LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

giovedì 28 gennaio 2021

Calarsi nel centro

Partire dalla periferia, pedalando per strade costellate di case squadrate, anni '70, con in fondo parco ghiacciato sentieri bianchi rami cristallizzati. 
 
Seguire le strade trafficate fuori dal centro, attraversando la ragnatela di traiettorie della piazza dove si incontrano e separano più strade. 
 
Verso il centro la città si trasforma. 
Più ci si addentra, più invecchia. 
Le case si fanno ottocentesche: finestre strette alte fronzolute muri che fanno ombra alle strade balconi piccoli con animali granitici sotto. 

Man mano che ci si avvicina al centro fanno capolino statue cavalieri a spada sguainata Vittori Emanueli che osservano con espressione statica. 
La bellezza si dipana per le vie esplode nelle piazze si insinua sotto i portici si espande su palazzi reali costruzioni monumentali cittadelle castelli. 

E poi, lì in mezzo, le luci accese, c'è il bar cremeria della tenda verde. 

Se vuoi fermare il mondo con o contro cui stai correndo, entri. 

Adesso no, adesso non entri. 
Ma prima sì, prima entravi. 
Entravi e ci trovavi un antico bancone con dietro un signore antico con i baffi antichi un praticante antico che ormai praticava da 20 anni un figlio anche lui antico una moglie ossigenata con ossigeno antico mobilio antico muri antichi con intonaco antico. 
La cosa più recente era un ingiallito manifesto del film "La fiamma sul ghiaccio". Il signore con i baffi, se lo guardavi, ti diceva che Raoul Bova era lì, proprio lì, nel 2004. 

Ordinavi, 
ti sedevi 
ti calavi 
in un altro tempo, 
in un altro mondo, 
in un altro té. 

venerdì 22 gennaio 2021

DADattica in presenza

 
La DAD era un'avventura, ma la Azzolina ha estratto dal suo cappello magico altre meraviglie: la DAD al 50%.
Perché stare a casa davanti al PC, con una tazza di the, senza mascherina a lavorare su settecento finestre diverse, scannerizzare, cavarsi gli occhi, quando lo si può fare a scuola, con la mascherina fpp2 in faccia che scava l'osso del naso e fa diventare le orecchie due sportelli aperti, correndo come pazzi da un'aula pienissima di alunni a una vuota con LIM rotta o malfunzionante e programmi antidiluviani e non aggiornati? 

La Azzolina vuole che i docenti dimostrino quello che valgono, e quindi ha predisposto un simpatico percorso a ostacoli, che vedrà arrivare alla fine pochi, quelli che non moriranno di covid o non impazziranno, sprofondando in un eterno burnout. Così non ci sarà più il problema del precariato storico e delle graduatorie imballate. 

Il passaggio dalla DAD al 100% alla DAD al 50% ha reso la scuola migliore. 
Nella maggior parte dei casi, è stata scelta la presenza o l'assenza dell'intera classe. Quindi, il 50% è stato interpretato come la metà della scuola, non come tutte le classi a metà. 
In effetti a livello pedagogico e didattico ha più senso. A livello emergenziale, nessuno. Ma la preoccupazione della Azzolina è didattica (mica sanitaria), e quindi la maggior parte dei prof votanti ai collegi docenti si è allineata al suo encefalogramma. 

Parecchi docenti, grazie alla democrazia e alla vittoria della maggioranza, si sono quindi trovati nel migliore dei casi a passare una settimana a casa e una a scuola, ma spesso hanno avuto la gloriosa occasione di dimostrare meglio quanto valgono, trovandosi con metà delle classi a scuola e metà a casa. I più fortunati hanno un meraviglioso orario a scacchiera, caratterizzato da un'ora con gli alunni in presenza e una in DAD. Il che significa correre come ossessi da classi odorose di sudori e miasmi umani, dopo aver spalancato le finestre a folle velocità ed essere fuggiti prima che gli alunni infreddoliti insorgano, per fiondarsi in classi designate per la DAD. Di queste, una buona parte è priva di qualsiasi device.
Il docente tipo, spesso proveniente da lontano con una compilation di mezzi pubblici e privati, tra cui la bicicletta, può optare per due soluzioni, entrambe attingenti da strumentazioni proprie:
  • PC pesante come un mattone, da portare sulle spalle avanti e indietro, sudando e incurvandosi come sherpa. Il pregio è che funziona. 
  • tablet: leggero, elastico, assurdo da usare. Se il docente si mette in videoconferenza , non può fare altro. Appena accede a un'altra app (registro, classroom, word, excel, youtube), la videoconferenza si minimizza e gli alunni non sentono e vedono più il prof. E' vero che in un'ottica di empatia ha un senso, perché sperimentano sulla loro pelle cosa si prova a parlare con un quadratino nero che non risponde alle domande, ma sarebbe bello chiedere alla Azzolina quale sia il valore aggiunto di questa didattica invece che di quella fatta da casa. Per poter lavorare, il prof in questione deve connettersi alla videoconferenza con il cellulare, attaccare una tastiera bluetooth, mettere le cuffie, applicare un trasformatore all'uscita miniusb per poi collegare la tavoletta grafica. Peso di tutto l'ambaradan: lo stesso del PC. Funzionalità di gran lunga peggiore. Impressione squisitamente psicologica di evitare la pesantezza del PC. 
Se il prof ha solo un fisso, proprio non può caricarselo in spalla. Spererà nella LIM. 
Nel 90% dei casi, dovrà fare la lezione stando al telefono con il secchione della classe. Per fortuna ce n'è sempre uno. 
Nel 10% dei casi, trascorrerà il tempo intercorrente tra una lezione in presenza e l'altra ad attaccare cavi, schiacciare inutilmente tasti, dire parole non adatte a un educatore e correre per tutto l'istituto alla ricerca dell'introvabile tecnico informatico, imboscatosi in un antro personalizzato dove deve aver vissuto per tutto il periodo della DAD ingozzandosi di Netflix e co, a giudicare dall'obsolescenza non solo dei PC ma anche dei programmi presenti, tutti con la licenza da rinnovare, e, se c'è la LIM, con compattezza della superficie su cui scrivere identica a quella delle lenzuola stese ai fili per bucato.  

