LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

lunedì 28 novembre 2016

Attese


Uno esce senza cellulare ed è talmente rintronato che se ne accorge quando ormai è troppo tardi anche per tornare indietro con la bava alla bocca, schiumante per reazione all'assenza del beneamato.

Passa tutta la giornata senza sapere se qualcuno gli ha scritto su wa, cosa succede sulle bacheche di fb, se ha ricevuto email, quanti hanno acceduto al suo blog, quanti like ha il post, senza ricevere telefonate né poterle fare a meno di non trovare una cabina telefonica, non potendo fare ricerche immediate su Google.

Insomma, senza cellulare, uno deve sottomettersi al principio di realtà anziché a quello di piacere, dato che avere tutto nel proprio smartphone fa sì che il principio di piacere, in qualche senso, diventi realtà.

Quando sta tornando a casa, gli viene un'emozione remota, quell'emozione che si poteva provare solo nell'attesa di qualcosa, quando ancora ci si metteva trepidanti davanti alla buca delle lettere e si potevano ricevere, appunto, lettere. Manoscritte. Una roba che uno la scriveva e l'altro la riceveva dopo una settimana. Robe antidiluviane.
Si è potuta provare un'emozione simile quando c'era la connessione con il modem, ci si connetteva una volta al giorno e ci si diceva "chissà se ho ricevuto una mail".

Quando dimentichi il cellulare a casa è così.

Torni trepidante e ti chiedi cosa sia successo là dentro.

Lo guardi.

Non è successo niente.

Esattamente come nel 1990, quando in buca delle lettere trovavi solo bollette.

Esattamente come nel 1999, quando nella mail c'era solo spam.

Però, almeno, hai sperimentato di nuovo l'attesa di lunga durata senza controllo alcuno e la relativa delusione.
Emozioni di altri tempi.

domenica 27 novembre 2016

Arricchimenti



Nella vita tutto arricchisce, anche le esperienze negative, quelle faticose, addirittura quelle depauperanti.

Ma come fanno le esperienze depauperanti ad arricchire?
Non è un ossimoro in termini?

No, perché ogni arricchimento ha un prezzo.
Ogni cosa che si decide, prova, subisce, fa costa fatica, più o meno sentita, più o meno pronunciata.
E se l'arricchimento è minore del dispendio? Beh, se ne esce estenuati, anche se arricchiti e impoveriti al tempo stesso.
Sarebbe bello riuscire ad arricchirsi di più di quanto non ci si estenui per farlo.
Ci si può mettere lì a priori, a tavolino, e fare due conti, prevedere, tirare giù un budget, un bel conto economico previsionale.
Poi si vive e si scopre che è tutto diverso.
Se si è deciso di fare qualcosa, magari è dispendiosissimo.
Se si è deciso di non farla, magari ci si pente per mezza vita.
Si scopre che si è previsto malissimo il dispendio, per non parlare dell'arricchimento, la cui misura si capisce nell'anno n+45, se va bene. Se va male, mai. Anno n+. 
L'analisi degli scostamenti è sempre parecchio scostata.
I modelli economici franano davanti al tutto che arricchimpoverisce.

E' la vita.

Bisogna tenersela così, senza paragoni con le precedenti, senza migliorie in quelle future. Che non esistono.

Bisogna tenersela così, nascendo senza esperienza, morendo senza assuefazione.
Ma comunque arricchiti.
Tutto humus.

venerdì 25 novembre 2016

Sogni proibiti

Ho sempre sognato di ingerire un cactus tondo spinosissimo da 17,99 € nel reparto piante di Ikea.

Purtroppo è proibito.


