particolar modo quelli di Luca Angelini.  
Oggi, poi, il tema mi riguarda: la scuola!

Leggo con interesse. Già il titolo è suggestivo: "La "tristezza e frustrazione" di Miozzo (Cts) per le scuole ancora chiuse". 


Vi si parla dell'immenso danno arrecato agli studenti costretti in casa alla DAD, della loro perdita notevole, del disastro che si sta consumando nelle giovani generazioni. Si insiste ancora sul fatto che a scuola i contagi non siano rilevanti, nonostante le evidenze. Vi si dice che il rischio per gli studenti di ammalarsi è molto basso. Non vi si ricorda che da asintomatici si è contagiosi ugualmente, e manco lo si sa. 

Ho per questo predisposto una risposta da "addetta ai lavori":

Buongiorno, 
mi sento in dovere di scriverle a proposito del suo articolo sulla Rassegna Stampa del Corriere pubblicata oggi.

Davanti alla “tristezza e la frustrazione” di Miozzo per le scuole chiuse, vorrei porre il punto di vista della sottoscritta, docente di sostegno in un istituto professionale superiore di Torino.

E’ sicuramente vero che gli ammassamenti sui mezzi pubblici e gli assembramenti tra studenti non solo davanti alle scuole, ma in ogni luogo, possibilmente senza mascherina e tutti abbracciati, siano dannose. Ma non ritengo veritiero che una volta varcati i muri delle scuole cambi tutto. I ragazzi che conosco da una decina d’anni di insegnamento nelle scuole professionali sono fatti così, e sono spesso poco consapevoli delle conseguenze delle loro azioni, e in generale per niente propensi al ragionamento logico-deduttivo.

Non mi riferisco qui a tutti gli alunni, perché sicuramente ci sono delle eccezioni, ma all’andazzo generale, che è poi quello che interessa quando si vanno a fare statistiche sui contagi.

Quando sento parlare politici e esperti vari o leggo quello che scrivono sulla scuola, ho l’impressione che non abbiano mai messo piede nelle classi, se non in qualche scuola d’élite poco rappresentativa. Per tutto il periodo in presenza, i miei studenti stavano in classe perlopiù con la mascherina sotto il naso se non sotto il mento, si alzavano di continuo, si sedevano in due sulla stessa sedia, bevevano dalla stessa lattina e mangiavano dallo stesso panino, e per parlare con noi prof venivano a poca distanza dalle nostre facce e si abbassavano la mascherina eventualmente (per puro caso) alzata, perché “così li sentivamo meglio”. Il tutto essendo redarguiti e illuminati sulla necessità di un comportamento diverso all’incirca ogni dieci minuti, con evidente impossibilità, o quasi, di svolgere le lezioni.

L’immagine di classi con gli alunni seduti in silenzio a prendere appunti, ognuno nel suo banco, con la bocca a un metro dalle bocche di tutti gli altri, sono per i nostalgici e coloro che la scuola non la conoscono. Non ho mai insegnato in un Liceo e spero che la situazione sia un po’ diversa,  ma sentir di continuo dire che la scuola non è luogo di contagio mi pare superficiale e irreale.

Lo stesso Miozzo, tra l’altro, ha riferito che la Azzolina, già a fine ottobre, fosse a conoscenza, dai dati trasmessi dai Presidi, di 65.000 casi nelle scuole. Ecco un articolo in proposito: https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/25451389/franco-bechis-lucia-azzolina-scuola-contagi-ecco-documento-dimostra-ministero-nascosto-verita-.html

Preciso – perché sembra dimenticato, in questo articolo - che nelle scuole non ci sono solo gli studenti teenager, che se contraggono il virus perlopiù manco se ne accorgono (e quindi continuano a circolare senza sospettare nulla), ma ci sono molti docenti/dipendenti con un’età media abbastanza alta, con famiglie da cui tornano quotidianamente, a loro volta spesso con figli che frequentano le scuole.

