LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.
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domenica 10 aprile 2022

Vivi il sogno

Un sacco di pubblicità di cose varie, ma tutte presunte fighe, tipo viaggi TV abbonamenti auto, propongono lo slogan "vivi il sogno".

Ma siamo sicuri di voler vivere i sogni? 

Io, francamente, i miei sogni, anche no. 

Manco per sogno.

venerdì 19 febbraio 2021

Abbecedari - la sfida

 Leggendo "Prima che tu dica pronto" di Calvino, sono incappata nel piccolo sillabario illustrato, che in realtà di illustrato non ha nulla, se non il riferimento a Perec.


E così parte la sfida... chi la vuole cogliere, la colga e commenti!

A me sono venute, a titolo esemplificativo, queste:

VA-VE-VI-VO-VU
Guidavo nella notte in orario ultraventiduenne: mi sono sentita come un volatile, tipo un falco pellegrino, libero di volare nel suo cielo... Finalmente ho sentito un guizzo di vita. Credo che dovrei proporvi un momento di incontro per sentirci tutti più vivi insieme, magari in Costa Azzurra, parlando francese, per crederci per un attimo parte di un Paese con un miglior welfare... Ci state?
In sintesi, se non avete avuto voglia di leggere tutto:
"Va ave vivo. Vous?"


NA-NE-NI-NO-NU
Conosco un tizio sardo che si chiama Nino. Ha una ragguardevole età, ma vive ancora con i suoi anzianissimi genitori. Ha un'intelligenza tra il mediocre e il medio, perfettamente in linea con la media nazionale, ma invece, d'aspetto fisico, ne è notevolmente al di sotto. Pensate a un difetto fisico qualsiasi: lui ce l'ha. Gobba, forfora, occhio guercio, ecc. Ha tutto. Per la concomitanza di bamboccionaggine estrema e bruttezza tremebonda, non riesce a trovare una donna manco a pagare. Perfino le meretrici, quando lo vedono, decidono di prendere un giorno di mutua per pervenuto malessere intestinale. Un giorno, però, trova perfino lui. Cambia umore, e gli ottuagenari genitori lo rilevano e fanno indagini. La madre scopre che la donna è una signora affetta da nanismo sua coetanea. Sconfortata, va dal figlio e gli dice: 
"Nane, Nino....nuuuuu!"

mercoledì 5 dicembre 2018

Regalo vuoto















Mi sono accorta che è da un mese esatto che non posto nulla.
Ciò fa di me un essere umano subnormale.
Quello medio ha un'intuizione al giorno, io nemmeno al mese, perché non crediate che stia scrivendo qui perché ho avuto un'intuizione.
Oggi, se mi state leggendo, fatevi un regalo.
Invece di leggere un mio post bello lungo, che potrei aver scritto,
anzi, recuperando un mese di letture di miei post come magari vi sarà capitato,
ammucchiate quel tempo
e
regalatevi un po' di VUOTO.












































sabato 7 gennaio 2017

Stagno


Nello stagno ghiacciato, si sa, c'è sempre una parte di ghiaccio più spesso e una più sottile. E' risaputo anche che se uno va a pattinare sulla parte sottile rischia di finire come Sam o peggio.

Rimane il fatto che c'è gente che pattina solo sul ghiaccio spesso, e mai andrebbe su quello sottile, e altra che invece si lancia su quello sottile, con quel friccico stupido che solo le cose pericolose procurano.

Non c'è nessun motivo per pattinare sul ghiaccio sottile, se non il friccico. Non si pattina meglio, anzi, se si è ancora leggermente prudenti, si pare impalati di fresco, si mettono le lame dei pattini come sulle uova. Ed è risaputo che le lame, sulle uova, tagliano. Non si possono fare salti, acrobazie e tutte quelle cose che potrebbero permettersi quelli che stanno sul ghiaccio spesso. In compenso, il suddetto friccico viene ripagato da periodiche, inevitabili fratture del ghiaccio sotto di loro, immersione nell'acqua gelidissima, intorpidimento e rabbuiamento dei muscoli, paralisi del corpo, totale o semiassideramento, affogamento e tante altre meraviglie che sul piatto della bilancia opposto hanno, appunto, la demente consapevolezza del friccico.

La gente che pattina sul ghiaccio spesso è prudente, per cui potrebbe fare acrobazie e salti in quasi totale sicurezza, ma è il quasi che la blocca. E se non avessero poi il controllo totale dei loro muscoli, dei loro movimenti? E se il ghiaccio spesso si crepasse lo stesso e poi loro crepassero a loro volta sotto un spessore impossibile da bucare da sotto?

E così si creano due eserciti di persone diverse, quelle del ghiaccio spesso e quelle del ghiaccio sottile, due caste pressoché impenetrabili.

Può capitare che alcuni particolarmente curiosi si avventurino sul confine tra le due zone, dove il ghiaccio si assottiglia o inspessisce, a seconda del punto di vista. Per entrambi può essere una temporanea esperienza interessante, divertente, emozionante. Momentanea, perché poi ognuno si rifugia nella zona a lui familiare.

Se uno di quelli del ghiaccio spesso si inoltrasse su quello sottile, si snaturerebbe.
Magari lo farebbe per esperimento, ma sarebbe giusto un mettere un piedino dall'altra, sentire quella scossa di adrenalina che lo agghiaccerebbe più che emozionarlo, per poi ritrovare il tepore tranquillo della sicurezza nell'area precedente.
Se ci credesse davvero, all'idea che il friccico sia cosa giusta, pesante sul piatto buono della bilancia quanto o più di fratture del ghiaccio sotto di lui, immersione nell'acqua gelidissima, intorpidimento e rabbuiamento dei muscoli, paralisi del corpo, totale o semiassideramento, affogamento e tante altre meraviglie, allora vorrebbe dire che la gente cambia.
E non necessariamente in meglio.

Se uno di quelli del ghiaccio sottile si inoltrasse su quello spesso, dovrebbe rinunciare al friccico.
Magari lo farebbe per esperimento, ma in questo caso prima o poi vorrebbe tornare su quello sottile.
Senza contare che quelli del ghiaccio spesso lo guarderebbero con sospetto, non gli crederebbero, penserebbero che sia una minaccia per loro, e tenderebbero a rispedirlo nella sua zona spingendocelo a manate sul petto.
Lo stesso, però, accadrebbe se lui avesse capito davvero che forse il peso di fratture del ghiaccio sotto di lui, immersione nell'acqua gelidissima, intorpidimento e rabbuiamento dei muscoli, paralisi del corpo, totale o semiassideramento, affogamento e tante altre meraviglie, non vale il friccico del rischio, e che è meglio poter provare quello del volteggiare e saltare nell'altra zona, magari facendo capire agli altri che non è così terribile farlo. Ma ricevendo manate respingenti addosso, non potrebbe fare altro che ritentare più e più volte o starsene sul suo ghiaccio sottile.

