LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

mercoledì 30 marzo 2011

Paginegialle.carta

L'altro giorno è accaduto un fatto che mi ha totalmente disorientata.
Mi è stato dato in mano un volume delle Paginegialle spesso come il tessuto adiposo ventrale di Giuliano Ferrara.
La prima cosa che mi ha disorientata è stato ricordare che le Paginegialle non sono soltanto un sito. C'è voluto uno sforzo inumano per rimembrare i tempi dell'infanzia in cui le usavo in formato cartaceo.
Ma lo shock peggiore doveva ancora arrivare: mi è stato detto: "Cerca l'Hafa Café e telefona per prenotare per 7 persone alle 18,30".
Al che ho aperto la prima pagine e ho provato a digitare "hafa cafè" sulla prima pagina e a dare invio sul tasto "cerca". Peccato che non ci fossero nè tastiera nè tasto "cerca". Anche scriverlo a matita sulla sottocopertina non ha dato i risultati ingenuamente sperati.
Alle 18,30 ancora stavo cercando nelle varie categorie, dopo aver spulciato le voci "Bar e caffetterie", "Locali e ritrovi", "Pasticcerie", "Ristoranti", "Alimentazione speciale", "Cibo per animali", "Cibi esotici", "Night club", "Ponteggi", "Sexy shop", e, in preda alla disperazione, pure "Toilettatura per cani" (è tutto vero, tranne "Sexy shop", che ho scritto solo nel losco intento di attirare più persone possibile su questo blog con l'inganno, attività a cui, tra l'altro, sono avezza).

Abbiamo dovuto riaccendere il computer, riconnetterci a internet, telefonare.

Alla fine siamo riusciti a prenotare e andare all'Hafa Café.

E poi dicono che il pc limiti le uscite sociali...

lunedì 28 marzo 2011

Ispirazione

Il miglior metodo per ispirarsi è guardare la pagina bianca, da cui sorgeranno idee su idee.
Eccovi una bella pagina bianca per ispirarvi, e poi non ditemi che non sono magnanima!































































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venerdì 25 marzo 2011

Giochi vicini e giochi lontani


Ero ferma a un semaforo.
In macchina.
Non c'era nessuno che tentasse di lavarmi il parabrezza.
Non c'era nessuno che tentasse di vendermi giornali.
Non c'era nessuno che tentasse di fare l'elemosina arrivando fino al mio finestrino camminando sui due moncherini delle gambe mutilate nella Guerra del Golfo.
Insomma, mi stavo annoiando immensamente.
Non si è più abituati a stare fermi ai semafori senza intrattenimento.
La strada era molto larga, con molte corsie, molti semafori, molti incroci.
Mi sono messa a scrutare i semafori vicini.
Finalmente, a un semaforo, c'era un giocoliere.
Era incredibilmente bravo, faceva roteare 1, 2, 3, 4, 5 birilli, senza nemmeno ammaccare i cofani della auto in prima linea.
Era così bravo che mi è venuta voglia di dargli dei soldi.
Ma era lontano.
Allora, ho detto all'amica che era con me di scendere dall'auto e andare a dare 50 centesimi al giocoliere.
Lei è scesa e si è lanciata verso il giocoliere correndo, ma nel frattempo i semafori sono diventati verdi.
Lei non era molto in gamba a svicolare tra le auto in movimento, non era mica una lavatrice di parabrezza, nè una venditrice di giornali, nè una mendicante mobile sui due moncherini delle gambe mutilate nella Guerra del Golfo.
Ora, però, cammina su due moncherini delle gambe mutilate al semaforo di Brignole il giorno 23 marzo 2011.
Non roteerà 1, 2, 3, 4, 5 birilli, ma fa molti più soldi degli altri mutilati.
Si sa che le disgrazie occorse vicine a noi toccano sempre più di quelle accadute in luoghi remoti, tipo il Kuwait, o, che ne so, la Libia.

mercoledì 23 marzo 2011

Sassi


Ok, io gliel'avevo detto.

Ora, c'è una remota possibilità che lui non abbia letto quel post, remotissima che non legga proprio per nulla questo blog.

Forse è per questo motivo che ha fatto quest'altra canzone, con questo pezzo, in cui canta: "Zono zolo ztazera zenza di te!"