Sul cartellino:
OFFERTA, PIANTA VERDE
Pianta: pianta da vaso coltivata
Vaso: plastica propilenica
Funzioni: funzione puramente decorativa, non ingerire. 

martedì 22 novembre 2016

Tutte scuse

Quando qualcuno che ami ti dice
che
si comporta male con te
o è sfuggente con te
o non può stare con te
ma ci tiene,
o addirittura ti ama,

però

è traumatizzato dalla famiglia
è traumatizzato dalla vita
è uno stronzo professionista
non ha capito bene da che parte sta girato
è traumatizzato dalla ex
è traumatizzato dalla fidanzata
è traumatizzato dalla moglie
è traumatizzato dal/la figlio/a
non vuole traumatizzare il/la figlio/a
è confuso
è combattuto
è in lutto
gli è morto il gatto
gli è morto il cane
gli è morto il pesce rosso
gli è morto il licaone d'appartamento
tu sei troppo per lui/lei
c'è il lavoro
c'è la distanza
c'è la nonna moribonda,

ricorda:

sono tutte scuse.

E allora,
se qualcuno ti si presenta dicendo una di queste cose
colpiscilo con tutta la forza che hai sulla fronte
col palmo aperto della mano
urlando SUCA!


Non ci riesci?
Ci stai male lo stesso?
Non ti dimentichi l'individuo?
Non riesci a merdificarlo in nessun modo?
Non puoi?
Non vuoi?
Non puoi E non vuoi?

Allora
mettiti davanti a uno specchio,
colpisci la TUA fronte nello specchio
col palmo aperto della mano
urlando SUCA!

Se spacchi lo specchio
avrai sette anni di guai.

Se ti spacchi la mano
tre mesi di gesso.

In ogni caso,
ti distrarrai.

venerdì 18 novembre 2016

Indovina chi



la 
lontananza
sai
è come 
il 
vento
spegne 
i fuochi
piccoli
ma
accende
quelli
grandi








giovedì 17 novembre 2016

Perdite

Quando si perde un pezzo importante, tipo un braccio, o una gamba, o una fetta di pancia, ma non così importante da morirne, cosa che forse ci si auspicherebbe, capitano delle cose, tipo che ci si ritrova una parte di carne e ossa segate e muscoli strappati e vene mozzate esposti a ogni agente esterno, atmosferico, patogeno, dolorogeno.

Il fatto è che, quando il pezzo si è perso, quella parte lì deve rimarginarsi.

Quando si sarà rimarginata si rimarrà comunque senza quel pezzo, braccio, gamba, fetta di pancia che sia.

Ma ci si abituerà. Ci si abitua a tutto. Si imparerà a vicariare.

Certo, si sta meglio con tutti i pezzi, è ovvio, ma se non si può non si può.
Se si è infilata inavvertitamente una gamba in un mietitrebbia e ci è stata smaciullata, ormai non c'è reversibilità.

Il brutto, però, è che, mentre si aspetta la rimarginazione, ci si potrebbe prendere una di quelle infezioni che partono dalla vena penzolante dal pezzo squarciato e arrivano, infide infide, fino al cuore, avvelenandoci e putrefacendoci tutto il corpo.
E, alla fin fine, ammazzandoci.

Può succedere, si è esposti.

E quel tempo di rimarginazione è lungo.
Lunghissimo.
Rallenta.
Rallenta oltremodo.
E' come quando si ha il raffreddore e per quante medicine si prendano quello deve sfogarsi.
E ci mette tempo.
Tanto tempo.

Con gamba/braccio/pancia mozzato/a è ben peggio di un raffreddore.

Fastidio simile, elevazione all'n-esima potenza.

Si possono mettere pomate acceleranti, mercuricromi, disinfettanti, assumere antibiotici, fare riti vodoo, meditazioni, stregonerie, ma il tempo ci vuole lo stesso.
Un tempo dilatato.
Un tempo apparentemente eterno.
Un tempo stronzo.

martedì 15 novembre 2016

Stronzo con elevamento

Ci sono comportamenti oggettivamente stronzi, altri soggettivamente stronzi, altri oggettivamente e soggettivamente stronzi.
Il loro artefice, però, non può prescindere dal destinatario per considerare l'intensità di stronzaggine.

C'è una parola, empatia, che deve rientrare nel computo dell'intensità di stronzaggine inflitta.

La stessa azione, con stronzaggine costante, può avere un risultato finale ben diverso a seconda del destinatario.

