LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

venerdì 27 settembre 2013

A che punto siamo arrivati

Una volta esisteva l'uomo ma non esisteva mica il lavoro.
Si viveva anche senza lavorare.
Com'è che è nato il lavoro?
Quando studiavo qualche materia tipo sociologia o psicologia, pochi anni fa, ad un certo punto ho letto qualcosa che suonava così: l'uomo non sapeva che fare, si annoiava, quindi si è inventato il lavoro. Ma dico io, con tutto quello che aveva da fare, tipo proteggersi dal freddo, procacciarsi cibo, decorarsi le abitazioni, decorarsi il corpo, mangiare, bere, copulare, ha trovato il tempo di annoiarsi e per questo è andato a fare sempre lo stesso lavoro in cambio di denaro per comprare ciò che si procurava da solo prima? Non era più vario prima? Non è più noioso il lavoro?
A parte ciò, teniamo fisso il fatto che l'uomo si sia procurato il lavoro per rendere la propria vita più interessante. Non facciamo troppa polemica su ciò.
Ora, pensiamo a cos'è diventato il lavoro oggi.
Se il lavoro doveva essere un passatempo, mi pare che la sua concezione si sia un po' distorta.
Forse ciò è dovuto all'arrivo del Dio Denaro, accompagnato dal Dio Potere.
Non so se sia nato prima il denaro o prima il lavoro. Mi sa che è un po' una storia come quella dell'uovo e della gallina. Ma anche questo lo accantonerei.
Metterei l'accento sul fatto che da passatempo il lavoro sia diventato per molti la ragione unica o perlomeno prima di vita.
E per quelli che non vorrebbero metterlo al primo posto, ci pensa la società.
Stai lavorando in un'azienda vicino a casa? Te la spostano in Papua Nuova Guinea. Vuoi lavorarci ancora? Vai anche tu in Papua Nuova Guinea.
Fai un concorso? Lo vinci? Puoi scegliere tra tutte le alternative offerte? Ebbene, le alternative sono Papua Nuova Guinea o Burundi. A te la scelta, fortunato vincitore.
Il fatto ancora più grottesco è che una volta questi accadimenti avevano luogo quando magari avevi 20 anni, facciamo anche tra i 20 e i 30. Eri fresco, eri solo, la tua vita era tutta da plasmare, avevi entusiasmo e saresti andato in capo al mondo. Adesso, con la bamboccionaggine e la crisi che avanzano (anche qui si ripropone imperiosa la questione dell'uovo e della gallina), inizi a lavorare intorno ai 30 anni, fai lo stagista e il precario fino ai 40, poi magari ti trovi un compagno di vita (anche questo è difficile ormai), forse intorno ai 45 ci fai un figlio ricorrendo all'inseminazione artificiale, perchè, chissà come mai, a 45 anni i figli non escono più tanto nè tanto bene (per fortuna la sottoscritta ha lavoro in arrivo), e a 50 anni, zacchete: l'azienda si trasferisce in Papua Nuova Guinea. Se non ti licenzi ci vai subito, se ti licenzi fai un concorso alla tua veneranda età e non lo vinci, ma se lo vinci potrai scegliere tra la Papua Nuova Guinea e il Burundi.
E allora ecco lì che il passatempo diventa la tua principale occupazione e pre-occupazione.
Ecco lì che, volente o nolente, ti sei incastrato da solo e ora te ne vai in Papua Nuova Guinea, lasciando il tuo consorte a casa a fare un altro lavoro per cui forse lo spediranno in Vietnam o in Romania, e il tuo figlio disabile nelle mani di innumerevoli insegnanti di sostegno precari a rotazione, che lo rovineranno, volenti o nolenti, più di quanto non l'abbiate già rovinato tu e la tua consorte quando avete deciso di ejettarlo in questo mondo quando ormai non eravate più freschi come rose e nemmeno come meloni di fine stagione nel reparto occasioni del supermercato. E così, senza entusiasmo, con la vita bell'e che plasmata, senza alcuna voglia di farlo, ti dovrai trasferire in capo al mondo, lontano da tutto quello che avevi faticosamente costruito fino a quel momento.
Si ritorna al fatto che è proprio vero, gli uomini non hanno capito un cavolo di quello che è meglio per loro (le donne nemmeno) e diventano schiavi dei propri desideri distorti realizzati.
Si potesse fare un bell'erase rewind, si potrebbe eliminare il lavoro dalla faccia della terra. Con il lavoro verrebbe meno anche questa società fondata sul lavoro, perchè voglio vedere come si fa a costruire qualcosa in assenza delle fondamenta (o forse l'ho visto?).
Poi bisognerebbe farsi venire un'idea migliore di quella appena fatta fuori, ché tanto ci vuole ben poco.

