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mercoledì 29 agosto 2018
domenica 19 agosto 2018
Se non siete bravissimi a cucinare...
venerdì 19 gennaio 2018
La società cambia
mercoledì 25 gennaio 2017
mercoledì 8 maggio 2013
lunedì 16 aprile 2012
venerdì 13 aprile 2012
mercoledì 11 aprile 2012
venerdì 17 dicembre 2010
Vizi capitali puniti in terra e opera d'arte (im)periture

Ho un vizio capitale.
Sono golosa.
Ho già prenotato un girone dell'Inferno, terzo cerchio, posto 395784975.
Questa golosità è un problema nelle relazioni sociali.
Appena vedo un dolce, provo il tremendo impulso di allungare la mano e di fagocitarlo.
Quando faccio vasche sotto i portici o giro per strade commerciali, incollo il naso alle vetrine delle pasticcerie, e ammiro il loro interno come una shopping addicted davanti a una boutique di Gucci.
Ogni tanto lecco anche le suddette vetrine.
Se un giorno mi ricordassi di fregare un lavavetri (versione inanimata) dal benzinaio o di tramortire un lavavetri (versione umana) al semaforo per rubargli il lavavetri (versione inanimata), potrei riciclarmi come donna delle pulizie delle vetrine delle pasticcerie. Non avrei nemmeno bisogno del secchio. Con una mentina in bocca deodorerei pure le superfici. Possibilmente si tratterebbe di una mentina Baratti. Recuperata per osmosi attraverso i pori vitrei. Ammesso e non concesso che le vetrine abbiano i pori.
Tutto ciò per farvi capire come sia pericoloso lasciarmi da sola in un luogo in cui siano deposti dolci di qualsiasi tipo, soprattutto esposti.
Mi è capitato di essere stata abbandonata in totale solitudine nella casa di amici.
Girovagando, sono incappata in una zuppiera zeppa (o zuppa) di dolciumi: Baci Perugina, cremini, caramelle. Un tripudio di dolci. Misti. Tanti. Uno in più o uno in meno, nessuno l'avrebbe mai notato.
Al che, ho allungato la solita zampa verso la zuppiera e ho pescato un Bacio Perugina.
L'ho aperto.
Gli ho dato un morso.
Mentre deglutivo, ho osservato la metà del Bacio che avevo ancora in mano.
Da quest'ultima faceva capolino un pasciuto, tondeggiante, pacifico verme bianco e molliccio.
Ho cercato di far tornare indietro il pezzo staccato, con ditate in gola e verticali a muro, ma ormai era già quasi nello stomaco.
Dando uno sguardo alla zuppiera, ho notato che anche gli altri baci straripavano di quei pallini marroni piccoli e ammassati che denotano la presenza di vermi.
Non ho nemmeno potuto avvertire gli amici della zuppiera malefica, perchè avrei dovuto confessare la mia edulcocleptomania.
Dopo un bel po' di tempo, e un bel po' di confidenza, ho deciso di raccontare l'accaduto agli amici.
I suddetti, essendo passato appunto parecchio tempo, si sono buttati sulla zuppiera, rimasta intatta da quel giorno, e l'hanno portata in cucina.
Aprendo i Baci, abbiamo trovato allegre combriccole di vermi e gallerie laboriosissime scavate nel cioccolato. Le caramelle erano fuggite dall'incarto, scaramellandosi sul fondo della zuppiera, a formare laghetti cristallini e collosi, in cui erano incastonate montagne marroncine ariose poi individuate come i residui di alcuni amaretti. Le montagne erano innevate da centimetri di pallini marroncini piccolissimi, quelli indici di presenza di vermi.
Il tutto in un'armonia cromatica degna di Pistoletto e in un'apparenza simile a un'opera di poliuretano espanso.
La natura sì, fa opere d'arte contemporanea estrose.
Meglio del pavimento del Maxxi.
_____________________________________
PS Mi risulta doveroso inserire in questo post una creazione artistica della suddetta coppia di amici, che sta per esplodere sul mercato dell'arte contemporanea.

