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martedì 28 gennaio 2020

I traumi dell'Emmenthal

A volte, nelle famiglie, si incorre in misunderstanding in cui manco due sconosciuti completi che non si incontrano su una metropolitana potrebbero incappare.

Eppure, uno dice: se non ci si conosce in famiglia, se non si ha un'empatia tale da capirsi al volo, che famiglia si è?
La risposta, ovviamente, è: una famiglia come quasi tutte.
Ma sorvolando sulla risposta a questa retoricissima domanda, andiamo ad analizzare un caso pratico di non-comunicazione tra i più diffusi con un esempio personale.

Mi ritrovai in tempi immemorabilmente atavici a frequentare l'università facendo su e giù in treno tutte le settimane da casa dei miei alla casa in affitto nella città degli studi.
La domenica sera salivo nel mio vagone carica di beni di prima necessità come se avessi dovuto emigrare per sempre, in barba al fatto che mia madre sia una tipa decisamente nordica.
Ogni sera che mi ritrovavo ad aprire il frigo per stiparlo di cibo, trovavo, immancabilmente, un pezzettone di circa due etti di Emmenthal con i buchi. E nonostante i numerosi buchi, c'era sempre troppo formaggio intorno.
Essendo cresciuta in balìa di una nonna (madre di questa nordica madre foraggiatrice di Emmenthal) vissuta nel periodo della guerra, mi è stato instillato l'insano principio del "Mangia, mangia, mangia tutto quello che c'è, che se no fai un peccato e Gesù ti punisce".
Mangiavo quindi tutto l'Emmenthal dal lunedì al venerdì, con un certosino (anzi emmenthal) senso del sacrificio. Ciò, nonostante stessi già virando verso un ateismo-agnosticismo e fossi inserita in una società votata alle diete e agli sprechi di ogni tipo.
Del resto, si sa, la nonna è sempre più forte del contesto.
Quando tornavo a casa dai miei, passavo un week end anche sereno, dimentico dell'incombere della minaccia della domenica: la borsa del cibo preparata da mia madre, che non solo dimostrava di non conoscere affatto me in termini di gusti formaggiosi, ma anche di non ricordare i principi base di alimentazione guerriera della sua stessa madre, quella che dopo aver allevato lei aveva continuato a far danni anche su di me.
E così, ogni domenica sera, immancabilmente, lui, il lingotto di Emmenthal, c'era.
E io mangiavo.
E mia madre rimetteva priva di dubbi.
E io rimangiavo piena di scrupoli.
E lei rimetteva animata dalle migliori intenzioni.
E io rimangiavo per non sfidare la fame.
E lei rimetteva per farmi un piacere.
E io rimangiavo per non farle un dispiacere.
E lei rimetteva, anche un po' stufa di comprare sempre 'sti due etti di Emmenthal dal formaggiere.
E io rimangiavo, così stufa dell'Emmenthal che mi sarei stufata perfino di un formaggio di pura capra stagionatissimo fatto a mano dal monaci tibetani in Himalaya.
E avanti così, per un numero così lungo di righe che a leggerle tutte non finireste il post, e quindi smetto, così magari lo finite.

Un giorno non molto tempo fa, vado a pranzo dai miei e mi trovo l'Emmenthal in mezzo ai formaggi.
Mia madre mi fa: "Hai visto, a me l'Emmenthal fa schifo, ma mi sono ricordata che a te piaceva tanto,  con tutto quello che ti sei mangiata ali tempi dell'Università, così te l'ho preso. Brava, eh?"

Ok, dirle che anche a me l'Emmenthal ha sempre fatto schifo sarà forse stato un piccolo trauma per lei, ma un grande passo per l'umanità (della nostra famiglia).

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