mercoledì 25 settembre 2013

Cartine di tornasole solo per blogger veri

L'essere umano non è sempre in grado di capire qual è il suo grado di benessere o malessere.
Spesso non capiamo cosa sia meglio per noi manco impegnandoci.
Se un genio ci esaudisse davvero un po' di desideri, saremmo in grado di peggiorare la nostra situazione, pensando di migliorarla.
Ed è qui che scatta l'utilità di essere un blogger.
Il blogger, quello che è blogger dentro, non quello occasionale, quando è in forma scrive.
Quando gli vengono dei bei post, per quanto la sua vita gli sembri incasinata, faticosa, degenere, vuol dire che è in forma.
Ed ecco che il blogger ha una cartina tornasole per vedere come sta: basta che dia una lettura ai post dell'ultimo mese per capire com'è stato nell'ultimo mese, nell'ultimo anno per capire com'è stato nell'ultimo anno e avanti così.
Ecco, se nell'ultimo mese il blogger vede che ha fatto solo post obbro
briosi, o, ancor meglio, che non ne ha fatti, per quanto la sua vita possa sembrare ordinata, facile e sistemata, vuol dire che c'è qualcosa che non quadra.
O che non è un vero blogger.
O tutti e due.

sabato 21 settembre 2013

RiPercorsi

Quando uno fa un percorso preciso, tutti i giorni o quasi, uscendo sempre alla stessa ora, che sia a piedi, in bici, in macchina (in macchina un po' meno), gli capita un fenomeno di sincronismo societario che ha dell'impressionante. Incontrerà quasi sempre quasi nello stesso punto quasi le stesse persone che faranno quasi le stesse cose.
Il bello è che, anche se non ci si conosce, ci si riconosce.
Anche se non si socializza, si adottano comportamenti interattivi.
Per esempio, se si è tutti e due in bici e ci si incontra su una pista ciclabile su cui uno deve girare a sinistra e uno a destra, la prima volta si rischia di scontrarsi, poi ci si organizza e si prendono direzioni sincronizzate. 
Si gira l'angolo ed eccoci superare la stessa ragazza con i capell icorti che si supera tutti i giorni in quella curva.
Si arriva davanti a un mercato ed ecco lo stesso vecchietto che ci chiede tutte le mattine se il mercato "va lungo" in là, e noi rispondiamo, come tutte le mattine, che ci pare di sì, ma non abbiamo mai verificato. Magari un giorno gli si potrebbe chiedere di controllare e di dircelo il giorno dopo, per evitare l'effetto "giorno della marmotta".
Poi si entra in un posto chiuso, dove si vedono sempre le stesse persone.
Ma quelle ci conoscono, oltre a riconoscerci.
Sono i nostri colleghi.
E il nostro capo.
E anche cambiando percorso, loro sono sempre con noi.
Come lui.