venerdì 10 dicembre 2010
Sol d'art
Mi piacciono i musei di arte contemporanea.
Sono pieni di robe strane.
Pieni di robe che entri in degli scatoloni e ti siedi lì e guardi filmati incomprensibili.
Pieni di robe che non capisci bene cosa siano ma meno le capisci più sono opere d'arte.
Pieni di robe che devi metterti le cuffie per sentire strani suoni e schiacciare con tante dita dei pulsanti che pulsano.
Pieni di robe che sembrano pattumiera ma sono opere d'arte.
Pieni di robe che se le vedessi per strada ti sembrerebbero per esempio blocchi di cemento, ma qiando le vedi nel museo diventano opere d'arte, con la giusta luce la giusta spazialità il giusto commentino a lato, pieno di parole tipo epistemologia, ricerca consapevole, intenzionalità.
Insomma, se io butto su un pavimento un blocco di cemento trovato in un porto, sperando che il porto tenga insieme anche senza quel blocco, non ho buttato un blocco di cemento su un pavimento bianco e ci ho puntato dei faretti contro, io ho reso "il senso di spaesamento esistenziale legato alla trasformazione della nozione di luogo nell'età della globalizzazione."
Ovviamente, ciò, se io = artista contemporaneo.
Se io = io, prima cosa mi avranno fermata mentre, con il mio muletto a noleggio, avrò sconquassato il filare di blocchi del porto; seconda cosa, ammesso e non concesso che abbia bypassato il primo scoglio, sarò solo una che avrà buttato un blocco di cemento su un pavimento bianco. Di casa sua. Illuminandolo con la lampada Ikea.
Nota bene, questo articolo lo scrivo dopo essere stata reduce del Maxxi di Roma, dove hanno inventato l'arte take away. Si potevano prendere dei foglietti con la presentazioni di alcune opere d'arte e raccoglierli in una cartellina bislunga che pochissimi, a dire il vero solo io, avevano utilizzato a mo' di sporta prendendola per la maniglia.
Gli altri visitatori la tenevano in braccio a mo' di Gesù bambino, ché il Natale è alle porte, e ogni qualvolta si girassero, tiravano cartellinate in faccia agli altri visitatori.
Tornando al take away, ho appena buttato a terra tutti i foglietti, li ho mischiati e ho recuperato da uno di questi la frase che ho virgolettato. Ovviamente, si è intonata benissimo anche al blocco di cemento.
Riproviamo.
"dimensione del paesaggio inteso come spazio di trasformazione".
Rifunziona!
Ririproviamo.
"una metafora del disorentamento e della perdita di senso di orientamento nel mondo contemporaneo."
Anche questa funziona. L'unico dubbio è quale possa essere la differenza tra disorentamento e perdita di senso di orientamento.
Poi ho avuto anche un altro atroce dubbio, mentre visitavo il bellissimo museo.
Un dubbio tremendo, che mi ha portata a guardarmi furtivamente intorno con l'aria di chi ha ancora la marmellata in punta d'unghie.
Un dubbio che mi ha siderata.
Il dubbio che stessi calpestando un'opera d'arte.
Invece, quello che calpestavo era effettivamente il pavimento.
Sono pieni di robe strane.
Pieni di robe che entri in degli scatoloni e ti siedi lì e guardi filmati incomprensibili.
Pieni di robe che non capisci bene cosa siano ma meno le capisci più sono opere d'arte.
Pieni di robe che devi metterti le cuffie per sentire strani suoni e schiacciare con tante dita dei pulsanti che pulsano.
Pieni di robe che sembrano pattumiera ma sono opere d'arte.
Pieni di robe che se le vedessi per strada ti sembrerebbero per esempio blocchi di cemento, ma qiando le vedi nel museo diventano opere d'arte, con la giusta luce la giusta spazialità il giusto commentino a lato, pieno di parole tipo epistemologia, ricerca consapevole, intenzionalità.
Insomma, se io butto su un pavimento un blocco di cemento trovato in un porto, sperando che il porto tenga insieme anche senza quel blocco, non ho buttato un blocco di cemento su un pavimento bianco e ci ho puntato dei faretti contro, io ho reso "il senso di spaesamento esistenziale legato alla trasformazione della nozione di luogo nell'età della globalizzazione."
Ovviamente, ciò, se io = artista contemporaneo.
Se io = io, prima cosa mi avranno fermata mentre, con il mio muletto a noleggio, avrò sconquassato il filare di blocchi del porto; seconda cosa, ammesso e non concesso che abbia bypassato il primo scoglio, sarò solo una che avrà buttato un blocco di cemento su un pavimento bianco. Di casa sua. Illuminandolo con la lampada Ikea.
Nota bene, questo articolo lo scrivo dopo essere stata reduce del Maxxi di Roma, dove hanno inventato l'arte take away. Si potevano prendere dei foglietti con la presentazioni di alcune opere d'arte e raccoglierli in una cartellina bislunga che pochissimi, a dire il vero solo io, avevano utilizzato a mo' di sporta prendendola per la maniglia.
Tornando al take away, ho appena buttato a terra tutti i foglietti, li ho mischiati e ho recuperato da uno di questi la frase che ho virgolettato. Ovviamente, si è intonata benissimo anche al blocco di cemento.
Riproviamo.
"dimensione del paesaggio inteso come spazio di trasformazione".
Rifunziona!
Ririproviamo.
"una metafora del disorentamento e della perdita di senso di orientamento nel mondo contemporaneo."
Anche questa funziona. L'unico dubbio è quale possa essere la differenza tra disorentamento e perdita di senso di orientamento.
Poi ho avuto anche un altro atroce dubbio, mentre visitavo il bellissimo museo.
Un dubbio tremendo, che mi ha portata a guardarmi furtivamente intorno con l'aria di chi ha ancora la marmellata in punta d'unghie.
Un dubbio che mi ha siderata.
Il dubbio che stessi calpestando un'opera d'arte.
Invece, quello che calpestavo era effettivamente il pavimento.
martedì 21 aprile 2009
Caleidocicli
Ma voi sapete cos'è un caleidociclo?
E' una roba di carta (detta anche origami) che, in certe sue forme, può essere girata all'infinito.
A me, sta cosa del girare all'infinito, piace un sacco.
In più, sulle sue facce geometriche ci sono dei disegni, che si combinano in diverso modo mentre il tutto gira. Il che è bellissimo, perchè, se se ne ha voglia, si può inventare tutta una serie di immagini mutanti girevoli con significato più o meno denso.
Io da piccola ho avuto un libro in regalo, questo qui.
E, dopo un bel po' tempo, ho fatto questo caleidociclo:
Dopo un altro bel po' di tempo, ho fatto questo:

Se siete stressati, provate a fare un bel celidociclo.
Vi rilasserà.
Peccato che ci perderete tre ore di tempo come minimo, e quando smetterete di rilassarvi sarete ancora più stressati di prima...
giovedì 16 aprile 2009
lunedì 1 dicembre 2008
Dover morire
giovedì 29 marzo 2007
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