Se si tira una camionata di mattoni su un elefante, gli si dà un po' noia, ma non è che l'azione gli sconvolga la vita.
Se si fa la stessa cosa su una formica, basterebbe un mattone per ammazzarla. Una camionata, in questo caso, è come usare una fiamma ossidrica per accendersi una sigaretta. O bruciarci una formica, quando anche una lente potrebbe avere lo stesso devastante effetto sull'insetto in questione.
Se tiri camionate di mattoni sulle formiche,
sappi che sei veramente uno stronzo elevato allo stronzo,
che potresti essere uno stronzo sotto radice quadrata tirandole sugli elefanti,
o anche uno stronzo semplice tirandole sugli esseri umani come te.

No, non è detto che qualche altro stronzo, poi, ti tiri una camionata di mattoni addosso.

La legge del contrapasso esiste solo negli scritti di Dante e di qualche altro fantasioso.

Nella vita non c'è nessuna legge, puoi essere stronzo quanto ti pare ed uscirne indenne.

Però,
almeno,
sappi di esserlo.

DEDICATO A JACOPO

lunedì 14 novembre 2016

Caduta castagne da molto in alto


E' capitato che abbia visto il cartello suddetto in una zona di questo corso in cui ci sono copiosi ippocastani,
è capitato anche che abbia riflettuto sulle conseguenze della presenza di parcheggi proprio sotto i suddetto ippocastani,
ma non mi era ancora capitato di trovare il cartello in una zona totalmente deippocastanizzata.

Si vede che il solito dio beffardo in autunno si diverte a lanciare castagne direttamente dal cielo,
di già che non ci ha fatto danni sufficientemente divertenti.

sabato 12 novembre 2016

Let's care about...

Ok, guardate bene quest'immagine.
Cosa vi suscita?
Quali sentimenti, impressioni, reazioni?
Quali parole vi vengono in mente osservandola?

Ieri si utilizzava il termine goliardico con gente d'oltralpe, e vai a spiegare come si dice "goliardico" in francese. Abbiamo guardato su internet, e la pagine più soddisfacente diceva che la traduzione di "goliardico" è "goliardico".
Siccome è risaputo quanto i francesi siano ferrati nelle lingue straniere, soprattutto l'inglese, che pronunciano con somma maestria, abbiamo guardato su wordreference, e alla fine è uscito che goliardico si dice CAREFREE.

Quanto ci sia di goliardico in un salvaslip, solo noi donne lo sappiamo.

mercoledì 9 novembre 2016

Tutto precipita, prima o poi


Ho già parlato di nuoto e piscina, ma ogni tanto faccio nuovi post perché quando si è in piscina è incredibile, ci si ammorba talmente tanto che non si fa altro che pensare a quando finirà la nuotata, e intanto si nuota e si nuota, e poi vengono anche dei post in mente, ma nella noia folle sono fagocitati insieme a cerotti sputi pipì abusive che si mescolano al cloro e finiscono in bocca ai nuotatori quando fanno una respirazione sbagliata o hanno la fortuna di aprire bocca proprio quando qualche compagno di corsia alza creste d'acqua nell'apposita direzione.
Quando uno è lì che nuota, non vede quindi l'ora che sia finita.
Le prima vasche sono faticosissime, perché si è freddi.
Poi, se si arriva all'apertura della piscina, le altre diventano faticose per l'affollamento, però si è un po' più caldi e si nuota già un po' meglio.
Il fatto è che, pure in piscina, con il passare del tempo, il tempo passa più rapidamente.
Come dice Carofiglio, purtroppo abbastanza a ragione, della vita.
E così, ad un certo punto, nel bel mezzo della nuotata, la noia rimane sempre, certo, ma si accompagna a sensazioni di smarrimento. Quando il turbinio dei vicini di corsia è talmente turbinoso che non ci si sente più in una pozza d'acqua bene o male stagnante, ma si levano le onde, si ha l'impressione di essere in un mare in burrasca, e anche le piastrelle spariscono, e diventano un fondale poco ospitale, su cui nuotare come volando ma molto più oppressi dal fluido, sbattuti dal vento che in realtà sono le manate dei vicini.
Si perde l'orizzonte.
Si perde il senso di dove si è.
In questo turbinio,
la noia viene un po' meno,
le vasche si contano inavvertitamente,
presto ci si ritrova a 50, 60, quelle che si volevano fare,
perché tutto finisce,
anche le vasche da fare,
tutto precipita,
tutto collassa,
prima o poi,
in un punto.
G

sabato 5 novembre 2016

Il dio triste e lanciatore. Di mezze mele.