Aggiungo che mi rendo sicuramente conto del danno che viene apportato agli studenti, ma non sono d’accordo sul bilancio tra benefici e svantaggi che viene espresso in termini generali nell’articolo. Sicuramente ci sono un sacco di alunni che vanno a scuola per imparare, si impegnano e per cui non andare a scuola in presenza può essere un danno. Questi stessi studenti, in ogni caso, si daranno da fare anche in DDI, imparando a gestire l’apprendimento in modo diverso, che non fa mai male. Lavorando nei professionali rilevo che, grazie all’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, e anche alla cattiva comprensione della possibilità di andare comunque a lavorare a 14 anni con specifichi percorsi alternativi alla scuola, le classi sono piene di persone che vanno a scuola solo perché obbligate, in attesa di compiere i famigerati 16 anni, intente solo a disturbare e a arrecare il massimo intralcio allo svolgimento delle lezioni. Del resto, in una serie di lungimiranti riforme scolastiche, anche le ore di laboratorio sono stata ridotte se non quasi del tutto eliminate, aumentando il disinteresse di ragazzi più work-oriented. Questi individui, che di solito abbandonano il percorso scolastico verso i 16 anni o rimangono nelle scuole per interessi del tutto alieni dall’apprendimento (tipo il fatto che abbiano un ampio mercato di smercio di droghe leggere a portata di mano), non solo non traggono giovamento alcuno dall’essere a scuola, ma in questo periodo di pandemia sono veramente dannosi e, non sentendosi sottomessi a nessuna regola, favoriscono la diffusione del virus. I processi che portano all’espulsione di simili elementi sono lunghissimi e farraginosi, vista anche l’aziendalizzazione della scuola e la trasformazione degli studenti in clienti e di docenti/dirigenti in tappetini al servizio delle famiglie, che possono cambiare “prodotto-scuola” se quello attualmente in uso non soddisfa le esigenze dei loro figli-clienti, facendo perdere redditività all’Istituto-azienda. Inoltre, se davvero si riuscissero ad espellere tutti gli individui di questo tipo, si dimezzerebbe la popolazione scolastica di queste scuole.  

In questo contesto degenerativo, iniziato fin dalla riforma Berlinguer vent’anni fa, mi pare che una pandemia e un po’ di DDI non siano che la ciliegina sulla torta del disservizio nei confronti degli studenti, mentre ostinarsi ad aprire a gennaio questo tipo di scuole sia un efficacissimo strumento per dare una notevole spinta alla terza ondata pandemica. Tenere le finestre spalancate e stare nella corrente a settembre-ottobre è ben diverso da farlo a gennaio, con l’inizio dell’influenza stagionale oltre al covid.

Considerare i docenti carne da macello pur di fare bella figura a livello politico è tipico dell’andazzo italico-scolastico di un periodo ben più lungo rispetto al 2020-21.

venerdì 5 giugno 2020

Distanziamenti annacquati


Finalmente apre una piscina.

Ricevo notizie da pionieri avventurosi sul fatto che ognuno abbia una vasca, visti i 7 metri cubi per persona.
Bellissimo, inizia a starmi simpatico il covid-19.

Prendo e vado in questa piscina.

Orari tondi, ma per sicurezza arrivo mezz'ora prima, piena di adrenalina manco fossi una bimba alla vigilia di Natale. Più che altro, l'emozione è legata all'idea di avere una vasca tutta mia per un'ora e mezza prima di essere cacciata.

La folla davanti all'ingresso, nonostante la scelta delle ore 14, postprandiali e quindi digestive e per di più lavorative, mi inquieta vagamente. Mi dico che si tratterà di gente che va altrove.
Ecco, la gente non va altrove.
Vanno tutti in piscina.

Ma la piscina è grande, molto grande, con le vasche da 50 metri.
Resiste un barlume di speranza.

Mi fiondo in acqua dopo una doccia saponata da record, constatando con soddisfazione che è pieno di corsie, seppur dimezzate, vuote.
Ne seleziono una e mi immergo.

Dopo dieci minuti, tempo logico perché un essere umano si cambi si insaponi e si predisponga, nuoto con sette adolescenti, di cui ragazzine velocissime con unghie che mi affettano i piedi 2/3 volte ogni 25 metri.

Su un monitor c'è scritto che sono tollerate massimo 8 persone per vasca. E l'acqua ribolle di gente rispettosa della regola.
Dato che ci sono 20 vasche, vuol dire che sommariamente siamo 160.
Toccando dappertutto, direi che in altezza c'è un metro e mezzo d'acqua.
Ora, 50 metri di lunghezza*1,5 m di altezza*15 m di larghezza stimate, direi che ci sono 1.125 metri cubi di acqua. 1.125/160=7 metri cubi a persona. Ebbene sì, 8 persone per corsia rispetta la necessità di almeno 6 metri cubi di acqua a testa.
Si vede che il metro di distanza, in piscina, assume un filosofico significato metrocubico.
Per fortuna, al distanziamento sociale pensa il cloro a profusione: in effetti dopo mezz'ora pure la mia pelle pare distanziata da me.

venerdì 24 aprile 2020

Razzismo che vieni razzismo che vai

Fino a ieri ero razzista, poi ho smesso per un nanosecondo, quindi lo sono ridiventata ancora di più.

Vi racconto com'è andata.

La casa in cui abito ha due balconi, uno sempre all'ombra e uno sempre al sole con tavolino e panorama su un bel prato, il grattacielo della Regione incompiuto, e una serie di cortili.
Se voglio far finta di stare fuori, di solito mi piazzo sul balcone soleggiato.
Uno dei condomini che vedo a circa 200 m in linea d'aria deve presumibilmente essere abitato da una serie di famiglie slave più una cinese e una italiana. Quelle slave si conoscono tutte e circolano stile comune. Si sono appropriate del cortile, iniziando a colonizzarlo con una montagna di sabbia per simulare la spiaggia per i numerosi bambini, e con il passare del tempo hanno creato un centro bricolage e un angolo cottura, più un tavolo per i party con tanto di casse da discoteca, nonché un ammasso di circa 16-20 biciclette che spostano a seconda delle fasi della giornata.