In ogni caso, ad un certo punto arriva il disgelo, scioglie il ghiaccio, e finiscono tutti a mollo, indistintamente.

venerdì 18 novembre 2016

Indovina chi



la 
lontananza
sai
è come 
il 
vento
spegne 
i fuochi
piccoli
ma
accende
quelli
grandi








lunedì 6 giugno 2016

L'ira funesta


Uno è lì che si fa la sua vita, cercando di barcamenarsi alla bell'e meglio nei flutti burrascosi degli eventi, pensando che tutto sommato a furia di vivere ha imparato a gestire lo schiumino della cresta dell'onda che gli sbatacchia in faccia e gli riempie la bocca e gli irrora gli occhi e gli inonda il setto nasale mentre cerca di nuotare in qualche modo, per andare non si sa bene dove, ma si dice che sa anche bene dove.
Uno è lì che si dice che bene o male sa gestire la logica degli eventi, che sa come reagirà alla prossima onda, e che alla fin fine saprà se beccarsela dritta in faccia e resisterle mentre inspira acqua anziché aria o se immergersi di testa e passarle sotto per uscire indenne.
Uno, mentre si dice tutto questo, mentre è lì che si ripete che ormai sa, inizia a confondersi, inizia a immergersi quando si abbassa il livello del mare e a tirare fuori la testa quando arriva l'ondata increspata che gli s'infrange in faccia e gli disordina i connotati con la sua forza devastante.
Allora uno, di colpo, viene colto da uno spirito guerriero, che si mette a ruggergli dentro. Non si sa se sia guerriero contro qualcun altro o contro se stesso, così incapace di gestire la logica dei flutti; non sa bene perché rugga, ma rugge, e alla fin fine capita pure che invece di ruggergli solo dentro gli rugga pure fuori.

Le reazioni del ruggito sono molteplicemente deficienti.

  • C'è gente che si mette lì e spacca tutto. Generalmente lo fa a casa propria (che i panni sporchi si lavano in casa). Il ruggito dell'ira funesta non fa distinzioni, si avventa contro qualsiasi cosa le si pari davanti. Se uno non è un violento seriale o un assassino o entrambe le cose, solitamente si sfoga sugli oggetti. Più l'ira è funesta, più gli oggetti prescelti saranno di valore, tipo gli occhiali da seicento € di tuo figlio, che ti guarderà sbigottito mentre li calpesterai fino ad averli ridotti in briciole microscopiche, il pc nuovo da 2000 € con dentro documenti in unica copia non ancora claudificati e preziosissimi nonché urgentissimi da usare, la bici da 5600 € appena comprata e fino a quel momento custodita in una teca di cristallo su un piedistallo d'argento, e oggetti del genere, ché poi, se e quando il raptus passa, subentra l'ira funesta contro se stessi più per ciò che si è fatto che per il motivo originario. 
    • Un divertente sottoinsieme della casistica è lo sfogo dell'ira nei confronti di beni appartenenti ad altre persone, in azioni del tutto inaspettate sia dal loro soggetto che dall'oggetto, tipo tirare un calcio a un barboncino attaccato alla padrona, facendogli descrivere una perfetta parabola in cielo guastata solo dalla forza centrifuga del guinzaglio. Trattasi di un'ottima modalità per scordare totalmente le ragioni dell'ira iniziale, presi come si sarà dal cercare di difendersi dalla vittima innocente, sia essa il barboncino infuriato, che si sa, è tipicamente aggressivo, o la padrona inalberata, che, per quanto magrolina vecchia e decrepita sia, se le si tocca il cane scova in sé energie sopite. 
  • C'è gente che decide di farsi del male da sola in modi del tutto originali. 
      • Se uno è bilingue, va a scuola e deve fare un compito nella lingua che usa correntemente con uno dei suoi genitori, mettiamo l'inglese, inizierà cocciutamente a scrivere errori all'uopo, tipo "I is", fino a consegnare un compito che testimoni un quasi totale analfabetismo e un QI pari a 0,1.
      • Se uno lavora da anni anni e anni per ottenere un certo obiettivo e sta finalmente per farcela, ma subentra l'ira funesta per qualche motivo realmente o apparentemente estraneo al raggiungimento della meta, vedrà ben di far esplodere la rabbia proprio nel momento clou, tipo nella discussione finale di qualche tesi, nella riunione definitiva di qualche progetto, nella gara finale di qualche torneo. Farà qualche discorso degno di Martin Luther King, ma invece di salvare gli emarginati, il suo intento sarà quello di affossare se stesso - non saprà bene perché né percome, saprà solo che sarà -, ingenerando ondate matrioschiche di ire funeste che s'avviluppano una intorno all'altra.
      • Se uno è proprio arrabbiato e non ha compiti a scuola, né progetti quasi realizzati, né tornei, né  tesi da discutere, se la potrà prendere con sé stesso fisicamente, come quelli che arrivano a tagliuzzarsi parti del corpo variegate, tipo braccia pancia vene, ma anche in modi più cerebrali, tipo dando craniate contro il muro finché si dimentica totalmente i motivi per cui lo sta facendo e, una volta riavutosi dallo svenimento conseguente, si troverà in preda a una totale, rassicurante, reiniziante amnesia che farà sì che possa tranquillamente riprendere a vivere da zero, partendo ben lontano dall'ira finale, che comunque prima o poi si ripresenterà, essendo come gli alieni che a volte ritornano. 
  • C'è gente che inizia a fare qualcosa di sportivo e non la finisce più finché è talmente stronato dalla fatica e pervaso dalle endorfine che non pensa più a nulla, non ricorda più niente, anche perché è passato tanto di quel tempo da quando ha iniziato che la memoria è venuta meno. 
  • C'è gente che si tappa in casa, si scava un giaciglio nel divano, accende la tv su telefilm di rara demenza e di illimitate puntate, ordina cibo a caso (basta che sia caloricissimo) su Foodora a intervalli di mezz'ora l'uno dall'altro finché capienza della carta di credito possa arrivare, e vive così finché non subentreranno una vergogna e uno schifo autodiretti che impiegherà un bel po' di tempo a smaltire, in modi che rientreranno probabilmente nelle altre casistiche dell'elenco puntato. O, se non cambierà, potrà ambire all'ingresso nel Guinness del primati per l'essere umano più grasso del mondo, cosa che si rivela però essere molto dispendiosa in termini sia di pagamenti a Foodora sia di abbandono del posto di lavoro senza giusta causa sia di mantenimento in vita della propria persona.
  • C'è gente che si stordisce con sostanze tipo alcool droghe psicofarmaci. Poi va a lavorare e proprio quel giorno c'è il medico che gli fa il controllo. Avrà poco da dire che quelle "tracce" di alcool sono del propoli per il mal di gola, o che ha fatto colazione con il Pan Bauletto, o ancora che ha appena mangiato un Mon Chéri. Verrà licenziato in tronco, cosa che a volte, a vederla con un certo distacco, non è nemmeno così negativa ai fini del dissolvimento dell'ira funesta. 
In ogni caso c'è poco da fare.
L'ira funesta prima o poi arriva. 
Studiate bene le casistiche e sceglietene una o due idonee a voi,
possibilmente non troppo dannose,
magari allenatevi un po' invano,
tanto per non farvi trovare impreparati,
cosa che inevitabilmente accadrà.

mercoledì 9 marzo 2016

PeriPatetici



Quando ci si aggira per le strade scrivendo o leggendo messaggini sullo smartphone, prima o poi si dovrà tirare su la testa.
E' matematico che non si possa persistere nello scrivente o leggente comportamento, dato che, già solo per via delle curvature delle strade o dei marciapiedi, si rischia di andare a sbattere contro un muro o finire giù da un precipizio.