Non ho ancora capito perchè non si sia autoproposto per doppiare il film "Il discorso del re". Lo scoiglilingua "Zono un zetaccia zazzi, ho un zetaccio di zazzi zetacciati e uno di zazzi non zetacciati, perché zono un zetacciazazzi" sarebbe pane per i suoi denti.

lunedì 21 marzo 2011

Tetris


Mercoledì scorso c'era la notte bianca a Torino.
Io ero a Torino e dovevo andare a cena in un posto sempre a Torino, in macchina.
Avevo appena fatto la tratta Genova-Torino in autostrada, impiegando ben due ore, e avevo le chiappe abbastanza a forma di sedile della Opel Corsa.
Mi sono messa in macchina e ho attivato l'(in)affidabile navigatore Becker, quello da fighi che hanno la BMW, anche se io ho appunto la Opel Corsa, come si denota dalla forma delle mie chiappe. Il GPS mi ha detto che in 15 minuti sarei arrivata a destinazione. Dopo 15 minuti ero al primo semaforo, che era diventato rosso e verde una decina di volte. Ero sempre ferma, dovendo far passare un'ondata continua di gente a piedi protetta dalla pioggia con una moltitudine di ombrelli un po' colorati ma molto più grigi e neri.
Alla fine ho deciso che, con tutta la gente che c'era, qualche pedone si potesse sacrificare, e sono passata su uno scricchiolio di ossa rotte e guizzi di sangue, cercando di mirare soprattutto gli ombrelli grigi e neri, ché le persone grige e nere nei giorni di pioggia mi intristiscono e, dovendo scegliere, preferisco eliminare quelle.
Convinta che il mio tragitto verso la meta, superato lo scoglio delle fiUmane umane fosse in discesa, ho scoperto invece che rimaneva in piano, essendo Torino prettamente pianeggiante, ma ugualmente irto di incagliamenti. Non avrei mai pensato di provare un senso di commossa partecipazione per i pezzettini del Tetris, quando, a dodici anni, giocavo con il Game Boy. E invece anche quel momento è giunto. Ed è giunto quando mi sono resa conto dell'assoluta impossibilità di schiacciare le automobili grigie e nere come avevo fatto con i pedoni grigi e neri. Avessi avuto qualche altro messo sì, ma con la Opel Corsa no. Mi sono ritrovata in un incrocio enorme, con dietro un tram, perpendicolare a un'automobile bloccata davanti a lui, perché perpendicolare a un'automobile bloccata davanti a lei, perché perpendicolare eccetera eccetera. Lo stesso valeva per la macchina perpendicolare davanti a me, perpendicolare a un'automobile bloccata davanti a lei, perché perpendicolare eccetera eccetera.Insomma, l'incrocio era tutt'un incastro di perpendicolarità automobilistiche, e in ogni abitacolo c'erano una o più persona: c'era chi claksonava furiosamente, chi si scusava, chi improvvisava incontri di boxe sub-diluvio sui tettini delle macchine contigue, chi si scaccolava cercando di mirare con le proprie caccole l'automobile dietro usando lo specchietto retrovisore come mirino per effettuare sponde mirabolanti, chi si faceva un trucco di lunga durata waterproof per essere di bell'aspetto per la serata inconsapevolmente e ineluttabilmente destinata ad essere trascorsa in automobile, chi tirava giù i sedili e faceva un sonnellino. Nel frattempo io ho approfittato di uno degli individui dell'ultima categoria per fregare una pizza da asporto. Ho consumato il pasto sul volante. Era un po' gommoso ma mi ha permesso di sopravvivere finora. Attualmente ho tutto il corpo nel suo lato posteriore a forma di tutto il sedile della Opel Corsa.
Mi dispiace un po' per l'invito a cena eluso, ma quando leggeranno queste righe, sapranno.
E mi perdoneranno.
E mi porteranno i resti qui, in questo incrocio (il cui nome è già tutt'un programma).
Ché la pizza mica mi è bastata.

venerdì 18 marzo 2011

Concetti di normalità


L'altro giorno ero a scuola, nella scuola dove lavoro come insegnante di sostegno e dove c'è effettivamente un sacco di gente da sostenere, inclusa me.
C'era un ragazzino di quelli da sostenere ufficialmente che si era seduto su un davanzale, tutto arrotolato dentro la tenda, e guardava malinconicamente i topi del Bisagno e il Bisagno intorno.
Al che sono andata da lui, mi sono seduta lì davanti a lui sul davanzale, mi sono un po' arrotolata nella tenda e gli ho fatto la fatidica domanda: "A che pensi?".
Lui mi ha guardata e mi ha detto che era preoccupato per un'interrogazione, ma io sapevo bene che aveva appena mollato la sua ragazza, con cui stava da quasi due anni. La sua ex ragazza fa parte anche lei dell'ampia schiera dei sostenuti ufficialmente.
Al che gli ho fatto la seconda domanda ficcanaso: "Non è che sei un po' triste perchè ti sei mollato con la tua ragazza?".
Lui mi ha guardata e mi ha detto: "No, l'ho mollata io."
E io: "E come mai?"
E lui: "Non è normale."
E io: "E tu?"
E lui: "Io sì."

mercoledì 16 marzo 2011

La palestra fa bene alla salute!?