E fin qui, tutto bene.
Osservavo anche divertita i loro movimenti.

Circa due/tre settimane fa è iniziata la discokusturica. Dalle 10 del mattino fino alle 19,40 proviene dalle casse in cortile, poi si trasferisce in casa, e arriva direttamente a perforarmi le orecchie dal balcone sito a 200 m in linea d'aria dal mio. Il fatto è che, oltre ad essere a volume inquietante, ha anche degli acuti mica da niente, di quelli che proprio ti titillano il timpano subdolamente e ti scatenano il mal di testa pervasivo già dalle 10,10. L'unica è chiudere tutte le finestre e le porte e rifugiarsi nell'ala opposta della casa, e se si vuole prendere aria la si prende sul balcone ombroso che dà sulla strada e su un terrazzo di marocchini che ti osservano minacciosi con scritto in faccia: "Tu donna stai in casa, chiusa. Con la mascherina addosso".

Una sera l'italiana che vive sventuratamente sopra la casa dello slavo che le ha più grosse (le casse) doveva averle piene anche lei (le ovaie) e ha acceso l'aspirapolvere in balcone. Alle 21,20. Durante il wednesday evening show. Lo slavo nerboruto tatuato e pelato stile Vin Diesel in XXX è uscito  sul balcone. Ignoro come abbia fatto a udire l'aspirapolvere o percepire le sue vibrazioni, dal momento che io non sentivo nemmeno i miei pensieri da 200 m di distanza. Comunque lui deve avere i superpoteri e ha sentito. Ha dato un'occhiata in su, gonfiando i pettorali in modo alternato, ed è tornato in casa, alzando ancora di più il volume. La signora si è ritirata in buon ordine nei suoi appartamenti.

Ora, è certo che un individuo (e nemmeno quarantacinque, come sono quelli che si riversano in cortile ogni giorno) non fa il popolo, che ognuno è uno (a volte anche due, mi ricorda spesso un'amica, ma di certo non 360 milioni), ma la prima beota idea primitiva che ti salta in testa è "@#*** di @&%$".
E ti senti razzista.
C'è poco da fare.
Birazzista, su un balcone e anche sull'altro, senza manco uscire di casa.
Proprio tipo pubblicità dei Ringo in cui tu sei la crema.
Che cosa terribile.
Ti fai schifo da sola.
Birazzista, contro slavi e marocchini.
Ti daresti una gomitata in faccia da sola ma non è possibile.
Sei da sola, quindi non puoi nemmeno chiedere a qualcuno di dartela.
Slavi e marocchini non ti toccano che poi li infetti, se no potresti chiedere a loro.

Passa 'a nuttata.

Il giorno dopo vai al balcone e ti accorgi che hai steso male la tua unica mascherina ed è volata via.
Ti sporgi, disperata all'idea di non poter entrare nel negozio che vende mascherine senza mascherina, nonché di non poter entrare in nessun altro negozio. Ti vedi già morta di fame stenti e privazioni. Vedi già il vicino che chiama la polizia dopo due settimane per la puzza di cadavere che esala dal tuo appartamento eccetera eccetera.
Poi ti decidi: gridi agli onnipresenti slavi del reparto bricolage se vedono una mascherina da qualche parte. Guardano. La vedono. "Sì, sì, è lì" e indicano il cortile tuo.
Scendi.
Nel cortile tuo non c'è.
Ti metti a gridare perché il cortile tuo è un piano sotto il cortile loro.
Si sporgono.
Ti dicono che è lì, ma lì non nel cortile, sul balcone dell'estetista chiusa da mesi, proprio contro il muro, circa 3 metri sopra la tua testa e 6 metri da loro. Tu inizi a cedere, a dirti e va beh, di qualcosa dovevo pur ben morire, invece che di corona virus sarà di fame, fa lo stesso. E invece loro ti dicono: aspetta. Vin Diesel e un altro armeggiano per dieci minuti mentre io attendo speranzosa con il volto levato al cielo. Dopodiché si sporgono alla ringhiera armeggiando con una serie di bastoni delle scope attaccati insieme con il nastro adesivo e in cima una canna da pesca allungata al massimo della sua telescopia. Osservo rapita divertita e commossa i tremolanti tentativi di recupero della mascherina dei due, avvinghiati l'uno all'altro in punta alla ringhiera che manco Leo e Kate sulla prua del Titanic, con tutte e quattro le mani a timonare il lunghissimo strumento.
Alla fine, sudati marci per il prolungato sforzo, mi fanno atterrare in testa la mascherina non ffp2 non lavabile nera e marrone di strati preistorici di smog e polveri sottili che si sono adagiate sul balcone nei mesi.

