LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

mercoledì 13 marzo 2024

Della negligenza

A volte un battito d'ali di un negligente (per non usare altri appellativi) in cortile causa un tornado nello stesso cortile e dintorni. Senza stare ad andare dall'altra parte del mondo.
In città, si sa, si parcheggio difficilmente. Proprio per questo, esistono i garage, cari come alloggi interi in altre località. Uno si compra un garage in città, aprendo il mutuo che a Bombonina un altro apre per una casa di 100 mq.  
Fortunatamente, però, elimina i tempi di parcheggio.

Si dà il caso che la persona ecologica eviti di usare troppo l'automobile, lasciandola come un pupazzo di pezza di quando era piccola a giacere in quel carissimo garage, e spostandosi sempre in bici o a piedi.

Arriva però il giorno in cui ha la bronchite, deve andare a 15 km da casa, ha un appuntamento importante e improrogabile, si è slogato anche una caviglia. Tutto insieme. Si tratta di ipotesi irreali, esempi tratti da un mondo inventato, un mondo tipo Alice nel Paese delle merdaviglie. 

Ecco, in quel giorno, uno scende in garage con l'anticipo doveroso per gli appuntamenti importanti (un'ora per un tragitto da mezz'ora, quindi un'ora e mezza prima) e trova a un metro e mezzo dalla porta un furgone gigantesco. Parcheggiato. Forse c'era già da tempo, ma piedi e bici non necessitano di attenzione per particolari remoti e insignificanti. 
Ovviamente, sul furgone, nessun segno di minima civiltà, nemmeno un bigliettino con un numero di telefono.
Il malcapitato, zoppicando e scatarrando, cerca con mille manovre di estrarre il mezzo, ma, come dice il nome stesso, esce solo per metà dal garage prima di incappare nella fiancata del furgone. Capito che non c'è possibilità, si mette suonare il clacson, poi a girare, sempre zoppicando, per tutti i 145 appartamenti del supercondominio a cui afferisce il cortile. 
Dopo 50 minuti, trova l'operaio in questione in un alloggio dell'ottavo piano dell'ultimo immobile. Perso leggermente l'aplomb, l'ecologista è sempre meno dedito all'equilibrio dell'Universo perché si sta squilibrando qualcosa in lui, soprattutto mentre l'operaio, serafico, ribatte: "Beh, se non c'è parcheggio per strada, io metto il furgone in cortile. Siete voi che avete un cortile mal fatto, senza parcheggi per gli operai, e pieno di box. Tutti mi sgridano, quindi non lascio certo il mio numero di telefono perché se no la gente non mi lascia lavorare e mi fa spostare il furgone di continuo". La logica dell'operaio non fa una grinza nella sua testa: è difficile che 2 neuroni possano aggrumarsi. 
Estratta l'automobile dal garage dopo un'ora e quindici, uno si accorge che mancano ormai 15 minuti all'appuntamento a 15 km di attraversamento di tutta la città di distanza. 
Parte dimentico dei limiti di velocità, comunque dettati dal traffico cittadino delle 10 del mattino. Cosa ci farà, poi, tutta sta gente in macchina alle 10 del mattino, non è dato sapere. 
Dopo 20 minuti, il traffico si dirada e il guidatore, diventato seminevrotico, ancora ben lungi dalla meta ma già in ritardo, decide di fare una performance da need for speed in un sottopasso. Ecco, all'uscita del sottopasso proprio non ci riesce, a sorridere all'obiettivo della macchina fotografica impugnata dal vigile con tanto di giubbottino giallo. 
Controlla il tachimetro: intorno ai100 all'ora. Il limite è di 50.
Arriva ovviamente in ritardo all'appuntamento. 

Passano i giorni, e l'operaio continua a parcheggiare. 
La persona civica gli propone uno scambio di numeri di telefono, per potersi conciliare in modo da usare entrambi il cortile. "No, poi mi rompe le balle come gli altri". I due neuroni continuano a elaborare delicate strategie di convivenza civile.  