Se si è in macchina, è facilissimo che si investa qualcuno o si vada giù da un dirupo, o si faccia un frontale con qualche smessaggiatore che arriva in senso contrario. Anche quelli di Altroconsumo l'hanno studiato (N. 291, Aprile 2015): per leggere un messaggio medio (notare la precisione) sul cellulare ai 90 all'ora si impiegano 4,4 secondi e si percorrono 110 metri (notare la precisione necessariamente conseguente dalla precedente). In 110 metri si può schiacciare di tutto -animali oggetti persone, inclusi poliziotti incesellati in posto di blocco-, o anche rimbalzare vorticosamente giù per rupi impervie in un crescendo di bozzi (se sono tanto impervie si scampa perché il telefono non prende). Figurarsi se viene in mente di leggere un messaggio lungo, o, ancora peggio, un post.

Ma veniamo ai pedoni.
L'intento sarebbe tenere il meno possibile gli occhi sullo schermo e il più possibile sull'itinerario, ma spesso, siccome gli intenti sono una cosa e i comportamenti sovente tutt'un'altra, si fa esattamente il contrario. Si dà una rapida sbirciatina al percorso e per il resto si rimane immersi nella dimensione parallela della conversazione virtuale.
Il che comporta che l'occhiatina alla realtà che ci si para davanti sia data con sguardo fisso in avanti, occhio appannato, rapidità tale da impedire che si possa mettere a fuoco. Ci si brucia tutta la realtà contingente, pur guadagnando altro, a pensarci bene. Diciamo che si perde la dimensione in cui si sta vivendo con il proprio corpo, dotato normalmente di ben cinque sensi, più il sesto, per proiettarsi in un'altra dimensione meno corporea, meno multidimensionale, più mentale, più mediata, più rimbambente già solo per il fatto di obbligarci a fissare un rettangolino luminoso ipnotizzante. E' vero, anche l'ipnosi può avere innegabili vantaggi.
Ma provate a farvi un giro a piedi in città e a guardare qualsiasi persona. Ormai, infatti, chiunque, centenari e neonati a parte, è quasi imperterritamente dedito allo smessaggiamento periPatetico. Osservateli in quei pochi istanti in cui sollevano lo sguardo. Guardate le facce. Notate le espressioni. Dovrete essere rapidi, perché i tempi sono brevi.
Cosa dite?
Non potete?
Ah, ok, siete troppo concentrati sul vostro smartphone.
Va beh, ci provo io, poi vi dico.
Tanto sono in giro.
Finisco solo di scrivere il post sull'app di Blogger.

lunedì 29 febbraio 2016

29 febbraio

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sabato 13 febbraio 2016

Arriva


https://www.youtube.com/watch?v=R9xHkhK_Z4U

Muso del treno che si ingrandisce arrivando in stazione.
In fondo al binario, stuolo di gente che lo osserva.

A) Una ragazza se ne sta appoggiata a un pilastro. Strsicia rapidamente sul cellulare entrambi i pollici. Ogni tanto alza la testa. Quando la fiumana di passeggeri erutta dalle porte riversandosi lavica sul binario, per poi avanzare verso l'uscita, lancia un distratto sguardo rimbalzante di cranio in cranio.

B) Un uomo, appeso alla ventiquattrore, attaccato l'orecchio allo smartphone, un giornale sotto l'ascella tipo baguette, lancia nervosi sguardi dritti in mezzo alla folla. La linea retta tra due punti è la più breve. A sapere qual è il secondo punto.

C) Una giovane donna sta tutta protesa in avanti, con gli occhi spalancati di gioia liquida, e scruta di testa in testa finchè non vede qualcosa che la illumina e arrossa. Si tuffa a salmone nel flusso contrario e vi scompare inghiottita.

D) Un bambino fa la gimcana in mezzo alle gambe di chi aspetta. Nessuno si accorge di lui che passa come un gatto in rapidi sfioramenti.

E) Un uomo sulla cinquantina, appoggiato al bastone che porta appresso, riposa trapassando con sguardo immobile la folla che si avvicina compatta e per lui bidimensionale.

F) Una signora, una mano allungata su un fianco e una a tenere la maniglia di un trolley, il peso tutto su una gamba, "Internazionale" sotto il braccio, sta, senza uno ieri e senza un domani, a lato binario,mentre la folla fluisce.

Chi saranno queste persone?
Cosa staranno facendo?
Che penseranno?

venerdì 16 maggio 2014

E se...

 

Ma se all'improvviso Google diventasse a pagamento, tu che faresti?
Pagheresti per andare su youtube?
Pagheresti per leggere le mail?
Pagheresti per usare un Android (quindi qualsiasi smartphone non Apple o Nokia o quasi)?
Pagheresti per scrivere e mantenere il tuo blog?
Pagheresti per andare su gmaps e vedere com'è la terra dall'alto?
Pagheresti per googolare? E quanto? Quante ricerche fai ogni giorno su Google?
Pagheresti per cnsultare il tuo calendario attività con tanto di allarmi?
Pagheresti per consrvare le foto che carichi da anni su Picasa?
Pagheresti per continuare a studiare le statistiche del tuo sito su Googleanalithics?

Secondo me, sì.

lunedì 5 maggio 2014

Deserto cittadino incomprensibile

Torino, si sa, essendo una grande città, è un casino.
C'è una bolgia di gente a tutte le ore, dappertutto, con ogni tempo.
Ci sono anche le ore di punta, ma il casino è un leit motif, salvo di domenica quando fa bello in centro e ad agosto, quando è normale che sia deserta.
E' da un po' di giorni, però, che torno dal lavoro in bici, a un'ora centrale della giornata, passando per strade solitamente caoticissime, e non c'è un'automobile. Qualche bici, sparuti pedoni, quasi tutti non italiani, e basta. Un po' di jack russell liberi qua e là, ma in linea generale, un deserto dei tartari.
Senza il rombo dei motori, il silenzio è una specie di cappa che mi fa nascere domande di un certo tipo:
  • è scoppiata la terza guerra mondiale e stiamo aspettando un attacco a mia insaputa?
  • c'è un allarme rischio batteriologico aereo o simili e io non ne so nulla e sto qui a sguazzarci dentro in bici, respirando per di più a pieni polmoni?
  • sono arrivati gli extraterrestri e pian pianino si stanno portando via tutti gli abitanti di Torino sena farsene accorgere (io non sono di gradimento)?
Penso che l'ultima ipotesi sia improbabile, vista la quantità di gente che si ammassava nel fine settimana al discount ormai svuotato totalmente e con tutti gli scatoloni vuoti sui lineari.
C'è da valutare una delle due prime opzioni, oppure ne avete voi?

lunedì 28 ottobre 2013

Cambi di prospettiva

Quando uno fa sempre le stesse cose, perde delle prospettive.
Gli rimane solo quella delle cose che fa. Si perde quella delle cose che non fa.
Non dico di mettersi a ammazzare la gente per strada, per provare una nuova prospettiva. Forse per quello si può leggere Delitto e castigo.
Basta, per esempio, se si è a piedi, cambiare il lato della strada che si percorre per andare al lavoro, o da qualche altra parte.
Sono sicura che quasi tutti voi percorriate sempre lo stesso lato della strada.
Se andate in macchina, farete quasi sicuramente sempre la stessa strada: provate a imboccare una parallela e vedrete.
Cambierà poco nella funzionalità del percorso, ma la prospettiva sarà totalmente diversa. 


lunedì 8 aprile 2013

Capelli lunghi


Quando una persone è abituata ad avere i capelli corti o non tanto lunghi, quando poi si ritrova ad averli lunghi, son problemi.
Non si può dire che si possa essere disabituati ad avere i capelli lunghi, dato il fatto che la crescita è di un centimetro al mese, e quindi l'abitudine ce la si fa per forza.
Già qui si palesa uno strano fenomeno, cioè che si possa essere disabituati ad avere i capelli corti, ma non ad averli lunghi. In compenso, si può essere abituati ad averli sia corti sia lunghi.
Ma uno che ha avuto i capelli lunghi per tutta la vita (o perlomeno per quel lasso di  vita in cui si possono avere i capelli lunghi, dato ce solitamente non ci si nasce) è ben diverso da uno che ha vissuto con i capelli corti fino a una certa età e poi se li fa crescere.