Non sono più razzista.
Amo i "vicini" slavi al completo e con loro tutti i 360 milioni di slavi del mondo.
"Grazie, grazie" dico ai due, mentre l'italiano del balcone del secondo piano sopra di me mi strizza in testa, sulla mascherina zozza e sui capelli puliti, uno straccio del lavaggio del pavimento.

Ok, sono diventata razzista verso gli italiani.
Quindi adesso sono razzista pure verso me stessa.

mercoledì 22 aprile 2020

La spesa on line ai tempi del Covid-19


Ok, mi sono convinta.
Dopo la terribile esperienza della spesa dal vivo, mi sono data a quella on line.

La maggior parte è stata impossibile prima ancora di iniziare.
Anzi, fosse vero: è stata impossibile dopo aver iniziato e quasi ultimato.

Finalmente 15 giorni fa ho trovato che alla Coop Drive c'era una finestra disponibile per ieri, 21 aprile. Che fortuna! Ho predisposto una lista plurifamigliare, ho inviato e ieri mi sono avviata guidando sul posto. Il tutto non prima di aver avuto conferma della spesa e notizia della mancanza di un 15% della merce (del tipo che compri tutto per la pizza e poi non c'è la farina, o tutto per la torta e poi non c'è il lievito, quelle cose che non ostacolano per nulla l'utilizzo del resto della spesa).
All'arrivo, mi sono collocata in una specie di garage con parcheggi e automazione massima. Non male, ho pensato. Peccato che quasi tutti i prodotti fossero stati sostituiti con altri. Ad esempio l'amaro Averna special edition con due bicchieri era diventato un amaro normale ma allo stesso prezzo dello special. Poi avevo acquistato degli yogurt dietetici, che risultavano esserci e che quindi avevo pagato. Probabilmente i dipendenti avevano pensato di agevolarmi eliminando tutte le calorie, incluse quelle della confezione.

Insomma, arrivata a casa, dopo quindici giorni di attesa, mi sono resa conto di dover far subito un'altra spesa.
Vagamente sfiduciata dalla Coop, mi sono rivolta al Carrefour.
Sono entrata sul sito che di solito aveva una specie di coda virtuale, e invece zero coda. In pochissimo tempo mi sono ritrovata ad avere la spesa pronta e a dover scegliere l'intervallo orario del ritiro, immaginando di poter provvedere a maggio. E invece, grande sorpresa, il giorno dopo. Oggi mi sono avviata, armata di zaino da montagna, verso il Carrefour più vicino. Mi sembrava di fare una spedizione verso qualche vetta, solo che lo spostamento in metri era orizzontale e non verticale. Comunque un 3.500 di tutto rispetto in questo periodo di vincoli di 200 m. Arrivata in loco, c'era un serpentone di coda che sembrava di essere sulle piste da sci, rimanendo in tema montanaro, un giorno in cui ci fosse un unico impianto non chiuso. Ho chiesto informazioni alle guardie, che mi hanno fatta entrare da un'altra porta, davanti alle occhiate di odio di tutti gli incolonnati.
La signorina al desk mi ha detto: "Beh, se ha dimenticato qualcosa, vada pure a farsi un giro e prenda quello che manca". "Ma senza fare la coda?" ho chiesto. "Sì, certo, lei la coda l'ha già fatta on line!" Non mi pareva vero. In barba alle circa cinquanta persone fuori, in cinque minuti mi aggiravo per i lineari. Arrivata alle casse con la mia merce in più, sono stata scortata da un'altra commessa fino a una cassa, bypassando un'altra serie di meandri di persone incolonnate che esclamavano coloriti apprezzamenti per la mia persona, manco mi fossi messa a fare jogging al supermercato dando baci in bocca a caso alla gente con la mascherina correttissimamente messa in testa sotto gli occhiali da sole o sotto il mento.
Conclusione, nel giro di dieci minuti uscivo dal supermercato davanti agli occhi attoniti degli incodati, accompagnata da un mare di insulti.

Che dire? Spero che nessuno di voi legga questo post, o si fermi alla parte sulla Coop drive o anche a "convinta" (cosa piuttosto realistica).

Che così continuerò a passare davanti a tutti, voi inclusi.

lunedì 20 aprile 2020

D. P. I.

Da un po' di giorni si parla talmente di fase 2 che mi sta venendo nostalgia della fase 1 prima che finisca, o/e che, quasi quasi, mi mantengo per i fatti miei nella fase 1 pur di non dover uscire con i famigerati D. P. I.: i Dispositivi di Protezione Individuale.

PARE che, in sta fase, possa probabilmente essere obbligatorio indossare mascherina (qualsiasi,anche un foulard) e i guanti.