Arriva la notifica giudiziaria, in 4 esemplari, da ritirare in 4 luoghi remoti della città. Quando il proprietario del garage scopre di aver preso 2.700 € di multa e di non avere più la patente per i prossimi tre mesi, si apposta in cortile aspettando l'avvento dell'operaio. Il serafico omino, ascoltato il racconto, ribatte: "E va beh, è successo anche a me: paga 1.000 € in più e la patente non gliela tolgono". 

Ecco, ora vi confesso che questa è una storia poco verosimile, ma vera.

Perchè il Paese delle merdaviglie esiste davvero: si chiama Italia. 

sabato 2 marzo 2024

Buon non-compleanno

Oggi il mio blog non compie gli anni, perché li aveva già compiuti martedì 27 febbraio, ed erano 17, e infatti sto numero portasfiga, nell'anno bisesto anno funesto, si è dato da fare.

Poi festeggiare il compleanno è demodé, soprattutto quando di anno in anno si diventa sempre meno prestanti, più anziani, più acciaccati (non lui, chi ci scrive).

Aspettiamo il prossimo anno, l'anno della matura età, anche se non della maturità, almeno per il blog (per me probabilmente sì, come quasi tutti). 




giovedì 28 dicembre 2023

Self-wish man

E niente, siamo sotto periodo di Feste, c'è gente con il cappello da Babbo Natale ovunque, addobbi dappertutto, balconi pieni di luci che manco Bollywood, renne, strenne in ogni dove, la gente ha panettoni che le escono da ogni orifizio, nell'aere si diffondono canzoni natalizie, ci sono film e cartoni di Natale dappertutto, che non si sa più dove trovare un film decente in un cinema, traffico da Feste micidiale che anche in bici ti incagli nei tubi di scappamento, insomma, una serie di festose meraviglie.

Vado in tabaccheria a comprare non so più cosa, ma ovviamente non lo trovo, ed è già tanto se trovo la tabaccheria, perché i tre quarti dei negozi sono chiusi. 

Il tabaccaio mi dice: "Mi spiace, non lo abbiamo, è un periodo così. Abbiamo poco". In effetti sembra che lo abbiano saccheggiato, a momenti non ci sono più nemmeno le sigarette.

Mentre esco aggiunge: "Tanti auguri di buone Feste eh! Anche a te! Ciao!"

Self-wish man.

venerdì 15 dicembre 2023

Taboo procreativo

Oggi ho deciso di fare un post su qualcosa di impopolare, ma così impopolare che forse sarebbe meno impopolare scrivere contenuti altamente e deviatamente pornografici. Del resto, anche la pornografia conduce a un atto finalizzato all'esatto opposto di ciò di cui voglio parlare: le persone che non vogliono avere figli. 
Non quelle che non possono: quelle che non vogliono. 
Se vogliamo essere più impopolari, diciamolo: le donne che non vogliono avere figli.

Le donne, negli ultimi anni si sono, almeno apparentemente, liberate da molti fardelli legati al patriarcato, termine che ultimamente riempie le bocche di tutti, quindi lo metto anche io in questo post, così divento mainstream, magari qualcuno finisce qui per caso, e i miei lettori si potrebbero contare sulle dita di più di una mano. 
A parte la sottile scaltrezza sociale di far passare il messaggio che essere libere voglia dire lavorare, in modo che adesso in una famiglia con due adulti si lavori in due percependo meno dello stipendio di quando si lavorava in uno, la donna è sicuramente più emancipata di prima. Ma continua a essere ritenuta per la maggior parte dell'umanità come colei che ha il potere di portare in grembo un bambino, e poi spararlo nel mondo già bell'e che fatto, un po' piccolo ma generalmente accessoriato di tutto e pronto a crescere. 
Chi più ne spara al mondo, più appare altruista. Chi sacrifica la propria vita per i figli è eroico, uomo o donna che sia. Un uomo che non vuole figli è egoista, una donna che non ne vuole è quasi inconcepibile. 

