LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

martedì 15 ottobre 2019

Le priorità

Quando uno ha da fare qualcosa, tipo l'attività x, e sa che ha un sacco di tempo, tende a distribuirla in modo razionale o sub-razionale (posticipandola).
Se invece di tempo ne ha poco, l'attività x è incastrata in un sacco di altre attività da svolgere ed è, in più, per lui vitale, diventa un casino.
Subentra la paura di non riuscire a svolgere l'attività x.
Il che fa sì che, appena c'è un tempo sufficiente per dedicarvisi, uno vi si dedica immediatamente, senza nemmeno tirare l'acqua dopo essersi alzato dal water per non perdere secondi preziosi. 
Quando poi teme che nei giorni successivi ci sia ancora meno tempo che nel presente, tende a fare scorte e scorte, svolgendo l'attività x in ogni momento disponibile, anche più volte, anche se logica umana ne suggerirebbe una distribuzione più dilatata.
Se a uno non frega molto di un'attività, invece, dirà a se stesso e agli altri, invariabilmente, che non ha tempo (anche se lo ha).
Dato che magari di attività prioritarie ce ne sono più di una, uno va a svolgerle con una frequenza determinata dall'ordine di priorità di ognuna, che è del tutto soggettivo, anche nei casi in cui crede che sia oggettivamente necessario dedicarvisi.
Per uno è vitale badare ai figli, per un altro lavorare, per un altro praticare sport, per un altro dedicarsi all'amato, per un altro fare giardinaggio, per un altro ancora ridipingere tutta la casa, per un altro lavare i pavimenti, per un altro cercare la cura contro il cancro, e avanti così.
L'ordine di priorità crea variegati risultati, del tipo che ci sarà gente che manco si ricorda di mangiare e dormire tanto è dedita alle sue attività prioritarie, altri per cui dormire e mangiare sono essi stessi prioritari (e come dargli torto? Lo dice perfino Mashlow. Ma non vuol dire che perché lo dice lui sia così per tutti).
Se uno si dedica tantissimo a un'attività che gli sta veramente a cuore e trascura tutte le altre, e se è dotato di sufficiente acume, può essere che vinca un Nobel, o diventi un grandissimo atleta, o un grandissimo qualcosa. Poi può anche essere che in mille altri ambiti della vita che ha trascurato sia un completo incapace.
Se uno si dedica a tantissime attività senza stabilire grandi priorità può essere che diventi molto stressato.
Se uno si dedica a una cosa sola, quella cosa diventerà sempre più grande, e lui sempre più piccolo, trasferendo tutte le energie su quella cosa. Ma se ci terrà tantissimo, il processo continuerà, finché di lui non rimarrà che un granello, anche lui dedito a far crescere quella cosa importantissima, e alla fine scomparirà del tutto, ma per l'ultimo granello di sé andrà bene così, perché solo della cosa gli importa.

C'è un modo migliore tra tutti questi?
No.
Dipende dalle vostre priorità.

lunedì 14 ottobre 2019

Tu sei giudicante! (Vergogna!)


Dire a qualcuno "Tu sei giudicante" è un modo molto pittoresco per essere giudicanti.

E' un dire: ho letto un sacco di manuali di mutuo aiuto, libri di illuminati zen e cose del genere.
Vorrei seguire il loro insegnamento, ad esempio imparando a non giudicare nessuno. Non ne sono (ancora) capace, così guardo cosa sbagliano gli altri e li addito, giudicando la loro incapacità di non giudicare.

Da un lato "Tu sei giudicante" può essere quindi visto come un messaggio di fratellanza, del tipo "Siamo tutti e due giudicanti, vieni qui, amico e compagno di incapacità".

Ma in linea generale chi emette queste tre parole crede di non essere giudicante e di illuminare la via a esseri giudicanti che ancora non sono stati piazzati sulla via dell'illuminazione da manuali e libri vari.

Chi davvero non giudica non riterrà mai un altro giudicante.
Non gli verrà nemmeno in mente la frase, ché se gli venisse in mente, sarebbe giudicante in modo implicito.
E probabilmente non leggerà neppure i manuali, scritti da persone che giudicano il target editoriale (la più ampia fetta di clienti possibile) bisognosa del loro aiuto illuminato a non giudicare.

OSSERVAZIONE: se tu che leggi sei arrivato fino qui senza giudicare che il post è giudicante in quanto giudica giudicante chi giudica giudicante qualcuno, sei non giudicante. Altrimenti sei pure tu giudicante. Io, invece, sono giudicante al quadrato, scrivendo quanto ho appena scritto. Si genera così un serpentone di giudizi di giudizi di giudizi di giudizi eccetera eccetera che prima o poi strangolerà chi ci sta in mezzo, fino all'espressione dell'ultimo giudizio. 

sabato 5 ottobre 2019

Il contemplato e l'inaccettabile

Il problema dei mezzi che si spostano inquinando l'aria è, oltre all'inquinamento dell'aria, il rombo.
Si sa che il rombo in sé, anche lui, è un tipo di inquinamento.
Se uno vive in città, non è che capisca tanto questo tipo di inquinamento, perché è un po' come uno che lavora in un immondezzaio, che è talmente immerso nella puzza da non sentirla più.

Per rendersi conto di quanto inquinamento acustico si crei non solo in città, ma proprio ovunque ci sia un mezzo inquinante, tanto più inquinante acusticamente quanto più inquina l'aria, potete cimentarvi in simpatiche verifiche:

  • mettetevi su una bicicletta, piantatevi un audiolibro di Raiplay nelle orecchie. E' importante che sia di Raiplay in quanto la gratuità del servizio coincide con un volume massimo dell'audio compatibile con l'esperimento. Pedalate partendo da un punto relativamente silenzioso, tipo il cortile di casa vostra, per poi inoltrarvi in mezzo al traffico. Vi renderete conto che basta che passi qualsiasi macchina perché vi perdiate frasi intere. Per non parlare di autobus, camion, furgoni. Provate ad andare in campagna/collina/montagna, e aspettate che passi un'automobile o un trattore. Vi cancelleranno passaggi interi, destando in voi l'odio per i mezzi motorizzati. 
  • mettetevi a dormire in una casa nella strada sotto cui passa la notte il camion della monnezza. Se non avete il sonno pesante, vi sveglierete convinti di essere un Pinocchio 2.0 finito negli infernali ingranaggi di un'orca meccanica. 
Il bello è che, perlomeno in città, il rumore è accettato di buon grado, come facente parte della normalità.
E' il silenzio quello che proprio non viene contemplato