Ora, le mascherine (tutte, anche i foulard o i manicotti di microfibra o pile) ti rendono difficoltoso respirare ma quasi tutte non hanno i filtri per il virus. Ergo, ho una cosa fastidiosa sul viso che mi fa venire voglia di toccarla, crea un insalubre ambiente caldo e umido tipo foresta tropicale sulla mia faccia e non resisterò di sicuro tutto il tempo che devo stare fuori senza toglierla. Ma anche se lo facessi, non ha comunque i filtri. Se uno mi tossisce addosso, il virus passa attraverso. Poi sta lì a fare l'hammam sui miei naso e bocca.
Se ho i filtri giusti per il virus, senza valvole a diffondere miei eventuali germi presso tutti quelli intorno, rimarrebbe il problema dell'utilizzo sbagliato crescente al crescere del tempo che devo passare in giro.
Senza contare che i filtri per i pollini non sono quelli per il virus, e, a meno che non decida di spendere tutto il mio (forse) residuo stipendio in mascherine super fighe con tutti i filtri del mondo, da allergica, starnutirò e avrò attacchi d'asma all'interno della mascherina, trasformandola in foresta pluviale amazzonica.

Guanti: li metto e se li tengo tutto il tempo mi sento sicura. E quindi mi gratto e sposto la mascherina con i guanti. Con cui tocco tutto. Cosa cambia rispetto alle mani? Che le mani le posso lavare con acqua e sapone o sciacquare più agevolmente con la soluzione alcolica. Con i guanti, se non sono fissata, non lo faccio. Se sono fissata comunque è un casino farlo. E in più si bucano.

Una delle poche uscite di casa con interazioni umane l'ho fatta in panetteria, durante una capatina nel mondo di circa 5 minuti. La panettiera indossava una mascherina con valvola: il che equivaleva a dire senza parole: "Se ho il ffp2 io sono protetta ma tu no. Se non ce l'ho, nessuna di noi è protetta da nulla. Tu, in ogni caso, non lo sei".
Lodo mentalmente l'assenza di guanti. Ma tocca tutto il pane al cliente di prima per scegliere la croccantezza giusta. Prende i soldi da lui, li conta, li scambia. Poi ricomincia con me. Molto utile a noi acquirenti. Ma anche a lei, perché mentre ravanava nel pane, nei sacchetti e nei soldi per tutta la mattinata dubito che non si sia mai grattata un occhio, o spostata la mascherina.

A questo punto, se usciremo fiduciosi in questi D. P. I. obbligatori, dovremo solo sperare che il virus si sia stufato di starsene in giro in mezzo a noi almeno quanto ci siamo stufati noi di avere lui intorno. Anzi, forse di più, perché tutto sommato c'è chi non sta nemmeno malaccio.

martedì 7 aprile 2020

Iniezioni di autostima

Contagiata...ops scusate...colta da mania culinaria, chiamo la mia ormai famosa nonna per chiederle la ricetta di un piatto che sa fare lei:

I tundaret.

Li ho già fatti: ricordo chiaramente che erano delle specie di gnocchi che si buttavano in acqua bollente con il cucchiaino e si tiravano su con la spumarola.
Mi erano piaciuti, voglio farli di nuovo.

IO: Ciao nonna, come stai?
LEI (90 anni, reclusa da un mese in solitudine): Bene, fa' in fretta che devo mangiare. Sono già le 18,23. Tut da fé (Ndr: tutto da fare)
IO: Allora faccio in fretta, ti chiedo subito la ricetta dei tundaret.
LEI: Ohh, i tundaret? I 'e da veni vert (Ndr: c'è da diventare verdi).
IO: Va beh, potresti darmela comunque, per favore? Li faccio io, non tu.
LEI: Ah si, metto per me tre patate, farina a caso, un uovo. Poi pesto bene tutto e metto a cucchiaini in acqua bollente. Tiro su e mangio. Le patate però prima di schiacciarle devi bollirle (Ndr: iniezione di autostima culinaria n. 1)
IO: Sì, nonna, ne avevo la sensazione.
LEI: Sì, però poi prima di schiacciarle devi anche pelarle. (Ndr: iniezione di autostima culinaria n. 2)
IO: Grazie, non sono mica scema. Allora li faccio.
LEI: A ma tu non puoi.
IO: Perché?
LEI: Non sei capace (Ndr: iniezione di autostima generale n. 1)
IO: ma li ho già fatti più volte!
LEI: e allora cosa mi chiami?

mercoledì 1 aprile 2020

La cosa bella del virus

La cosa bella del virus è che vi inchioda alle vostre responsabilità.
Di colpo.
Senza possibilità alcuna di rimedio.