Una che fa jogging da una vita un giorno entra in una palestra, manco a farlo apposta. Entra perchè una sua amica che è con lei è amica di una tipa che lavora lì dentro, e la tipa che lavora lì dentro, sempre manco a farlo apposta, si mette a parlare con lei, e iniziano, manco a farlo apposta, a discutere di corsa.
E così, la persona che corre da anni anni e anni si sente dire dalla tipa della palestra che lei fa tutti, ma proprio tutti gli sport, ma la corsa mai e poi mai, categoricamente mai. La corsa no. La corsa no! La corsa noooooo!
Mica si vuole far diventare tutte le gambe bitorzolute fino al totale inchiodamento!

Ma come le gambe bitorzolute? Una corre da una vita per avere le gambe snelle e lisce, e questa le dice che la corsa fa diventare le gambe bitorzolute?
E infierisce pure:
- Ma tu le gambe come le hai a furia di correre? Lisce o bitorzolute?

E la joggingatrice si ritrova a strozzare tra i denti un "bitorzolute",
e intanto le crollano anni anni e anni di corse,
e intanto le viene un crampo alle dita dei piedi dallo spavento,
e intanto le si incricca la mandibola dal disappunto,
e forse si prenderà un esaurimento nervoso,
e forse avrà incubi tremendi tutte le notti fino alla morte per apnea notturna,
e forse le verrà l'alluce valgo dallo stess,
e forse lo stress le creerà un rallentamento della circolazione sanguigna e un'idroritenzione che favoriranno ulteriore cellulite con ulteriore bitorzolume gluteo-cosciale,
e forse non riuscirà più a farsi nuovi amici perchè complessata dal bitorzolo causato dalla sua stessa costanza podistica,
e forse anche al lavoro non renderà più perchè perderà ogni punto di riferimento,
e tutto sommato conclude che non sia detto che andare in palestra faccia così bene alla salute.

lunedì 14 marzo 2011

Ordinaria straordinarietà


La straordinarietà è qualcosa di raro.
"Staordinario" è un termine che implica la non ordinarietà.
E' per questo che ho sempre trovato ossimorico fare gli straordinari sul lavoro ordinariamente. Fare gli straordinari sempre non significa lavorare straordinariamente più di quelle otto ore al giorno che concedono di guadagnare ipotizziamo 1000 euro. Vuol dire avere in realtà un contratto implicito di 10 ore al giorno in cui si è pagati ipotizziamo 1200 euro (se va bene, se va male lo stipendio rimane uguale).
Insomma, straordinario è un termine che racchiude spesso un inganno perpetrato da altri ai nostri danni.

A volte, però, il danno è perpetrato da noi stessi ai nostri danni.
Già, chiedete a chiunque se si ritenga ordinario.
E' difficile riconoscere di essere ordinari: ognuno si reputa straordinario, se non altro per poter sopravvivere senza sprofondare nel baratro della noia autoinflitta.
La straordinarietà che caratterizza la moltitudine diventa per forza ordinarietà.

E' quindi ordinario pensare di essere straordinari.