Ho già parlato di mele, metà delle mele, spicchi di mela.

Presupponiamo, anche se non lo ammettiamo, che si nasca mele a metà.
E che al mondo ci siano altre mele a metà bene o male combinabili con noi, e poi esista quella famosa metà della nostra mela.

Certo che un dio che si diverte a dimezzare mele e lanciarle sul mondo con ampi gesti delle braccia tipo seminatore per spargerle ovunque, torsolo e tutto, è proprio un dio triste e inutile, anzi, dannoso, perché poi valla a trovare l'altra metà della tua mela.

Come diavolo si fa?

E' molto peggio che cercare un ago in un pagliaio.

E mentre cerchi la metà della tua mela, sei una ferita aperta vivente. Hai tutta quella superficie inerme esposta a intemperie, attacchi, usura del tempo, ossidazione, frizioni con altre mele sbagliate nel tentativo di capire se per caso erano giuste, ché poi, con il tempo, uno si scoccia di essere metà, e allora inizia a fare cose assurde, a cercare di far combaciare superfici che palesemente non combaciano, a mettere cubetti nei buchi tondi, abbrutito come solo la metà mela all'aria può essere, livido della tua stessa attesa.

Alla fine decidi che combaci perfettamente con un ananas, o con un copertone di pneumatico , o con una bistecca cruda frollata, e che sono loro la metà della mela. Certo, al confronto un bimbo che si ostina a infilare il cubetto nel cerchietto è un principiante.

Mentre sei lì che ti affatichi ad autoconvincerti che l'ananas o lo pneumatico o la bistecca siano in realtà non solo metà mele, ma proprio quella metà della tua mela, mentre sei lì che non ti guardi manco più allo specchio per evitare di vederti sputare riflessa addosso la verità che ti neghi, ti capita che, in un un accesso di lucidità, riconosci ineluttabilmente la tua metà della mela. La vedi, ha un'ossidazione vecchia e livida come la tua, ha quella buccia nera lungo il taglio, un po' usurata come i bordi delle pagine dei libri letti tanto da una persona sola o una volta sola da tante persone, ha quel sapore agro che solo la tua polpa ha; ne senti appena l'odore e già lo sai.

Puoi girarti di schiena, metterti in castigo in uno spigolo di un angolo di muro, far finta di niente, tenerti il tuo ananas pneumatico bistecca.
Magari ti è andata quasi bene, sei una metà Bardsey che si è appiccicata a ventosa contro una metà Red delicious, e stai lì da talmente tanto tempo che ormai i vostri succhi si sono confusi e formarne uno nuovo, con un sapore Bardsey delicious.

Però puoi anche dirti cavolo quella è l'unica metà della mia mela, non mi capiterà mai più, è un culo pazzesco che sia nei pressi, magari lo sarà solo qui ed ora, e puoi correre verso di lei, e puoi provare a vedere se veramente combaciate, ma se stai correndo già lo sai che combaciate. Però tu sai di ananas pneumatico bistecca mela Red  delicious, hei le tue scalfitture, e lei ha le sue, magari sa di qualcos'altro pure lei, magari di panettone legno di pino pollo tandoori e se lei sapesse solo di Bardsey, rimarrebbe sempre il tuo sapore di ananas pneumatico bistecca, o anche solo di Bardsey delicious, che, se rimaneste un po' lì,  i residui di delicious andrebbero forse via, si ricreerebbe una Bardsey completa, un po' ammaccata all'interno, cucita come la ferita del capitano Achab, ma comunque, se si nasce metà, per forza ci si deve riassemblare prima o poi, e ogni unione successiva
è una cicatrice
da curare
da proteggere.