In questo caso, infatti, si rilevano accadimenti mai visti nella vita precedente, quali:
  • ritrovarsi i capelli sotto le ascelle mentre si corre, il che li renderà belli nutriti sulle punte senza necessità di balsamo, ma forse un po'salati e rigidi;
  • chiudere la portiera della macchina e ritrovare se stessi fuori e i capelli ancora dentro;
  • ogni volta che ci si toglie una giacca o una maglia dotate di qualche cerniera, strapparsi un toupet di capelli;
  • dover comprare una confezione di Mr Muscolo per ogni doccia;
  • ritrovarsi con i rasta senza averli voluti, nè richiesti, nè pagati;
  • ...................
  • ...................
  • .................
a voi la continuazione!

venerdì 15 marzo 2013

Dimostrazione dei danni al cervello dovuti all'uso del cellulare

E' risaputo, anzi ritemuto, che l'uso del cellulare provochi gravi danni al cervello.

Niente è dimostrato, ma molti lo dicono, forse per seminare terrorismo psicologico, forse perchè hanno fonti superfighe che noi umani non possiamo nemmeno immaginare, forse perchè la gente tende a divulgare qualsiasi cosa senta da qualsiasi fonte, superfiga o no, senza prendersi la briga di fare controlli assennati e documentati.

Sul campo, però, si può trovare documentato riscontro della demenza integrale derivante dall'uso del telefonino, non necessariamente appoggiato all'orecchio.
Infatti, ho visto cose che voi umani potete tranquillamente verificare con i vostri stessi occhi, tipo:

  • gente che, mentre manda sms, cammina in mezzo a un'autostrada in senso inverso a quello di marcia, senza avere alcuna idea del perchè si trovi lì, e non ditemi che non è indice di un grave danno al cervello;
  • gente che mentre manda sms camminando in mezzo a un'autostrada in senso inverso a quello di marcia, senza avere alcuna idea del perchè si trovi lì, rimane schiacciata sul selciato, e non ditemi che non si tratta di un grave danno al cervello;
  • gente che mentre telefona non capisce nulla di ciò che sta dicendo l'interlocutore e risponde con frasi rallentate da disabile con QI pari a 20 perchè mentre telefona con l'auricolare per non provocarsi danni al cervello sta chattando guardando Fb mandando email con il Samsung Galaxy. L'auricolare, in questo caso, è decisamente inatto al suo scopo. 
  • gente che telefona senza auricolare in automobile, andando alternativamente:
    • ai 10 all'ora su rettilinei infiniti e/o autostrade (in cui incontra gente che cammina in senso opposto a lui mandando sms);
    • ai 90 all'ora in stradine di città falciando qualsiasi oggetto persona animale incontri sul suo cammino, soprattutto persone intente a mandare sms e/o telefonare, totalmente estraniate dal mondo in cui sono fisicamente inserite.
In quest'ultimo caso, il danno al cervello è dovuto alla mancanza di utilizzo dell'auricolare?
A voi l'ardua sentenza.

venerdì 1 marzo 2013

Diversi e uguali


Ultimamente TUTTI dicono di essere DIVERSI.
Ci sarà QUALCUNO che vuole essere UGUALE?

Per chi si vuole divertire un po': provate a inserire nella frase le seguenti domande:
  1. Da chi?
  2. Da cosa?
  3. A chi?
  4. A cosa?
Per chi si vuole divertire molto: provate a rispondere alle domande.

venerdì 12 ottobre 2012

Profumo - storia di un aSSISSino

Questo post sarà un post sui generis.

I motivi sono due:
  1. questo post sarà lungo. Deve essere lungo perchè la storia di un aSSISSinio è lunga da raccontare. Da ciò deriverà che questo post sarà letto solo da mia mamma. Forse. Fino a metà.
  2. questo post, contrariamente agli altri di questo blog, parlerà della mia vita personale, e citerà cose che mi sono realmente accadute. E' necessario che sia personale, perchè gli altri aSSISSinati avranno sicuramente vissuti diversi.
Partiamo dall'inizio, e cioè dalla mia carriera scolastico-universitaria.
Si è trattato di una di quelle carriere normali, caratterizzate da problemi apparentemente insormontabili e poi sormontati. Imparare a scrivere in prima elementare, quando non sapevo manco tenere in mano una penna e gli altri già scrivevano il loro nome anche se si chiamavano EZECHIELMAURINERMANNO è stata dura, ma ce l'ho fatta e non ho mai avuto incubi su questo step della mia vita. Idem si dica della Maturità, che è stata problematica e dolorosa, ma superata senza strascichi. L'Università alla fine è scorsa via veloce, in quanto me ne fregava assai poco e l'unica cosa che volevo, appunto, era farla scorrere via veloce. E si arriva già a 5+3+5+4 = 17 anni di studio.
Incubi mai.
Sopravvissuta sempre.
Abbastanza felice.

Nel frattempo mi è venuta voglia di insegnare.

Tutto il periodo del Liceo a dare ripetizioni gratuite di tutto alla vicina di casa non mi aveva acceso nessuna lampadina, quindi avevo scelto a caso un'Università breve, Economia Aziendale, che mi avrebbe permesso di insegnare una sola materia, solo alle superiori e solo in Istituti professionali e commerciali: Economia aziendale. Prevedibile ma vero. Resamene conto, ho pensato bene di scegliere la strada più semplice. Invece di fare il concorso per la SSIS (Scuola di Specializzazione per gli Insegnanti della Scuola Secondaria) di Economia Aziendale in Italia, ho pensato di andare a insegnare italiano in Francia, affrontando il famigerato concorso CAPES. Era difficile da superare, ma garantiva l'assunzione a tempo indeterminato in caso di successo. Un sistema ben diverso dal quello italiano, farraginoso e oscuro, che si contraddiceva di continuo. Dopo due anni di studio folle e disperato, intorno e durante i tre lavori che svolgevo per mantenermi all'estero, di notte e di giorno, durante le ferie, mentre guidavo, e pure in sogno, ho raccolto due delusioni cocenti ai due concorsi a cui ho partecipato. Ho raccolto baracca e burattini, e, con i remi in barca, ho veleggiato fino a un impiego in Banca in Italia, con la testarda idea di farmi poi assumere in Francia da una Banca italiana e poter continuare a sostenere il CAPES. Intanto l'ho dato ancora due volte come partecipante italiana, studiando mentre lavoravo in Italia, sempre intorno e non più durante le ore lavorative in cui mi toccava concentrarmi, sempre durante le ferie, sempre notte e giorno, sempre pure in sogno. Risultato: altre due delusioni cocenti. Questo lo scrivo non per farti addormentare, mamma, ma solo per rendere l'idea di quanto fossi cocciuta (anche se tu già lo sai...ma nutro ancora l'illusione che qualcun altro diverso da te legga almeno fino a queste righe).