Avete scelto male gli amici? Ve li tenete.
Andateci, adesso, a cambiare gli amici.
Che fate? Li trovate su facebook?
No, vi tenete quelli che avete, e ci fate pure gli zoomperitivi o le gmeetcene o le skypecolazioni.
Li guardate, li ascoltate, e pensate: "Questi sono gli amici che mi sono scelto?" Sì.
Se non interagite con loro, ve li trovate comunque in gran parte a esprimere le loro opinioni su Facebook, via email, via Instagram, via Twitter.
Leggete le opinioni e pensate: "Questi sono gli amici che mi sono scelto?" Sì.

E non è questo il peggio.
Avete scelto male il compagno di vita? Adesso ve lo tenete.
Convivete con un demente (ambosessi) per libera scelta/matrimonio o affini? Ci convivrete fino a data da definirsi.
Che fate? Ve ne cercate uno nuovo su Tinder? E se poi vi piace ve lo fate amico su Facebook e ci fate le zoompate? No, anche perché il vostro compagno di vita è lì, che vi vede.
E buttarvi fuori casa per lasciarvi in mezzo a una strada sarebbe contrario al Decreto, a meno che non diventiate barboni e la città diventi la vostra casa, i portici il vostro ingresso, Piazza San Carlo il vostro studio, piazza Vittorio il vostro salone, l'immondezzaio la vostra cucina, i Murazzi la vostra palestra con la piscina personale (e anche il cesso) nel Po. Casomai viviate a Torino. Se no mettete altre piazze e luoghi a vostro piacimento.
A questo proposito una soluzione sarebbe che i precari del Sud che hanno avuto cattedre al Nord tipo dal 20/02 al 10/06 stemperassero l'imbruttimento di aver affittato casa davanti alla scuola e non averci nemmeno messo piede devolvendo gli spazi ai neo barboni. Oltre che strafogandosi di timballi di mammà e trasformando il loro corpo a vista d'occhio di alunno zoomato gmeetingato o skypeato.

Avete fatto dei figli con il compagno scelto male? Adesso ve li tenete, e quasi sicuramente saranno venuti su male (un mix tra voi, probabilmente dementi, e il compagno scelto male, più quella percentuale di casualità che se la legge di Murphy funziona non può essere caduta molto lontano dagli alberi). E nessuno potrà più dire che sono bamboccioni. Ve li tenete in casa, per via del decreto, pasciuti e incollati ai vostri pc a fingere di fare lezioni su Zoom Classroom Skype Gmeet Edpuzzle, di compilare questionari su Socrative e Gmoduli. Vorrete vedere Netflix, Amazon prime, Raiplay? No, ci saranno loro che vi ciucceranno tutta la banda vedendosi Netflix, Amazon prime, Raiplay dal letto mentre fingono di  fare lezioni su Zoom Classroom Skype Gmeet Edpuzzle, di compilare questionari su Socrative e Gmoduli e mentre registrano e diffondono sul web prof che si scaccolano, vengono insultati (da loro stessi con voce distorta e account acquistato su Thor), girovagano per la stanza in mutande e insultano alunni e altri colleghi scrivendo con altri colleghi tramite mail e whatsapp, dimentichi della webcam o della condivisione schermo attivate.

Avete scelto male il lavoro? Ve lo tenete. E lo fate da casa. Se potete.
Se no state cassintegrati a casa, a pensare oddio non voglio mai più tornare a lavorare. Ma al tempo stesso pensate che non tornare a lavorare voglia dire essere licenziati e trovare un nuovo lavoro, che alla fine è quasi peggio che tenersi il vecchio. Anche perché, se tutto ciò finisse mai, sarebbe solo l'inizio di un crisi economica che quella del '29 ci farà un baffo.
Fate un lavoro per cui lavorate lo stesso, di più e con più rischio? O avete un senso del sacrificio e del dovere che supera la vostra cordadia, o avete scelto male il vostro lavoro. Quindi, nella maggior parte dei casi, avete scelto male il vostro lavoro.
Avete la partita IVA? Che ridere.

Volevate diventare sportivi e non siete mai riusciti? Non ci riuscirete adesso: se correrete intorno all'isolato vi sputeranno in testa e vi useranno come bersaglio per pietre e insulti dai balconi. Dentro, provate a procurarvi un tapis roulant o un rullo per la bicicletta. Fate prima a comprare un diamante per il vostro compagno di vita scelto male e farvelo spedire con Aliexpress che è l'unico sito che spedisce (non ancora, ma di nuovo).
Eravate sportivi e vorreste continuare ad esserlo? Scordatevelo per i motivi di cui sopra.

Cosa dite? Siete fortunati perché non avete preso -per il momento- il corona virus?
Ma lo sostengono tutti i più furbi, nei filmati new age che girano ossessivamente su whatsapp: il male peggiore è la paura.
Ma per la paura nessuno diverso da voi stessi vi ha mai reclusi.

domenica 22 marzo 2020

Incomprensione


Non vai mai a correre.
E ti dicono tutti che dovresti andare a correre.

Ti metti ad andare a correre.
E ti dicono tutti che dovresti non andare a correre.