venerdì 11 marzo 2011

Come ti allargo la stazione


Cuneo sta diventando una metropoli.
Uno se ne va dalla città natale, vi torna e si trova in un posto pieno di traffico, con la ztl, le strisce blu, le pizzerie straripanti di gente a tutte le ore.
Il punto è che, a parte le caratteristiche su elencate, la città è sempre lei, sempre piccola uguale, con sempre gli stessi locali, o anche meno. Solo la gente si ostina a accumularvisi tutta, e a volersi comprimere nei soliti quattro, o anche tre locali.
La stazione dei treni, poi, è anche lei sempre la stessa, sempre con gli stessi treni, o anche meno.
L'altro giorno, dopo anni, anni e anni, sono andata alla stazione e ho notato che avevano cambiato tutti i tabelloni. I tabelloni nuovi fanno figo. Dovevo andare a prendere una persona sul binario, e ho cercato di capire dove arrivasse il treno. I numeri dei binari erano sempre gli stessi, ma compariva un'arcana letterina a lato degli stessi: N o S. Mah...
Ad un certo punto l'altoparlante ha annunciato: "Il treno tal dei tali è in arrivo sul binario 4 nord!". Nord, mi sono detta...ulla peppa, adesso la stazione si è ingrandita e hanno fatto i binari nord e sud. Mi sono lanciata in una folle corsa, per l'entusiasmo di vedere questo ingrandimento. Appena uscita dal sottopasso, ho visto il solito binario di 10 anni fa, con un cartello sui cui era scritto: BINARIO 4 SUD.
15 metri dopo ce n'era un altro, con su scritto: BINARIO 4 NORD.

Stavo meditando di farci su un post con una conclusione ad effetto, ma le realtà a volte supera l'immaginazione.

E' ripartito l'altoparlante, e ha annunciato: "Il treno tal dei tali, invece che sul binario 4 nord, arriverà sul binario 4 sud".

mercoledì 9 marzo 2011

Questione di millimetri

Quando uno è lì che guida la macchina, e non guida la macchina da ieri, e nemmeno dall'altro ieri, si abitua.
Quando uno si abitua a guidare la macchina, capita che gli paia di essere in un videogioco dove non c'è mai il game over e non si sbaglia mai.
Non è come in quei videogiochi dove ogni 20 secondi esci fuori di strada e poi rinasci due o tre volte, e vai avanti con la macchina che diventa sempre di più un gomitolo disordinato di ferraglia e poi c'è anche il game over ma basta cliccare su start e sei di nuovo fiammante. No, spesso e volentieri uno guida per 10-12 anni senza che gli succeda nulla o quasi, e così inizia a fare cose in macchina, tipo cambiare i cd nell'autoradio, truccarsi, leggere la Gazzetta dello sport tenendola sul volante, allungarsi a prendere roba nel bagagliaio mentre agguanta il volante con le dita prensili del piede sinistro e tiene uno zaino un po' pesante sull'acceleratore per mantenere la velocità di 130 km/h, insomma tutte cose che voi avrete sicuramente fatto 30 o 40 volte nella vita.

Ad un certo punto, però, sei ad esempio sulla Savona-Genova e stai guidando e hai davanti a te per esempio una Ka che viaggia a filo di un muretto, e hai superato varie macchine che viaggiavano a filo del muretto, e tutto il percorso era un po' stretto. Ad un certo punto la Ka, piena di un guidatore che ha l'aria di essere uno di quei guidatori decennali, come te, del resto, come quasi tutti quelli che guidano lì, in quelle due corsie strette, con la sicurezza dei loro 10 anni di guida pressochè senza scossoni, si sposta di un millimetro a destra, e BOINGG rimbalza letteralmente contro il muretto, e viene sbalzata leggermente nella corsia di sinistra, dove BIONGG rimbalza leggermente contro la macchina che lo sta superando, che BOINNG rimbalza leggermente contro il muretto di destra, ed è tutto un gran rimbalzare, e alla fine tutte le macchine continuanoa viaggiare, forse un po' ammaccate, non come la macchina del videogioco, non gomitoli di lamiere, ma di certo i guidatori erano un po' ammaccati nella loro presunzione di immortalità automobilistica.
E tu che hai visto questo spettacolo itinerante davanti a te, un po' ammaccato pure tu, ti dici che nella vita molto spesso è questione di millimetri.

lunedì 7 marzo 2011

Abbastanza

Siamo un popolo di pessimisti.
Anche quando parliamo, interpretiamo le cose pessimisticamente.
Quando io dico abbastanza, vuol dire tanto.
Se mi danno da mangiare e ne ho abbastanza, vuol dire che sono pieni di cibo fino alle orecchie.
Se ne ho abbastanza, vuol dire che ne ho fin sopra i capelli.
Invece se alla gente che ti chiede di valutarla dici che va abbastanza bene, si sente peggio che se dicessi bene senza abbastanza.
Abbastanza è sinonimo di "a sufficienza". Sarà che sufficiente equivale a 6, ed è il voto più basso accettabile, che ormai si mira solo più al molto, moltissimo, tantissimo, ma di "abbastanza" e "sufficente" nessuno è contento.
E' un po' come dire che non vogliamo nutrirci a sufficienza, ma molto, moltissimo.
Siamo pessimisti e anche un po' ingordi.