Per non avere cicatrici bisognerebbe nascere interi,
già uniti fin dall'inizio
senza peraltro essere né fratelli né gemelli,
fregare un dio beffardo
e vendicativo
che della sua tristezza personale
fa la tristezza del mondo intero.

giovedì 3 novembre 2016

Fuck you, prof!


Dicono che i prof siano la categoria più a rischio di malattie psicologiche, insieme ai giuristi.
Poi ci sono anche i giuristi prof, un'intersezione fatale di due insiemi a rischio.
Mi concentrerei su quella dei prof, dato che di giuristi non ho esperienza diretta ma solo indiretta.

Dicono che i prof abbiano problemi psicologici legati più che agli alunni, ai colleghi e alle relazioni con loro.
Beh, ci credo, relazionarsi con gente con problemi psicologici avendo problemi psicologici non è facile.
Ma poi, i problemi psicologici non vengono proprio dalle relazioni con i colleghi?
E' un po' un quiz senza risposta come quello che pone il dubbio se sia nato prima l'uovo o la gallina.
E' nato prima il problema psicologico o la relazione con il collega che procura problemi psicologici?
Ma poi, diranno quelli dei luoghi comuni, è ovvio che gli insegnanti hanno problemi psicologici, il problema psicologico è la malattia del benessere,i prof non fanno mai un tubo, fanno 18 ore a settimana, hanno 3 mesi di ferie, andassero a lavorare in miniera vedi che si riprenderebbero perché avrebbero altro a cui pensare.
Ma qui si pone un altro quiz senza risposta come quello che pone il dubbio se sia nato prima l'uovo o la gallina.
E' veramente vero che i prof non hanno un tubo da fare, oppure ci sono prof che non fanno un tubo per ritagliarsi il tempo per gestire relazioni malate con colleghi malati in base a esigenze derivanti dal loro essere persone con problemi psicologici?
Non è che forse, se i prof facessero il loro lavoro per bene (le diciotto ore sono in classe, poi ci sono riunioni, lezioni da preparare, compiti da predisporre e correggere, a volte fino a trecento al mese, ecc ecc) non avrebbero più tutto sto tempo di gestire le loro relazioni malate e di manifestare i propri problemi psicologici in tutto il loro splendore?
Sono domande, appunto, senza risposta.
Nel dubbio, non fate i prof.
E tenete i vostri figli lontani dai prof.
Come, non si può?
Ecco perché l'Italia va a rotoli.

mercoledì 2 novembre 2016

Safari casalinghi

Quando sei innamorato di qualcuno lo scruti in ogni suo minimo gesto, ne analizzi ogni millimetro: lineamenti, increspature della bocca, espressioni, corrucci. Ricordi ogni cosa venga detta.
Nella mente si forma un database incrollabile e perfettamente organizzato, che spesso oscura tutto il resto, a volte a un punto tale da causare imbambolamento e apparente demenza galoppante agli occhi di chiunque non sia la persona amata.
Se all'amato venisse mai l'idea di lasciare le chiavi di casa sua all'amante, ci sarebbero subito serie di conseguenze inevitabili o quasi.
L'amante si illuminerebbe d'immenso, sentendosi accolto nell'antro dell'amato, accettato e inglobato nella sua vita privata, la qual cosa potrebbe indurlo a pensare di essere amato oltre che amante, dove i sensi di queste due parole sono soggetto attivo e oggetto passivo del sentimento.
Ciò può essere un messaggio voluto e realistico oppure una superficiale mancanza di codifica dei segnali che si inviano.
Nel primo caso, può essere anche lusinghiero sapere che la persona che sta, sola, da te, sia colta da sensazione di compartecipazione alla tua vita, cosa che la porterà ad incuriosirsi, oltre che dei tuoi gesti, lineamenti, atteggiamenti, anche di tutto ciò che parla di te nella tua casa. Fotografie, pattumiera, compost, quadri, indumenti nei mobili, medicinali negli armadietti, oggetti caduti nei gatti di polvere sotto il letto, dietro il comodino, dietro il frigorifero, insomma, le solite cose che uno innamorato di te metterà sottosopra mentre tu sarai via.
Nel secondo caso, è opportuno tenere presente che la persona che sarà nella tua casa, a maggior ragione se tu, pur abbastanza distaccato, avrai commesso la leggerezza di darle le chiavi di casa tua e rendergliela accessibile in tua assenza, trasmettendo quel contrasto di messaggi non verbali che mandano in brodo di giuggiole l'amante non corrisposto, si dedicherà a un safari nella tua vita casalinga.
Che dici?
Tu sei di quelli che lasciano le chiavi immediatamente ma l'altro non fa mai il safari?
Introduciti in casa tua come un ladro e nasconditi dietro un tendaggio o su un ballatoio con vista sull'interno da cui osserverai con il favore delle tenebre, poi osserva la tua casa come se fossi una telecamera nascosta.
Poi mi racconti.