I dirigenti si profondono in aiuti ai docenti, consistenti in frasi di incoraggiamento tipo "Potete anche usare i vostri device, considerate che non siete medici che vanno ad operare". E per fortuna, perché se i medici avessero attrezzatura corrispondente a quella scolastica, gli ospedali sarebbero dei cimiteri. 

Ma i soldi abbondantemente profusi dal ministero dove sono finiti? 
Si saranno incastrati in qualche ingranaggio burocratico o in qualche tasca?
Ci saranno ma avranno cozzato contro il rimbalzo di incarichi tra un ATA e l'altro, tra un tecnico e l'altro? 
Non si sa. 
Fatto sta ed è che i fondi sono serviti solo a migliorare alcune scuole, tipo quelle che compaiono ai tg e dove va la Azzolina a fare un giretto ogni tanto, accompagnata da una troupe televisiva, prima di rinchiudersi nei suoi igienizzati locali privi di minorenni adolescenti con gli ormoni e i cervelli impazziti. 

E le famiglie, in tutto ciò? Sono impazzite pure loro, dopo un anno quasi intero di molta DAD. Come utilizzano il loro equilibrio psicologico messo a dura prova? Tempestando di telefonate i docenti, con la pretesa che nei pochi minuti di discontinua didattica in presenza, a faccia coperta e impegnati a dire ogni quattro secondi agli studenti di tirarsi su le mascherine, facciano il miracolo di moltiplicare i saperi. Anche se probabilmente costoro peccano di ignoranza matematica, perché è risaputo che zero, moltiplicato per qualsiasi numero, dà sempre zero. 

In ogni caso, questo non è importante, l'importante, per la Azzolina, è poter dire che la scuola è vita
Sì, vita di stenti. 

giovedì 21 gennaio 2021

Potere, volere e combinazioni varie


La differenza tra quello che si può fare e quello che si vuole fare conta. 

Uno può voler fare tantissimo e poter fare poco o niente, e si tratta di quello che i più credono si realizzi. 

Non è proprio così.

Per iniziare, c'è quello che si può fare a livello esogeno e endogeno. 
Ci sono i limiti posti dal contesto, che sono a loro volta molto soggettivi, perché alcuni sono schiacciati dal contesto, mentre altri lo usano come rampa di lancio, infatti c'è chi dice che il contesto sia più forte del concetto e chi tutto il contrario.
Ci sono poi i limiti endogeni al poter fare: cioè il fatto che uno, certe cose, proprio non sia in grado di farle. Che siano limiti psicologici o reali, sono pur sempre limiti.    

Ma ci sono persone che non hanno molti limiti endogeni. Possono fare un sacco di cose. Sono bravi, magari in modo multipotenziale

E beh, allora quelli sono fortunati.

Ma no, perché poter fare non sempre coincide con il voler fare. E può essere una bella fregatura. Se uno può fare delle cose, di cui magari non gli frega niente, e non pone attenzione a quello che vuole fare, rischia di lasciarsi sbatacchiare come una banderuola dalle aspettative degli altri o dal caso. Rischia di usare le sue energie per fare cose che non vuole fare. E, attenzione, arriva a riuscire a farle bene o anche benissimo. 
Almeno, uno che non può, non fa. Quello che può fa, a volte in direzioni completamente assurde per le sue aspirazioni. E si disperde nel potere senza volere. 

E allora, gente, vi auguro di fare tutto quello che potete e volete fare. 

Cosa? Non sapete cosa volete? 