Fin qui, è innegabile che ci sia stato un gran dispendio di energie, e una grande perdita di altre parti della vita, tipo divertimenti, relax, ferie senza portarsi dietro trolley pieni di libri, copertine idroresistenti per studiare mentre nuotavo, e cose del genere. In tutta questa vita di sacrifici e privazioni, ero comunque riuscita a raccattare PFM, che all'epoca era il compagno che sopportava i miei studi folli e disperati. Ero anche riuscita a far nascere e curare questo blog e a prendere il DALF (Diploma Approfondito di Lingua Francese), senza seguire nessuna lezione né studiare alcunché e dando tutti gli esami uno dietro l'altro nel giro di una settimana, tanto ero preparata dopo i quattro anni di CAPES. La motivazione è che l'entusiasmo che avevo all'idea di diventare una vera insegnante di scuole pubbliche era talmente elevato da rendermi possibile qualsiasi cosa. Qualsiasi, tramme vincere il concorso francese. A qualcuno potrà sembrare assurdo che ci sia tanta passione all'idea di svolgere un lavoro del genere, eppure c'era. E intanto ero già arrivata a 17+4 = 21 anni di studio. Dell'Economia non ricordavo granchè, perchè era stata sommersa da quintali di italiano, francese, traduzioni, letteratura, libri bellissimi che forse non avrei mai letto senza il CAPES.

Intanto, stranamente, nella Banca in cui lavoravo solo per poter tornare poi in Francia, mi stavano per far fare carriera. Non che la stessi per fare io. Me la stavano per far fare gli altri. Era una carriera passiva, nel senso che per me l'unica cosa che contava era diventare una prof. Al lavoro mi dicevano quello che dovevo fare, e io lo facevo. Proprio mentre mi accingevo a dare per l'n-esima volta il CAPES con ormai un po' di frustrazione, seppur fosse un'entusiastica frustrazione, è uscito in Italia l'ultimo bando SSISS prima della chiusura delle Scuole di Specializzazione (per ingolfamento del sistema...stranamente). L'ultima occasione per entrare nelle famigerate Graduatorie a Esaurimento. Da quel momento in poi, il Ministero dell'Istruzione italiano avrebbe pescato soltanto da quelle, e nessun prof sarebbe più potuto esistere se non uscendo dai vecchi concorsi, o dagli altri cicli SSISS, o da quell'ultimo, unico, mitico ciclo SSISS. Il IX ciclo.
E' vero, prima che nascesse la SSISS avevano detto che avrebbero calcolato il numero esatto di prof necessari per il biennio successivo, in modo da immetterli in ruolo immediatamente. Ciò, come succede sempre in Italia, non era avvenuto, anche perchè si erano attivate le SSISS quando ancora c'erano persone che avevano passato il concorso del 1999 in attesa di assunzione. Tutti i calcoli si erano rivelati sballati, e le Graduatorie a Esaurimento erano gonfiate a dismisura. Però era l'unico modo per poter entrare nell'insegnamento pubblico in Italia.

Che fare? La Francia era lontana, la possibilità di vincere il CAPES pure. Otto posti in tutto il Piemonte non erano molti. Mi sono buttata, e con me PFM. Ci siamo preparati come pazzi, rispolverando tutte le materie di Economia Aziendale. Mi sono pure ammalata un po' (ad agosto capita) e sono finita in mutua, ma alla fine ho studiato tutto lo scibile, meno l'ABC (che non è quello che credete voi (Ora dò pure del "voi" a mia madre)). Prima prova: passata. Entusiasmo bestiale, ottimismo infinito. Seconda prova: trenta domande tutte sull'ABC. Disperazione cupa, ubriacatura con un litro di Vodka subito dopo la prova, PFM che mi trascina prossima al coma etilico schiaffeggiandomi per evitare che muoia e amenità del genere. Questo è poco lusinghiero, ma rende l'idea di quanto fosse importante per me entrare in questa benedetta SSISS. Alla fine, come per un segno divino, rientro nella rosa dei sette eletti (uno si è perso per la via).
Mi licenzio in tronco dalla Banca, dove nel frattempo stanno per incoronarmi Quadro Direttivo, mando a stendere il famigerato lavoro a tempo indeterminato, e mi butto a capofitto in questa scuola, che immagino abbastanza rilassante. Quelli degli altri cicli mi hanno detto che facevano, a turno, simulazioni di lezioni, e alla fine venivano valutati. Peccato che negli altri cicli ci fossero 20-30 persone per corso. Noi eravamo sette.
Poi, i professori della parte disciplinare si erano scocciati di sentire sempre lezioni su lezioni. Eravamo troppo pochi: una tesina e una lezione a testa ogni pomeriggio per loro diventavano noiose. Era noioso pure dirci che eravamo delle schifezze perchè iniziavamo una lezione con un "dunque" e liquidarci con un 18 senza aver ascoltato niente del seguito. Per noi, invece, che arrivavamo a casa alle 20 e per le 14 del giorno successivo dovevamo aver predisposto una tesina e una lezione, non era una noia. Era un delirio. Loro, però, annoiati così, per l'ultimo anno hanno deciso di strafare. Ci annunciavano che dopo un po' avremmo fatto un esame di una qualche materia relativa alla Laurea in Economia, e ci proponevano, oltre alle lezioni da esporre, anche degli appelli, per ognuno dei quali abbiamo dovuto recuperare libri dell'Università che, personalmente, avevo arso su un'altissima pira appena laureata. Per divertirsi un po', ci davano un programma da studiare e ci sottoponevano esami di tutt'altro, con valutazione che rientrava nella media finale. A tutto ciò si è aggiunta la parte trasversale: esami di pedagogia, psicologia, docimologia e chi più ne ha più ne metta. Questi, almeno, avevano un iter regolare: un corso e poi un esame. Come all'Università. Poi c'erano i tirocini nelle scuola, da incastrare di mattina. Le lezioni e le tesina relativa quando si potevano preparare? Beh, la notte tra la lezione del pomeriggio e il tirocinio della mattina. C'è gente che è riuscita anche a lavorare in tutto questo delirio. Non so come abbiano fatto: solo per avercela fatta, darei loro la pensione da parlamentare italiano honoris causa.
Nel giro di due anni, oltre a una serie infinita di esami di ogni tipo, ho predisposto quattro tesi.
Non ho potuto ammalarmi mai, e se ero ammalata facevo finta di non esserlo. Sono andata alla SSISS con 40 di febbre, senza voce, con l'influenza.
Alla fine di tutto l'iter ho sostenuto, con i miei compagni di corso, anche questa volta con la febbre ai 40, un esame di Stato con valore concorsuale (era scritto nel Bando che avevo letto attentamente prima di licenziarmi dalla Banca, ma pare che in Italia ci si diverta a fare e disfare senza mai rispettare gli impegni presi) in cui ho dovuto preparare un ciclo intero di lezioni su un argomento estratto sul momento, sostenere un orale davanti a una commissione e discutere l'ultima tesi riassuntiva, che poi è stata anche pubblicata
Ricordo di aver visto:
  • gente avere il fuoco di sant'Antonio per la durata tutta la SSISS (e venire comunque a lezione)
  • gente con capelli e ciglia che si staccavano a mazzetti per lo stress
  • gente sentire i figli di tre anni chiedere "Mamma/papà (papà più raramente), ma quando finisce la SSIS torni da noi?"
  • gente allattare lattanti prendendo appunti durante le lezioni
  • gente chiamarmi alle due del primo gennaio chiedendomi di spiegare loro argomenti degli esami della SSISS
  • gente chiamarmi in piena notte piangendo per la paura di non farcela
  • gente mollarsi per non aver retto allo stress della SSISS (molto da vicino)
Poi la SSIS è finita. Sembrava eterna, ma è finita. Sono pure uscita con 80/80, unica del mio corso e con lo stesso voto di tutti quelli che sono usciti da alcune altre SSISS dislocate in altre città d'Italia, che non hanno sfornato sette, ma ottanta-novanta abilitati in Economia aziendale. Spesso in posti dove non ne sarebbe servito nessuno.