martedì 1 novembre 2016

Esperienze quadrisensoriali

Quando passi quasi una giornata intera in una libreria ad aspettare un preciso evento la vivi in modo diverso.
Già la libreria in sé è un mondo fantastico dove perdersi con tuffi successivi in mondi diversi da cui spiluccare una pagina qua, una quarta di copertina là, un'introduzione lì.
Ma quando aspetti che qualcuno di ben preciso entri dalla porta, e quel qualcuno non sai nemmeno più bene chi sia, come sia, se sia, e di quel qualcuno fai colletta di ricordi gesti passi modi di muoversi modi di parlare modi di salutare che furono e forse ora non sono più, ma soprattutto non te n'è dato di sapere, ti si apre un mondo nuovo sotto i piedi. Forse anche voraginoso.
Ti metti nella saletta dietro, che ha due feritoie sull'ingresso, e da cui, sporgendoti, puoi vedere pezzi di chi entra attraverso cataste di libri. Ci sono accoglienti nicchie rivestite da libri invitanti, che puoi sfogliare e leggere con modalità arlecchina, cosa che fai sempre. Ma non riesci a concentrarti, perché sei tutto preso da un'esperienza di pseudo mancanza sensoriale, come se fossi cieco e dovessi usare tutti gli altri sensi. Mica puoi stare nell'atrio davanti alla commessa a fissare intensamente la porta d'ingresso. Sei pazzo, sì, lo sai, questo nel vero senso del termine, nel senso della roba brutta, ma passare per pazzo no.
A quel punto, nelle ore che passi incesellato nella nicchia, con solo un libro per volta che ti sostiene e ti impedisce in qualche modo di cadere giù nella voragine che ti sta risucchiando, impari a far caso agli scricchiolii, a come viene aperta la porta, ai modi di salutare della gente, al loro timbro di voce - sommesso inesistente gracchiante piatto urlato sussurrato da vecchio da vecchia da giovane da mezz'età -, alla camminata - strusciante galoppante sulle uova rapida lenta paralitica azzoppata carrozzinata -. Ad ogni apertura di porta trasali e cerchi di riconoscere l'evento. Ogni volta capisci subito che non è. Ti chiedi chi può essere quello che è entrato, poi te lo vedi passare davanti, proseguire nelle varie aree della libreria, e hai un riscontro immediato sulla tua capacità di inventare persone plausibili dai suoni che producono.
I libri che tieni aperti davanti a te non li leggi nemmeno più, perché sei proteso a sentire la vita che si aggira intorno a te, e alla fin fine la vita intorno vince sui libri, perché è vera, pulsante, tridimensionale (o anche quadri-, quinquidimensionale).
Che dite?
Per qualcuno vincono i libri sulla vita?
Sì, è vero, non siamo tutti uguali e poi i libri sono più rassicuranti della vita.
Cosa dite?
Ah, se è entrata la persona?
Non importa.
A voi, non importa.