E' vero, può essere egoista aver voglia di dedicarsi a se stessi, di non passare almeno 5-6 anni della propria vita dietro a mini-umani contenenti parti del proprio DNA che possono essere simpatici, ok, ma sono poco autosufficienti e che, ultimamente, la società stessa costringe a crescere nel culto della paura, come se fossero deficienti completi. In più i piccoli umani sono vulnerabili alle malattie, spesso puzzolenti, da piccolissimi non dormono, non parlano, piangono e strepitano, insomma sono quasi sempre una fatica atroce. Ma, lo dicono tutti, "ti ripagano", "sono una gioia immensa", "sono la cosa più bella della vita". 
E infatti la popolazione  mondiale cresce così tanto che tra un po' non ci staremo più tutti. Siamo circa 8 miliardi nel mondo, nel 2023: se i bambini sono così meravigliosi, perché dovrebbe essere egoista non farne? Si lascia un po' più di spazio agli altri che già ci sono, e mi pare non se la passino tutti così bene, a spartirsi questa Terra.
 
Se si evita scientemente di dare vita a un altro individuo che possa decidere liberamente del suo destino nel migliore dei casi, che rischi di essere considerato una proprietà dei procreatori stessi nel peggiore, non si è dei mostri.

Qualcuno inizia a parlarne, tipo qui e, l'anno scorso proprio in questo periodo, qui
Non un film presente nelle multisala, non un libro campione di incassi i cui autori diventeranno ricchi.
Ma da qualche parte si deve pur partire.

martedì 21 novembre 2023

La temibile paura

C'è una cosa più spaventosa dei femminicidi, dei delitti, delle aggressioni, delle violenze: è la paura. 

Ogni volta che accade qualcosa di brutto, e anche bruttissimo, come in questi giorni, se ne dà risonanza apocalittica: minuti di silenzio, minuti di rumore, ed è giusto, per carità, sono successe cose tremende, innocenti ci hanno rimesso la pelle, persone squilibrate hanno commesso delitti atroci. 
Non succede altrettanto quando non accade niente di niente, quando tutto va liscio, sai che noia, sai che scarsa audience. Anche quando qualcosa va particolarmente bene, darne notizia non sviluppa quel viscerale senso di autodistruzione insito in ogni essere umano che tanto gonfia le notizie negative.
Sempre di più si dà risonanza al fatto che, visti la congiuntura sociale, economica, gli anni del covid e dei lockdown, il welfare che va a banane, la gente inizi a dare i numeri, a fare cose strane, ad avere reazioni di rabbia. 

E poi, si sa, meno la gente si sente libera, più è vincolata da lacci di ogni tipo, più reprime sentimenti che, tutti insieme, diventano come la pressione in una pentola a pressione, come un vaso di pandora che ad un certo punto esplode, con una pericolosità tanto più devastante quanta più repressione c'è stata. 

La paura, che, appunto, è più spaventosa dei delitti, è una delle più grandi autolimitazioni che possa imporsi la gente.
Quasi tutto quello che non si fa, non lo si fa per paura di ciò che potrebbe succedere se lo si facesse. 
Le persone che non si frequentano, spesso non si frequentano per paura di quello che potrebbero farci.

Ma più uno ha paura, più si limita; più si limita, meno è libero. Meno è libero, più è represso. Più è represso, più rischia di campare i dadi e diventare pericoloso.

Vivere in una società dove fin da piccoli viene insegnato che anche andare a scuola da soli, non accompagnati da genitori stressatissimi su SUV imparcheggiabili, e uscirne da soli, ad esempio alle elementari, è pericolosissimo, crea paura. 
Sentirsi dire, fin da piccoli, che si vive in un mondo dove criminali, pazzi, malviventi e pedofili violentatori sono appostati ad ogni angolo di strada, crea paura. 
E' ovvio che si cresca osannando la religione della paura, e sacrificando sul suo altare le più elementari libertà, come poter sperimentare un percorso di massimo 500 metri da soli, a piedi, per andare e tornare da scuola. 

E' abbastanza evidente che un popolo di paurosi professionisti, in cui le famiglie, la società, i media insegnano che tutto è pericoloso, sia facile da governare e manovrare. 

E' certo vero che vivere è pericoloso.