venerdì 4 marzo 2011

La qualità della sintesi

Quando qualcuno deve fare una telefonata utilitaristica, si creano strane proporzionalità:
  • più la telefonata è utilitaristica, più cortese sarà la persona che chiama;
  • meno vi conosce la persona che vi chiama, più tempo impiegherà a chiedervi dei mari e dei monti prima di giungere al nocciolo, anche se non è nord africana;
  • più la telefonata è utilitaristica, più tempo impiegherà a chiedervi dei mari e dei monti per giungere al nocciolo, anche se non è nord africana.
Da quanto su elencato si deduce che meno conoscete la persona e più questa è utilitaristica, più dovrete passare tempo al telefono.
Si dà il caso che se una persona la conoscete pochissimo e si manifesta già in tutto il suo utilitarismo, probabilmente non si tratta di buoni presupposti per una solida amicizia. Ciò fa sì che nel 95% dei casi non vi freghi assolutamente nulla di parlare per delle ore del mare e dei monti con lei. Sempre nel 95% dei casi, a lei fregherà ancora meno di voi di parlarvi dei mari e dei monti, essendo protesa verso l'utile informazione.

A questo punto, l'unica mossa intelligente è chiedere direttamente: "Cosa vuoi?".
Semplice, rapido, efficace.
E permette di inserire nel proprio CV la qualità della sintesi.

mercoledì 2 marzo 2011

Essayer tout seul


Quando uno fa quello che propone i film agli altri, non è mica una passeggiata.
Per prima cosa, deve convincere gli altri a vedere il film che convince lui.
Un conto è se si è tutti fan di film alla Vanzina, o se ci si trova tutti i Natali a vedersi il panettone delle feste, un altro se si hanno gusti che vengono chiamati d'essai.
Essayer in francese vuol dire provare. Io ho gusti d'essai, che poi, tradotto dal francese, vorrebbe dire saggio e non prova, però a me piace pensare che essai derivi in qualche modo da provare.
Mi piace andare a vedere quei film con zero stelle dal pubblico e 5 stelle dalla critica, ché poi magari la visione diventa anche per me una via crucis, una passione nel secondo senso del termine (o primo, a seconda della religiosità di chi lo usa), come la volta che vidi (da sola) un film in cui c'era un tipo accosciato su una turca per tre quarti d'ora. Lì si rasenta l'arte contemporanea. Il punto è che, se in un museo d'arte contemporanea puoi passare oltre quando vedi una tela bianca che sarà anche un'opera d'arte, ma tanto vale per te profano guardare il muro di casa tua, che è più grande ed è pure gratis, al cinema no. Al cinema devi stare seduto zitto e muto per la durata del film. Spesso anche sgranocchiare noccioline o pop corn infastidisce i vicini.
Quando però ti viene la balzana idea di trascinare nelle tue prove anche altra gente, ricordati che, dopo che li avrai convinti, inizierà la vera prova. I tuoi amici, gasati dai tuoi link a IMDB, dove il tuo film ha, eccezionalmente, 7 o anche 8 decimi, si siederanno sulle poltroncine vicino a te.
Tu inizierai a guardare il film, ma non potrai esimerti dal lanciare rapide occhiate a loro, che per prima cosa subiranno un lento smottamento verso il basso, fino ad avere la testa appoggiata all'incontro tra lo schienale e il sedile. Poi inizieranno le sbirciate ai cellulari, poi le occhiate tra di loro, e tra di loro e te, e tu, che vorresti goderti il tuo bel film da 7 o 8 decimi, non puoi, perchè ti metti a guardare i tuoi amici per i 7 o 8 decimi del tempo e il film per i 2 o 3 decimi. E così, finirà per fare schifo anche a te, perchè 2 o 3 decimi di qualsiasi film sono generalmente incomprensibili, figuriamoci di quelli d'essay.
E così, presso le folle, tu passi per quello che sceglie film orrendi, e i film da 7 o 8 decimi passano per film orrendi anche ai tuoi occhi.

E allora capisci perchè essai non vuol dire prova, ma saggio: perchè conviene essere saggi e andarseli a vedere da solo, ché uno che si guarda i film al cinema da solo a volte viene anche considerato un po' sfigato, ma in cuor suo se li gode e soprattutto non impone supplizi a pagamento ai suoi amici, in modo tale da non rimanere solo anche fuori dal cinema.