Ah, invece voi lo sapete? Tranquilli, anche se credete di saperlo, non è detto che saperlo faccia parte delle cose che potete ottenere

martedì 12 gennaio 2021

Il running stalker


Stai facendo jogging, tutto contento, con il tuo bell'audiolibro nelle orecchie, il panorama del fiume ghiacciato, le piante stecchite intirizzite nei loro abiti di brina che ti abbracciano, quando lo vedi in lontananza.
E' proprio lui: il random stalker.
La tentazione è quella di fare dietro-front, o anche percorrere un pezzo di linea di mezzeria nello stradone a quattro corsie, pur di non incrociare il suo sguardo.
Il suo sguardo è più letale dello sfregamento della tua maglietta sintetica con te dentro contro un tir in una direzione e un pullman nell'altra. 
Il suo sguardo emana a chilometrica distanza un estremo, apocalittico, devastante bisogno di contatto umano. E si sa, il bisogno esasperato a volte diventa pretesa, si insinua nello spazio di libertà altrui e induce istintivamente alla fuga. 
Fortunatamente, è raro che il goffo ometto non si sia già attaccato a qualche sfortunato corridore. Infatti è perennemente appostato al parco nei luoghi in cui i runner devono per forza passare, come ponticelli e strozzatoi, probabilmente dall'alba al tramonto. 
Se non ha una vittima designata a portata di mano e passi tu, sei fregato. Ti si affianca, vicino, molto vicino, tanto che puoi dedurre cos'abbia consumato al suo ultimo pasto.
Se sei uno a cui piace comunicare, con lui non ti piace. 
Di solito, lo becchi da solo quando tu hai male a un ginocchio, o fa un freddo/caldo cane, o hai mal di pancia, o stai soffrendo psicologicamente per qualcosa e vuoi essere lasciato in pace, o sei in riunione con il cellulare e devi stare attento. Lui ti si affianca e inizia a parlarti. Anche se ti piace parlare, lui ti fa pentire delle tue piacevolezze. Dopo trenta secondi desideri essere sordomuto. Ma non lo sei, e lui blatera, e tu lo senti. Sei una brava persona, capisci che lui è tanto tanto in difficoltà. E' in cassa integrazione, ti dice. Fai un calcolo mentale: è in cassa integrazione dal 2006. 
La brava persona alza bandiera bianca, e ti possiede il bruto che c'è in te.
Gli dici qualcosa di cattivo: adesso è facile, basta dirgli che le regole del covid non ti permettono di tollerare il suo blaterare sputacchiante a 20 cm dal tuo viso. 
Lui si offende. 
Per tre giorni non ti saluta.
Poi ricomincia a indirizzarti un cenno del mento.
Dopo una settimana ti ridice ciao.
Dopo due settimane hai male a un ginocchio.
E lui, proprio quel giorno, ti saluta, ti si affianca.
Non puoi nemmeno fuggire: hai male a un ginocchio, lui è allenatissimo. 
Ti dice: "Dai ti accompagno per tutto il tuo giro di corsa, tanto sono abituato". 

domenica 10 gennaio 2021

Non ebbi dubbi sul dubitare


E allora, c'è poco da fare. Si sbaglia. 

E chi ha tutte certezze? Sbaglia lo stesso, a volte di più, a volte di meno.
E chi ha un sacco di dubbi? Sbaglia anche lui, a volte di più, a volte di meno.

Ma quindi che differenza c'è tra avere dubbi e avere certezze?

Le certezze sono monolitiche, incrollabili, immutabili. Lo sbaglio-certezza permane, e come tale può arrecare danni immensi. Però avere certezze è poco faticoso (anche perché spesso, di quelle certezze, si è sati farciti da qualcun altro) e parecchio edificante. 

I dubbi, invece, sono duttili, molteplici, si rinnovano sempre. Implicano mettersi in discussione, farsi domande, cercare risposte, avere crisi, cambiare qualcosa. Poi, quando si è cambiato, dato che errare permane nell'essere humanum, si sbaglia di nuovo. E anche se non si fosse sbagliato, chi dice che si sia proprio fatto giusto. I dubbi sono una catena infinita, portano a essere in continuo mutamento. Sono faticosissimi, anche perché sono continuamente freschi, fatti in casa, a km 0. 

Insomma, le certezze le trovi al supermercato, sempre uguali; i dubbi li coltivi nel tuo orticello con lo sforzo dei tuoi muscoli e dedicandoci parecchio tempo. Devi trovare la terra adatta per ogni dubbio, coltivarlo, innaffiarlo, vederlo crescere. Poi arriva la grandinata, quella inevitabile, mica come quelle che basta un telo elastico per rimbalzare i pallini di ghiaccio. E via, si ricomincia. 

Ma allora ad avere certezze si riescono a fare le cose e ad avere dubbi si rimane paralizzati perché si ha paura di fare cose sbagliate?
Con le certezze si fanno cose, ma nei binari prestabiliti dalle certezze stesse.
Con una ragionevole quantità di dubbi dubbi, non così così tanti da rendere statue di sale bloccate davanti a ogni scelta, si fanno tantissime cose, spesso apparentemente vane, e si scopre un sacco di roba. 

Se vuoi essere una persona potente in questa società, forse ti conviene avere solo certezze. Certezze di qualsiasi tipo, ma certezze incrollabili, il più presto possibile. Se già stai leggendo questo post, è tardi. Meglio averle prima di saper leggere. E per questo ci sono i genitori.