Ero esausta, avevo perso dieci kg, avevo speso tutti i soldi che avevo guadagnato negli anni di lavoro precedenti la SSIS (2.000 € l'anno di tasse universitarie, più mantenermi per due anni senza possibilità di lavorare perchè studiavo giorno e notte), e l'estate successiva avrei lavorato in un hotel in Francia per recuperare un po' di soldi, ma ce l'avevo fatta, e non avrei mai più dovuto studiare così tanto. 21 + 2 = 23 anni di studio, di cui gli ultimi mi avrebbero perseguitata negli incubi per anni, ma ce l'avevo fatta. Gli attacchi notturni di ansia che mi erano venuti per la prima volta durante la SSISS sarebbero continuati anche in futuro. Ma avevo scelto una strada ed ero arrivata alla fine del percorso difficile. Ora non mi restava che fare anni di precariato in attesa del ruolo, anche se, prima di predisporre le SSISS, il famoso contratto a tempo indeterminato era previsto per l'uscita dall'atroce percorso.

Ho scelto una Graduatoria a esaurimento dove avrei ragionevolmente potuto insegnare la mia materia. Ho studiato con un file Excel certosinamente preparato la situazione di TUTTE le Province d'Italia, incrociando possibili pensionamenti, numero di cattedre, numero di persone in graduatoria, entrate in ruolo e loro andamento storico, e ho concluso che la provincia di Genova andasse bene. Mi sono iscritta in quella graduatoria, noncurante di tutto quello che avrei lasciato a Torino (amici, casa, ecc...).

A settembre, alle chiamate per le nomine, sono dovuta andare tre volte a Genova, per essere ripescata per ultima a occupare l'ultima cattedra disponibile, che era a Busalla, un posto di montagna a 50 minuti in auto di tornanti da Genova e a due ore di autostrada da Torino. Il posto era piovosissimo e nebbiosissimo in autunno e primavera, nevosissimo d'inverno, caratterizzato da un'altissima concentrazione di raffinerie inquetanti e puzzolenti, ma io ero felicissima perchè finalmente ero un'insegnante di scuola pubblica.Precaria, ma per poco, pensavo.

Peccato che le previsioni per i futuri impieghi annuali fossero cupe, e la previsione di precariato fosse non più per poco ma per qualche decennio.
In contemporanea si è delineata la possibilità di pescare tra tutti gli abilitati SSISS di ogni regione quelli con i voti più alti per abilitarli anche sul sostegno. Un altro anno di SSISS.
Fino a quel momento tutti i sacrifici fatti erano per una buona causa: insegnare una materia nelle scuole pubbliche. L'energia che avevo avuto era finalizzata a ottenere un risultato molto desiderato. La mia indole, come ben sanno i miei lettori, anche se nessuno di loro sarà arrivato a leggere fino a qui, non è per nulla assistenzialistica, compiangente, tenera. Ho studiato tutto lo scibile di Economia aziendale per due anni da incubo al fine di poter insegnare questa materia. Però il timore di rimanere "a piedi" mi ha fatto vagliare l'ipotesi di fare l'ultimo possibile corso di abilitazione prima della fine delle SSISS.
E così ho pensato ingenuamente di poter seguire la SSISS di sostegno a Genova.
No, avrei potuto solo nella regione in cui avevo seguito la SSISS curricolare.
Almeno il tirocinio avrei potuto farlo presso la mia scuola di Busalla, però.
No, nemmeno quello: ho dovuto fare il tirocinio in Piemonte.
La mattina a Busalla, il pomeriggio a Torino, e le 150 ore per andare a Torino a lavorare gratis per il tirocinio. Nei week end preparavo lezioni audio riassuntive degli appunti presi durante la settimana, e durante i viaggi in macchina le ascoltavo. Ogni giorno 170 km di autostrada per andare a Busalla, 170 per tornare a Torino. Una tesi più lunga ancora di quella della SSISS curricolare, anche se effettivamente la mole da studiare era minore. Sono arrivata alla fine dell'anno scolastico distrutta, senza soldi di nuovo (altri 2.000 € di tasse universitarie, più autostrada e benzina per tutte quelle tratte Busalla-Torino...guardate su viamichelin i costi!), ma con un'altra abilitazione sul sostegno.

Ero arrivata a 23 + 1 = 24 anni di studi.

 In quel momento ho detto  
BASTA!!!!!!!!!!!

Fino a un anno prima avevo scelto consapevolmente di affrontare anni duri. L'anno di sostegno era stato quasi un obbligo: o sarei rimasta a casa, o avrei dovuto frequentarlo.
Gli obblighi non mi piacciono, ma seguendo la SSISS di sostegno mi ero garantita la presenza in due graduatorie a esaurimento, e la sicurezza (????) di dover soltanto aspettare per entrare di ruolo, come accaduto a molti altri SISSini prima di me.

Non avrei più studiato un secondo per poter insegnare, se non per preparare le lezioni di economia per i ragazzi.

In ogni caso, da quel giorno non ho più studiato un secondo manco per preparare le lezioni di economia ai ragazzi, perchè ho insegnato unicamente sostegno, spesso in scuole/classi dove la mia materia manco era prevista. Posti di lavoro di Economia aziendale manco a morire. I miei compagni della SSISS curricolare non abilitati sul sostegno o hanno cambiato lavoro o hanno fatto supplenze saltuarie brevi, magari ripescati sul sostegno dopo mesi di disoccupazione.

Il primo anno di insegnamento sul sostegno, a Genova, mi sono ritrovata in una situazione ben al di fuori della legge, con troppi alunni disabili troppo gravi in aule troppo affollate e spesso da sola. Sono stata picchiata da un'alunna per tutto l'anno. Grazie a questa situazione insostenibile, dopo un mese di lavoro avevo già una denuncia sulle spalle perchè una studentessa gravissima era fuggita dalla scuola.
Più volte a notte mi svegliavo di soprassalto e per un attimo credevo che tutta quella situazione fosse un incubo, invece era vera.

Adesso sono al terzo anno di sostegno (ovviamente come precaria, pagata solo dal 1 settembre al 30 giugno) e non ho ancora capito bene cosa si debba essere per essere buoni professori di sostegno: si passa dal dover essere tuttologi che sappiano spiegare a persone in difficoltà tutto lo scibile, a disegnare fiorellini e contare fino a 3 per un anno intero, a sferruzzare in uno stanzino a fianco di uno studente che è un vegetale incapace di muoversi (ma pure lui ha il diritto all'"istruzione").