Si decidessero.

giovedì 19 marzo 2020

L'incoronazione dell'uomo

Ci sono degli aspetti della mente umana che mi risultano molto oscuri, anche alla luce di questa coronanovità.

Siamo tutti tappati in casa e si può solo uscire per lavorare, curarsi, fare la spesa, una rapida attività motoria nei pressi di casa.

Vi parlo delle mie due esperienze di uscita di casa: la spesa al supermercato e la rapida attività motoria.

SUPERMERCATO

Coda di mezz'ora a due metri l'uno dall'altro. Considerando ogni persona in media spessa 50 cm, per una coda di quaranta persone serve un chilometro. Se qualcuno prova a parlare con qualcun altro viene fulminato per la probabilità che qualche gocciolina di saliva raggiunga i vicini. Tutti con le cuffie nelle orecchie e il cellulare davanti alla faccia. A parte quelli che non lo hanno manco portato per evitare di contaminarlo (pochi: si sa, le priorità della vita portano a scelte dolorose).
All'ingresso un omino bardato da NAS consegna guanti e amuchina per disinfettarsi tutti. Prossimamente tutti i bar ormai chiusi doneranno ai supermercati i loro irroratori di vapore acqueo: questi saranno posti sopra gli ingressi dei supermercati e sarà obbligatoria la doccia sotto una nebbia tropicale di acqua e amuchina. Nell'attesa, però, l'amuchina uno se la dà da solo con lo spruzzino che tutti hanno toccato. E poi prova invano a disinfettare il suo stesso manico con l'amuchina che eroga. Una versione coronata del provare a leccarsi un gomito. Che in questo frangente sarebbe più sconveniente che scorreggiare. Nelle note del librone delle osservazioni, non fosse che fa paura toccare la biro, si potrebbe consigliare di mettere un'amuchina per disinfettare la confezione di amuchina. E avanti così. Robe che la coda diventerebbe di 5 km.
Armati di guanti, si procede al secondo step: l'altra amuchina per disinfettare il cestino o il carrello con il rotolone di carta. Ci si mette, credendoci, a pulire cestini con depositi geologici di sedimenti di ogni tipo sul fondo.
Dopo un quarto d'ora ci si inoltra tra i lineari, rendendosi conto che a questo punto, con i guanti, ok, si dovranno TOCCARE oggetti potenzialmente toccati o tossiti o starnutiti da gente POSITIVA. Si inizia con disgusto a prendere gli oggetti necessari e a buttarli nel cestino. Per le verdure, si mettono i guanti con i buchini sopra quelli di lattice, creando uno sgradevole attrito ma sentendosi un po' più protetti.
Nell'intento di non infettarsi toccando gli oggetti, si dimentica ogni prudenza nella distanza dalle altre persone, tutte intente anch'esse con i beni. Ci si ritrova così a un mm da un altro cliente, concentratissimo pure lui. Poi ci si accorge e si fa un salto di due metri per allontanarsi. Atterrando in braccio a un altro cliente.
Non è difficile che questo accada, in quanto i supermercati sono affollatissimi di vecchietti ultrasettantenni che per passare il tempo si introducono nei punti vendita e si aggirano per tre ore al fine di comprare una busta di prosciutto. Poi vanno a casa, posano il prosciutto, e tornano al supermercato per prendere una confezione di sottilette. E avanti così dal mattino alla sera.
Si arriva alla cassa cercando di respirare il meno possibile e di fare la spesa velocissimo.
La coda prevede un metro tra una persona e l'altra. Per prudenza si sta a due metri da quello davanti.
Poi si sente un venticello tiepido sul collo. per un secondo si immaginano scene tropicali, ci si pensa su una sdraio alle Hawaii, ma no. E' il fiato del vecchietto con la busta di prosciutto che si è incollato a 1 mm da noi.
In cassa, il cassiere tocca tutti i prodotti, dopo aver toccato prodotti per tutta la giornata. Li si mette nelle borse portate da casa, con immensa paura. Al momento del pagamento si toglie un guanto per immettere una mano ancora pulita nel portafogli e pagare rigorosamente con il contact less. Ma dato che si è comprata troppa roba, la spesa supera i 25 € e tocca digitare il codice. Lo si fa con la mano ancora guantata. Indi, una volta rimesso il tutto in borsa con la mano sguantata, si sfila il guanto residuo e si esce dal supermercato con enorme sollievo.
Per non toccare nulla, ci si è recati al supermercato vicino a piedi, dando calci alle porte. All'andata 1 km è vicino.
Il ritorno con quattro borse cariche da non appoggiare mai a terra, sempre di 1 km, ricorda la traversata delle Ande.
Per non parlare di aprire il portoncino d'ingresso alle scale con chiavi e piedi, senza posare mai le borse appese.
Poi la salita delle scale, perché i bottoni e le maniglie dell'ascensore sono pericolosi.
A casa, finalmente, si posano tutte le borse.
E' fatta.
Più o meno.
Resta solo da lavarsi le mani.
Disinfettare ogni singolo prodotto acquistato.
Fare una doccia di mezz'ora fregandosi tutto il corpo con le stesse indicazioni che per il lavaggio delle mani.
Uscire con la pelle tutta irritata nei punti sensibili, vestirsi con abiti puliti dopo aver bruciato quelli che si erano usati per la spesa.
Riporre la merce in frigo e in dispensa.
Accorgersi che si è dimenticata un sacco di roba.
Accorgersi che si può fare a meno di un sacco di roba.
Tempo impiegato: 3 ore
Anni di vita persi: 10