giovedì 19 settembre 2013

Fidarsi


Nella vita si può scegliere di starsene tranquilli o di angosciarsi.
Chi se ne sta tranquillo lo deve fare per forza come professione di fede, c'è poco da fare. Ne succedono di talmente tanti colori che ci vuole poco ad angosciarsi, e anche a ragione. Ma angosciarsi fa male alla salute, e porta anche sfiga. Invece stare tranquilli fa star meglio, e a volte porta bene. Non sempre, però.
Allora si rientra in una casistica molto simile a quella della famosa scommessa di Pascal.
  • Se mi fido del genere umano e non scopro che il genere umano di cui mi sono fidato ha approfittato della mia fiducia e mi ha turlupinato malamente, vivo in pace e muoio in pace, a prescindere dalla verità. Che poi la verità possa essere diversa è relativamente importante, se arrivo alla morte senza mai scoprirlo. Ciò, anche nel caso in cui sia una persona che mette la verità al primo posto.
  • Se mi fido del genere umano e a un certo punto della vita scopro che ho fatto male a fidarmi, da quel momento in poi mi verrà un certo qual rancore non solo nei confronti dell'umanità, ma soprattutto nei miei, capendo che sono un ingenuo che si è fatto turlupinare malamente. Bisognerebbe valutare il peso relativo del rancore e della tranquillità provata a fidarsi fino al momento della dura realtà. Il bilancio dipende anche molto dal momento in cui avviene la scoperta, anche se il peso di un minuto di rancore potrebbe essere più provante della leggerezza di una vita quasi intera nell'inconsapevole e stolta felicità.
  • Se non mi fido del genere umano e a un certo punto scopro che avevo ragione a non fidarmi, il rancore verso il genera umano sarà soppesato dalla consapevolezza di aver fatto bene a non fidarmi. In tal caso, posso sempre scegliere di eremitizzarmi in cima a un monte, con una persona di cui ci mi posso fidare: me stesso.
  • Se non mi fido del genere umano e fino alla morte non scopro motivi per cui non avrei dovuto fidarmi, vivo una vita di sospetto e probabilmente morirò presto di gastrite acuta. In questo caso non mi è convenuto molto, ma posso sempre consolarmi pensando che non è perchè non ho scoperto motivi di non fiducia che non ne esistano realmente.
Insomma, in conclusione, fidarsi è bene (soprattutto se si è così ingenui da non scoprire motivi per cambiare idea), ma non fidarsi è meglio. Ci si azzecca di più e più spesso.


Detto ciò, buona gastrite a tutti. 

martedì 3 settembre 2013

Anacronismi

Uno dice no, non è possibile, siamo nell'era di internet, non è possibile una cosa così. Poi, però, se ci pensa bene, può anche dirsi che una cosa così è unica al mondo, nell'era di internet, che è una cosa talmente assurda che sarà bello raccontarla ai nipotini. Poi uno si dice anche che i nipotini, se vivranno in Italia, potranno viverla in prima persona, anche se nasceranno chissà quando, anche se noi saremo già morti e non potremo raccontarla.
Una cosa così, in italia, se dura ancora oggi, durerà finchè il mondo non sprofonderà inghiottito da un buco nero, e con lui l'Italia.
La cosa così sono le nomine dei professori nelle scuole.
Che si tratti di ruolo o di tempo determinato, le nomine, in italia, nell'era di internet, sono più o meno come avrebbero potuto esserlo nel Medioevo.
Ci si trova tutti in uno stanzone enorme, e su un pulpito ci sono quattro sgallettati, se va bene con un microfono, se va male senza microfono, se va malissimo senza microfono e senza voce.
I quattro sgallettati, se va da dio hanno un pc e un proiettore, se va bene hanno solo un pc, se no hanno un papiro. Già, perchè Medioevo? Forse addirittura nella civiltà egizia sarebbe stato possibile effettuare nomine di questo tipo.
Davanti ai quattro sgallettati si accalca una moltitudine sudaticcia e fremente, parlottante, scribacchiante, telefonante (quest'ultima cosa nel Medioevo no, non c'era, nell'antico Egitto neppure, e questo fa del Medioevo e dell'antico Egitto civiltà più progredite della nostra). 
Uno degli sgallettati proclama a gran voce il nome del primo in graduatoria, che si avvia incespicando verso il pulpito, quindi bofonchia e consulta, consulta e bofonchia, finchè lo sgallettato grida a gran voce il nome della cattedra scelta. La folla, a questo punto, inizia a cancellare, svenire, sfogliare, esclamare, aumentare la sudorazione. Poi viene chiamata la seconda persona. Seconda cattedra scelta. Avanti così fino all'ultimo della lista, che andrà a "scegliere" una cattedra verso mezzanotte, a qualsiasi ora si siano iniziate le nomine, strisciando sulle ginocchia, incapace di intendere e di volere, e finirà a insegnare a circa cinque ore di viaggio da casa sua.
Se i vecchietti curiosi, abbandonati i cantieri a favore delle nomine, sono fortunati, si assiste anche a episodi di risse e interventi della polizia.
Giornalisti con le telecamere e sindacalisti a lingua sguainata si aggirano tra la folla, aumentando lo scompiglio.
Tutto questo accade ogni fine estate, ogni anno, in Italia, in un'era in cui basterebbe starsene tutti a casa, a cliccare su una tastiera.
Ma sarebbe troppo civile.
Troppo poco italiano.
Troppo poco da raccontare.
Godiamoci quest'Italia così pittoresca da raccontare, e per una volta divertiamoci un po'.