Sono tre anni che non insegno Economia aziendale. Ipotizzo di aver dimenticato tutto quanto, ma non accetto mai ore supplementari di Economia aziendale nelle scuole in cui ho una cattedra di 18 ore per non danneggiare colleghi più indietro di me in graduatoria. Non dò ripetizioni private in nero perchè non amo le attività sommerse ed essere fuorilegge. Mi sto quindi dimenticando tutto quello che avevo imparato così bene, perchè lo Stato ha pensato di prendere i migliori nell'insegnamento delle loro discipline e far cambiare loro lavoro, di far svolgere loro un lavoro a cui mai avevano pensato e che si sono trovati tra capo e collo all'improvviso, per evitare di rimanere "a piedi". Poi forse a qualcuno è pure piaciuto. In ogni caso penso che pochi abbiano iniziato il lunghissimo iter per fare l'insegnante con il fine di diventare prof di sostegno.

Alla fine di tutto questo, il caro Ministro Profumo se ne esce con l'idea che le SSISS fossero solo una preparazione per accedere al concorso ordinario, e che essere abilitati SSISS o laureati prima del 2002 vi dia allo stesso modo accesso. In più, per accedere alla cattedra di sostegno, un partecipante al concorso specializzato sul sostegno dovrebbe sperare che la sua materia sia oggetto di concorso (cosa che nel mio caso non è avvenuta) e, una volta ripassata per l'n-esima volta tutta la sua materia ormai scordata, rinunciare alla cattedra curricolare per scegliere sostegno. Per chi non vede la sua materia oggetto di concorso, ciccia anche per il sostegno.

Io penso di avere già dato a sufficienza per fare l'insegnante.

Mi sono già sentita presa in giro a sufficienza.

Ho già scritto più volte al Ministro, l'ultima delle quali insieme a vari colleghi: ecco la mia personale e ultima lettera:

"Richiesta di bandire il concorso per insegnanti solo per le classi di concorso con la graduatoria a esaurimento esaurita

 Gent.mo Ministro Profumo,

Le scrivo, fiduciosa nella sua attenzione, per chiederle di riconsiderare il target del concorso per i docenti in via di definizione.

Lei ha asserito di volerlo bandire per tutte le classi di concorso le cui graduatorie sono esaurite. Con il termine “graduatorie” ha inteso solo quelle di merito, relative ai concorsi finiti nel 99.
Le graduatorie a esaurimento non sono state considerate nella sua affermazione, tanto che molti si sono chiesti la congruenza delle due frasi:
1)      Il concorso sarà bandito solo per le classi di concorso esaurite;
2)      Chi entrerà di ruolo verrà preso al 50% dai vincitori del concorso e al 50% dalle graduatorie.
La domanda che sorgeva era: come si fa ad attingere da graduatorie esaurite, in cui non c’è più nessuno per definizione? L’arcano è stato risolto: Le graduatorie a esaurimento non sono state considerate graduatorie, ma solo “depositi per abilitati in attesa di partecipare al concorso”. Ma allora perché alcuni degli abilitati sono entrati di ruolo “serenamente” e altri vengono posti di fronte alla SCELTA tra sostenere un altro concorso e raddoppiare i tempi di permanenza nelle graduatorie? E poi perché le graduatorie a esaurimento non rispetterebbero il merito? L’Esame di Stato SSIS ha una votazione in ottantesimi che viene convertita in punteggio!

In pratica, i due anni di SSIS da noi frequentati vengono ora equiparati all’anno di TFA.

Sicuramente, il TFA non ha  un Esame di Stato con valore concorsuale al termine, in quanto è previsto che l’esame con valore concorsuale sia appunto il concorso: una prova scritta con domande aperte su argomenti curricolari più una prova orale di esposizione di una lezione preparata su di un argomento estratto tre giorni prima, seguita da un colloquio di mezz’ora.
L’esame di Stato SSIS consisteva in una prova scritta di predisposizione di un’intera Unità Didattica estratta sul momento, più un colloquio di stampo tecnico e discussione della tesi finale (la terza, sintesi delle due tesi scritte sulla base dei due tirocini).

Per arrivare a sostenere l’Esame di Stato, alla SSIS, oltre a due tirocini (uno all’anno) con tanto di tesi per ognuno di essi, si erano dovuti superare (con valutazione in trentesimi) i seguenti esami trasversali, corredati da laboratori riguardanti didattica con l’uso dell’informatica e moderne tecniche di insegnamento:

1)      PRIMO ANNO:
a.       PEDAGOGIA GENERALE (75 ore)
b.       DOCIMOLOGIA (75 ore)
c.       DIDATTICA GENERALE (75 ore)
d.       PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO (75 ore)
e.       LABORATORIO TRASVERSALE (20 ore)

2)      SECONDO ANNO:
a.       PEDAGOGIA SPERIMENTALE (50 ore)
b.       SOCIOLOGIA DELL’EDUCAZIONE (50 ore)
c.       PSICOLOGIA SOCIALE (50 ore)

Inoltre, io personalmente, essendo iscritta alla SSIS per la classe di concorso A017, ho sostenuto, sempre con valutazione in trentesimi, i seguenti esami:

1)      PRIMO ANNO:
m     PARTE GENERALE
a.       FONDAMENTI DELL’ECONOMIA AZIENDALE (15 ore)
b.       FONDAMENTI DELL’ECONOMIA POLITICA (10 ore)
m     PARTE SPECIFICA
a.       DIDATTICA DELL’ECONOMIA AZIENDALE (30 ore)
b.       DIDATTICA DELLA RAGIONERIA (30 ore)
c.       DIDATTICA DELL’ECONOMIA E TECNICA DI MANAGEMENT (25 ore)
d.       DIDATTICA DELL’ECONOMIA E TECNICA DEI MERCATI FINANZIARI (30 ore)
m     LABORATORI
a.       ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLE RISORSE UMANE (25 ore)
b.       MARKETING (25 ore)
c.       LE RITRUTTURAZIONI D’IMPRESA (10 ore)

2)      SECONDO ANNO:
a.       IL BILANCIO E IL BILANCIO CONSOLIDATO (25 ore)
b.       LE ANALISI DI BILANCIO (25 ore)
c.       GLI STRUMENTI INFORMATICI PER LE DISCIPLINE ECONOMICO-AZIENDALI (25 ore)
d.       STRUMENTI PER IL FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE (25 ore)
e.       PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO (25 ore)

Inoltre, mi sono abilitata per operare come docente specializzata di sostegno, facendo due altri tirocini presso le scuole e superando i seguenti esami corredati da laboratori, con votazione in trentesimi:

1)      PEDAGOGIA GENERALE (20 ore)
2)      PEDAGOGIA SPECIALE (20 ore), più i seguenti laboratori ad essa afferenti:
a.       Progettazione individualizzata (10 ore)
b.       Problemi dell’orientamento e della valutazione (10 ore)
3)      DIDATTICA SPECIALE (20 ore) , più i seguenti laboratori ad essa afferenti:
a.       Linguaggi non verbali (15 ore)
b.       Linguaggio logico/matematico (15 ore)
c.       Psicolinguistica (15 ore)
d.       Tecniche di apprendimento cooperativo (15 ore)
e.       Tecnologie dell’istruzione (10 ore)
4)      PSICOLOGIA CLINICA (20 ore) , più i seguenti laboratori ad essa afferenti:
a.       Sensibilizzazione alle dinamiche di gruppo (15 ore)
b.       Tecnica del colloquio (10 ore)
5)      NEUROPSICHIATRIA INFANTILE (40 ore), più i seguenti laboratori ad essa afferenti:
a.       Tecniche dell’osservazione (15 ore)
b.       Minorazioni uditive e visive (10 ore)
6)      PSICOPATOLOGIA DELL’ETA’ EVOLUTIVA (20 ore)
a.       Disturbi dell’apprendimento (10 ore)
b.       Disturbi di lettura e scrittura (10 ore)
Alla fine del percorso, ho sostenuto un esame finale, con discussione della tesi relativa ai due tirocini e al portaolio creato in base a una tematica scelta.