USCITA PER ATTIVITA' MOTORIA (mezz'ora massimo)

Uscita con abbigliamento palesemente da attività motoria: tutto super fosforescente e catarinfrangente.
Orario strano, per incontrare meno gente possibile.
Sempre aperture delle porte con i piedi, niente ascensore (e che attività motoria sarebbe)?
Slalom per stare lontani dagli immancabili vecchi che vanno in edicola a comprare il giornale e al supermercato a comprare un oggetto per volta.
Si raggiunge il vicinissimo parco, dove si attraversa la parte più popolosa in fretta per andare a correre nelle sabbie mobili (per evitare storte) in una zona normalmente frequentata solo da violentatori (che hanno interrotto l'attività per non macchiarsi la fedina penale avvicinandosi troppo a qualche incauta ragazza).
Si corre di corsa, poi si torna a casa, di corsa.
Per stare in giro il minimo tempo.

Durante la mezz'oretta fuori, costellata da sensi di colpa e da occhiate di odio da altre persone che sono in giro per motivi REALI (comprare un oggetto per volta al supermercato, portare il cane a pisciare trentaquattro volte, comprare il giornale, andare dalla nonna,...), e anche sporgendosi dal balcone di casa che dà verso il parco, si osservano varie scenette:

  • gruppetti di ragazzi che giocano a calcio o basket (tutti sicuramente conviventi)
  • vecchiette allegramente insieme a chiacchierare mentre portano i cani a spasso...ma sicuramente vivranno tutte insieme in una comune stile "E se vivessimo tutti insieme?"
  • coppia in graziella vestita con tuta da moto corredata di ogni tipo di protezione e casco integrale. Che avanza ai 3 all'ora
  • ragazzi con stuoino e libro distesi al sole in riva al fiume
  • ciclisti allegramente in gruppo, chiacchieranti l'uno a lato dell'altro, con tanto di lapilli di saliva rimbalzanti
  • runner che sputano o si soffiano il naso nell'aria, irrorandone una buona porzione con vapore acqueo di tipo ben diverso da quello dei supermercati di cui sopra
  • ragazzi che fanno addominali e flessioni in mezzo alla strada (perché farli in casa?)
  • gente che palesemente non ha mai fatto sport in preda a crisi respiratorie (e non  -forse- per corona virus) mentre cerca di correre o pedalare
  • due tizie in accappatoio e ciabatte da doccia che camminano sul marciapiedi. Però con il cane
Ma tutto questo non mi stupisce come un'altra cosa: il fatto che quasi TUTTI quelli che stanno in giro facendo camminata "veloce" (spero per poco tempo e non per tutto il giorno), dopo aver passato quelle - immagino - 23 ore e mezza tappati in casa, privati del sole, dell'aria, di uno sguardo che possa andare oltre i 3-4 metri che lo distanziano dai muri delle stanze, davanti al sole, all'esplodere della primavera, agli uccelli che cantano, al riverbero della luce sull'acqua del fiume, al silenzio irreale, al cielo azzurro senza inquinamento anche in città, cosa fanno?

Camminano con le cuffiette nelle orecchie e gli occhi sul cellulare. 

La risposta datevela da soli, che io mi do la mia. 

giovedì 12 marzo 2020

Diffusioni controllate all'italiana

Evitare il contagio da Corona virus in Italia con il confinamento a casa è un po' come quando tra italiani si deve mantenere un segreto.

Uno ha questo succoso scoop, e decide di condividerlo, per sentirlo vicino, solo con l'amico più caro, o i parenti prossimi. A loro volta, costoro, che saranno tre o quattro, faranno la stessa cosa, e avanti così, con una bella diffusione a grappolo del segreto, finché questo arriverà, tramite i gradi di conoscenza che non sono poi così tanti, fino al diretto interessato oltre che all'80% della gente della zona.

Ecco, per il contagio è un po' così. "Non vedo nessuno, A PARTE il mio migliore amico, con cui vado a fare due passi al parco, stando lontano da lui". "Beh, la mamma devo pur ben vederla, poveraccia". E avanti così.

Forse sarebbe meglio fare come il barbiere di re Mida, sia con il segreto sia con il virus.

Fare una buca e mettercisi dentro.
Da soli.
Sperando che non tiri vento.