Ma non vivere, o vivere con il freno a mano tirato, governati dalla paura, lo è molto di più.

venerdì 10 novembre 2023

Assurdità legalizzate


Le piste ciclabili sono una bella cosa, in città. Uno pedala tranquillo in un percorso protetto dalle automobili, si sente sicuro, eccetera.
Il problema è che tutti i verbi all'indicativo dovrebbero essere trasformati in condizionali, in ragione di una serie molto lunga di variabili distorte che rendono i percorsi ciclistici urbani una gimcana infernale. 
Affrontiamone uno solo: la convivenza con i pedoni.
Ho scritto post che parlano di quei pedoni che, in presenza di marciapiedi immensi, camminano nella sottile striscia rossa destinata ai ciclisti, forse perché allegri amanti del colore, che tra l'altro coincide con quello del sangue, che verseranno separatamente o congiuntamente al ciclista con cui cozzeranno prima o poi.
Mentre, nel suddetto caso, è chiaro che si tratti di un comportamento ai margini dell'umana ragionevolezza, spesso la convivenza è resa ancora più complessa dalla lungimiranza degli urbanisti che decidono dove e come mettere marciapiedi e piste ciclabili. 

A Torino ci sono alcuni capolavori che fanno pensare che i disegni siano stati tracciati dai bambini del Regina Margherita in età prescolare, dopo un'operazione, in preda ai postumi dell'anestesia. Infatti la meraviglia si trova non distante dal suddetto ospedale. 
Cavalcavia di corso Bramante: un marciapiedi, a caso, è stato adibito a pista ciclabile a doppio senso, l'altro è rimasto un marciapiedi. Il problema è che per transitare da una parte all'altra del corso, bisogna attraversare non 3 strade con semaforo, ma ben 5 perché c'è anche un simpatico controviale. Chi arriva dal lato sfavorevole, quindi, per sistemarsi sul lato giusto, pedone o ciclista che sia, deve attraversare all'inizio del cavalcavia e tornare al lato precedente alla fine del cavalcavia: 10 attraversamenti semaforici, di mezzo minuto l'uno. Attesa totale: 5 minuti. Se si fa avanti e indietro più volte, i 5 minuti si accumulano. 
E' pressoché naturale, ovvio e non contestabile se non si è autistici ad alto funzionamento, che sia i pedoni, sia i ciclisti, si distribuiscano in modo uniforme su entrambi i lati. 
Personalmente, colta da attacco di precisione, ho anche segnalato via mail la criticità al Comune. Come immaginabile, ho ricevuto rapida risposta. In sogno. 
Ora, appurato che i cittadini dovrebbero seguire una diligenza minima, personalmente ho deciso di non rispettare la viabilità di corso Bramante. Ho concluso, in modo autonomo e  incredibilmente sovversivo, che se vado a piedi dal lato ciclabile e vedo un ciclista in arrivo mi faccio da parte, se sono in bici sul lato pedonale rallento e mi fermo quando necessario, in modo da non ostacolare in nessuno modo i pedoni. 
Ecco, questo mio comportamento causa nervosismo supremo in una serie di individui che ritengono gravissima la mia condotta, e vogliono allietarmi la giornata sottolineando che sto contravvenendo alle regole e dovrei passare dal lato che mi è stato destinato. Essendo io sempre in bici, mi ritrovo vecchiette che, di fronte a me, ferma, allargano le borse a braccia aperte, manco giocassero a sparviero, gridando: "la ciclabile è dall'altra!" Ora, spesso lascio perdere, immaginando che siano state falciate in passato da qualche monopattino lanciato ai 30 all'ora sulla zona pedonale e siano in preda a sindrome post traumatica da stress, ma a volte, se ho tempo, mi fermo ad argomentare i perché e i percome della mia scelta, facendo notare loro che nella zona destinata alle biciclette, giustamente, c'è una bolgia di pedoni, che spesso, ingiustamente, insulta i ciclisti che passano troppo veloce. Concludo anche con un invito alla convivenza tollerante. 
Non ci crederete, ma in questi casi, nonostante la notevole prova di PNL, vengo mandata a quel paese e il personaggio in questione rimane fermamente sulle proprie posizioni, asserendo che io sia una serie di sostantivi che qui non cito per buona creanza.
E' chiaro che questo farsi giustizia da soli e inventare regole intermedie da rispettare ognuno per i fatti propri sia una peculiarità squisitamente italiana. Qualunque cosa faccia di diverso dalla regola, uno si sente sempre un po' strano, fuori posto. Ma se segue la regola si sente un completo idiota, e fare manovre del tutto assurde per adeguarsi beceramente al dictat fa sentire strani e fuori posto lo stesso. 
Il succo finale è questo:

mercoledì 18 ottobre 2023

L'eterno dilemma dei voti

L'altro giorno leggevo un articolo della Mastrocola sui voti
I voti sono importanti o no? Definiscono quello che si è o bollano come lettere scarlatte?
Mastrocola sostiene che siano importanti, per una serie di motivi che non ho voglia di riassumere e potete leggervi nell'articolo. 
Il punto cruciale è che, a meno che non cambi qualcosa (e forse cambierà), per ora i voti esistono e ce li dobbiamo tenere tutti, prof e alunni. Anche quelli dello scientifico Bottoni di Milano, prima o poi li avranno, se non nel primo, almeno nel secondo quadrimestre. Voto rinviato, ma non eliminato. 
Se si devono dare, sti voti, tanto vale darli nel modo più pedagogico possibile. E qual è il modo più pedagogico? Secondo me risiede nella diffusione. Come gli alberghi diffusi di Matera: sono così sparsi in tutti i Sassi che non sembrano nemmeno più alberghi, ma lo sono. Così ho pensato di fare con i voti: dici una cosa intelligente in classe? 8. Dici una stronzata durante le lezioni? Nessun voto. Ti faccio fare un esercizio alla lavagna per 5 minuti? Un voto. Lo fai bene? Un bel voto. Lo fai male? 4, non meno, ché se no poi ti afflosci, ti senti un fallito, inizi a odiare la materia. Con 4, recuperi con un 8. Ce la puoi fare. Tanto basta che trovi un esercizio che sai fare bene e ti proponga, e magari ce la farai. Te ne scrivo due o tre a matita, poi faccio la media, così quello che scrivo a matita non è un marchio scarlatto: se oggi hai mal di pancia e prendi 4, nessuno dice che tu non possa prendere 9 dopodomani, quando sarai in forma. 

Non ero molto sicura di questo metodo, ma ho notato che:
  1. gli studenti sono invogliati a partecipare, facendo osservazioni in classe. Per quanto spesso sia altamente probabile che dicano stronzate, almeno ci provano, e non hanno così paura di dirle perché non saranno valutati negativamente. Se riescono a tirare fuori qualcosa di buono, però, avranno un voto positivo che a loro appare "regalato", ma in realtà è guadagnato con l'impegno nel dire qualcosa di furbo, prima o poi;
  2. si instaura una gara a chi sa rispondere alle domande o fare esercizi alla lavagna. Di solito nessuno vuole essere interrogato, ma con i voti diffusi capita che ci sia una competizione su chi va alla lavagna per primo, anche perché, si sa, all'inizio è più facile che dopo un po'. E intanto, i ragazzi si abituano ad alzarsi dalla sedia, mettersi in gioco ed essere propositivi. Non parlo di Licei, insegno praticamente solo nei professionali, e sì, il parapiglia per andare alla lavagna accade nei professionali, dove maranza con look improbabili e cappellini in testa fanno a gara per andare alla lavagna a risolvere esercizi sulle proporzioni. 
Cosa dite? Il cappellino in testa in classe non va bene? Ovvio che non va bene. Glielo si dice. Ma se prendi di punta un maranza, con grandissima probabilità il maranza, e non solo lui, ti prenderà di punta. Meglio fare qualche battutina, fargli capire che magari la prossima volta se non lo mette è meglio, ma per lui, non per te.
In ogni caso, meglio un maranza con il cappellino che prende 9 alla lavagna, piuttosto che un maranza scappellinato incazzatissimo al banco che dorme o disturba. 

Il voto diffuso è faticoso per il prof? Sì, ma a tutto ci si abitua. 
L'importante è custodire accuratamente l'agenda con i voti a matita, possibilmente in una tasca impermeabile ricavata nella propria pancia a mo' di marsupiale. Ché se lo perdi, lì, veramente, son problemi.