Lei ritiene veramente che tutto questo iter sia riconducibile a un’abilitazione senza valore concorsuale? Non nota l’affinità tra le prove del suo concorso e quelle dell’Esame di Stato da noi superato? Non pensa che ci siamo meritati di entrare di ruolo come tutti coloro che, avendo frequentato la SSIS, hanno avuto la fortuna di appartenere a classi di concorso con graduatorie meno affollate e sono già stabilizzati senza necessità di dimostrare per l’n-esima volta le loro competenze, capacità e conoscenze?

Pertanto, alla luce di tutto ciò, le chiedo di aspettare che le graduatorie di ogni classe di concorso siano VERAMENTE esaurite, prima di bandire un concorso per la suddetta.
Questo velocizzerebbe l’eliminazione del precariato (che entrerebbe di ruolo al doppio della velocità di quella da lei prevista con il doppio canale), la stabilizzazione che lei tanto ricerca, e la prosecuzione con il nuovo sistema di reclutamento, lodevole in quanto pone termine al precariato.

Cordialmente,

Mattea Rolfo (Specializzata SSIS Piemonte tuttora precaria e inserita in Graduatoria a Esaurimento, classe di concorso A017, abilitazione sul sostegno AD03)"

Il bando è uscito lo stesso, è uscito per classi di concorso in cui non solo le Graduatorie a esaurimento non erano esaurite, ma pure le Graduatorie di merito del concorso del 99 erano ancora in piedi. Si prospetta, in questo ultimo caso, l'eliminazione delle vecchie Graduatorie di merito. E chi l'ha detto? All'epoca si era promesso il ruolo a chi avesse passato il concorso. C'è gente che aspetta dal 99 e il Governo che fa? Li cancella, perchè ha da fare il suo nuovo concorso! A che fine? Non si capisce proprio, probabilmente per farsi bello davanti alle miriadi di persone che nulla sanno del perverso meccanismo della scuola (e non è difficile non saperne nulla).
Ora ci hanno promesso che le graduatorie ad esaurimento rimarranno in piedi, "semplicemente" con un rallentamento del ritmo di immissioni in ruolo, ma chi ci crede più? E anche se così fosse, perchè per risolvere il precariato il Ministero dovrebbe assumere altre persone se non quelle che sono già in Graduatoria e lavorano da anni, come precarie grazie alle politiche dissennate dei vari Governi che si sono succeduti?

Alla luce di tutto questo,

NON FARO' IL CONCORSO.

PIUTTOSTO FARO' UN BEL RICORSO.

E magari nella prossima vita farò l'astronauta....forse studierò meno!

PS Si accettano nei commenti racconti di vita vissuta di altri SSISSIni, che saranno probabilmente incasinati come e quanto il mio!

lunedì 24 settembre 2012

Accenti migranti

Il mio accento ha subito variazioni piuttosto particolari nel corso della vita.
All'inizio non c'era alcun dubbio, avevo un accento piemontese che buttava per terra. A scuola, quando c'era da leggere qualche brano, oppure da declamare qualcosa in pubblico, iniziavo a sentirmi sempre più piemontese, sempre più paonazza di vergogna, sempre più imbarazzata, e quando giungeva il momento, ero così piemontese, ma così piemontese che tutti mi prendevano in giro, pur vivendo in Piemonte.
Questo disagio accentuato mi ha seguita per anni e anni.
Il bello è che non avevo la più pallida idea su come togliermelo di dosso: non capivo che fare.
Dicevo: "Chè bééééllòòòòòò!" e tutti ridevano, e io non sapevo che nell'alfabeto italiano le vocali fossero sette e non cinque. Ne sapevo solo cinque e le dicevo così come mi veniva, e mi veniva piemontesissimo!

Poi mi sono trasferita in Francia, dove parlavo un ottimo francese con ovvio accento italiano. Lì mi deridevano tutti per l'accento italiano, non sapendo che, in verità, non era italiano ma piemontese. Solo io lo sapevo, ma ero confortata dal fatto che nessuno lo capisse. E' un po' come se un italiano andasse a dire a un francese marsigliese che parla in italiano che ha l'accento marsigliese: non si dice, si dice che ha un accento francese e basta. Che meraviglioso cambio di prospettiva, che ampliamento degli orizzonti è stato per me!

Quando sono tornata dopo vari anni in Italia, e non in un'Italia qualunque, ma in Piemonte, e non in un Piemonte qualunque, ma a Cuneo, mi sono seduta in un dehors di una pizzeria e mi sono resa conto di essere circondata da gente con un accento piemontese devastante. Non li sopportavo nemmeno, mi disturbavano l'orecchio.
Intanto i cunesi hanno iniziato a prendermi per russa, rumena, francese, e hanno smesso di dirmi che avevo l'accento piemontese.

Poi sono finita a lavorare Genova, ma accento genovese niente. Manco un belin belan piccolo piccolo sparso per le frasi.
Purtroppo, dopo un trasferimento a Cuneo, ho lavorato un po' a fianco di un piemontese d.o.c., e mi sono resa conto di essere spacciata. I primi giorni mi veniva il mal d'orecchie al sol sentirlo, dopo una settimana mi pareva parlasse un italiano lavato in Arno. Voleva dire che ero riregredita alla situazione iniziale in una sola settimana.

La gente, però, non mi diceva più "che accento piemontese che hai!". Forse era per educazione, forse perchè non interagivo più prevalentemente con adolescenti che risaputamente hanno l'hobby di fare delle tue debolezze un perno su cui roteare vorticosamente conficcandotele nel cuore come un vampiro farebbe con un paletto di frassino.

Poi, sono finita a Torino, dove non si trova un piemontese manco a piangere, e credevo che il mio accento si fosse stabilizzato. Lavorando nella scuola, dove il 99% della gente viene da sotto Napoli, pensavo che tornassi ad essere indicata per una piemontesona.

Invece no.

All'inizio erano tutti convinti che fossi veneta.

Gradualmente, complice anche un compagno metà tedesco e metà romano con l'optional della zeppola, mi è venuta una strana C, simile a una Z.

Adesso tutti mi prendono per emiliana.

Tutto questo può anche essere accettabile, è arrivato gradualmente, può andar bene.
Ma il colpo di grazia mi è arrivato da Alessandra: mi ha fatto notare che in ogni parola terminante per N in realtà pronuncio NG. Da ciò, scaturiscono paroline carine, come: "couponG di GrouponG, Bob DylanG, Alberto PianG" ecc ecc.
Mi piacerebbe capire da cosa sorga questa strana NG:
Piemontesi, che mi dite, sarà tipica della nostra pronuncia?
Francesi, che mi dite, sarà tipica della vostra pronuncia?
Ma soprattutto, Alessandra, che mi dici, ti impiccerai troppo o sarai un'acuta osservatrice?