LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

martedì 20 febbraio 2018

L'amore incondizionante non è qualcosa di meraviglioso?


Riflettendo sull'amore incondizionato di cui si è parlato nel post precedente, mi è venuto in mente che si parla tanto di lui, ma non ho mai sentito parlare, forse per pecca mia, dell'amore incondizionante.
Forse è perchè l'amore incondizionante non è una figata come quello incondizionato?

Tra l'altro, nel suddetto post, ho commesso un imperdonabile errore.

Perchè l'amore incondizionato è quello che
non è condizionato da te, dagli altri e da tutto ciò che di collaterale c'è,
mentre quello incondizionante è quello che
non condiziona te, gli altri e tutto ciò che di collaterale c'è.

Io avevo buttato tutto nel calderone dell'amore incondizionato, ma c'è una bella differenza tra participio presente e passato.

Quindi quello incondizionato non necessariamente si esime dal condizionare te, gli altri e tutto ciò che c'è intorno.
Può farlo.
E incondizionato rimane. 

E' quello incondizionante che non condiziona te, gli altri, e tutto il resto.

Ma se l'amore incondizionato diventa reciproco, chi ama in modo incondizionato è al contempo oggetto attivo e passivo di amore incondizionato.
Ma se l'altro non condiziona te, oggetto del suo amore, se stesso e l'intorno, allora tu non sarai condizionato da lui, da te stesso e dagli altri.

Insomma, in una reciprocità amorosa, l'amore incondizionato non può prescindere dall'amore incondizionante, perché è sia l'uno sia l'altro, a seconda del punto di vista da cui lo si osserva.

L'amore incondizionato e non incondizionante può quindi solo essere a senso unico.

Ecco perchè ne parlano
santi
religiosi
spirituali.

Io non sono
né santa
né religiosa
né spirituale.

Infatti forse è ora che smetta di parlarne
e vada.

mercoledì 14 febbraio 2018

L'amore incondizionato è qualcosa di meraviglioso


L'amore incondizionato è qualcosa di meraviglioso: sorvoli su tutto, vedi il bello e il brutto, riconosci il bello, te lo godi dalla tua panoramica altezza. Il brutto c'è, ma, per quanto possa fare salti rabbiosi per raggiungerti, mica ti scalfisce, tu su così e lui talmente giù.
Ti dici che, alla fine, l'amore incondizionato è qualcosa di semplice e totale.

L'amore condizionato, invece, lui si che è un bel casino.
Quando vai dentro le cose, quando le tue viscere si attorcigliano nei tornanti delle condizioni create
da te,
dagli altri,
dal tuo corpo,
da quello altrui,
dai tuoi evidenti limiti
dagli evidenti limiti altrui,
allora sì che è un casino tortuoso,
pieno di meccanismi che hai da studiare come superare tipo gioco di logica
ma senza logica, se no che amore è?,
pieno di palette e ostacoli gommosi tondi rumoreggianti che ti rimbalzano imprevedibilmente, palla di flipper tonda e spigolosa tutt'insieme.

Il meccanico che ama le auto facilmente si emoziona incondizionatamente quando le vede correre per le strade, tutte belle rombanti e ok, un po' inquinanti, ma finché non gli viene un cancro ai polmoni va bene così; amore condizionato è quello per l'auto che, davanti a lui, apre verso le sue mani annerite e spaccate il cofano cariato, zeppo di fili scatole polverose ingranaggi da capire aiutare far risorgere.

L'amore incondizionato
è semplice
figo
non condiziona te
non condiziona gli altri
non è condizionato
da te
dagli altri
dalle cose intorno

perfino i santi
perfino i religiosi
perfino gli spirituali
lo predicano
tant'è figo

ma

esiste?

O è come la libertà?

E
ancora

è veramente quello lì altissimo,
o è quello bassissimo incastrato
in inevitabili condizioni
che però non si fa condizionare?

Chiedete a lui,
magari lo sa.

venerdì 9 febbraio 2018

Le parole sono importanti (e si pagano)


Entri in un bar di lusso, di quelli stuccati, con con nomi stucchevoli e lampadari presidenziali di Damocle che penzolano sulla tua testa.
E' l'ora di pranzo.
Già la proprietaria, stuccata anch'essa ma con risultati peggiori rispetto al soffitto, occhieggia disperandosi perché sei da solo e occuperai uno solo dei quattro lati dei tavolini, eludendone la capienza totale per i 3/4.
Quando le dici che non vorresti mangiare, ma solo bere, occhieggia talmente che vorrebbe cacciarti a calci nel sedere, ma alla fine, con la bocca a forma di cul de poule, ti guida fino a un tavolo che non avevi mai notato, incastonato nell'incavo di un pilastro ligneo, e quando dici che aspetti una persona aggiunge una sedia proprio nel passaggio di tutti i potenziali clienti apparentemente prenotati che mangeranno a quattro palmenti occupando tutti i lati dei tavolini da bravi consumatori di massa.
La persona non arriva, tu estrai un libro, una matita e ti metti a leggere, anche perché guardare il panorama è un lampo, potendo scegliere tra il legno e il legno. Ti senti un po' a disagio, perché leggere in castigo con gente che impreca perché deve passare stringendosi tra un tavolino e una sedia, perlopiù vuota, non è una bella cosa. Poi ti immergi nella lettura e inizi a fregartene, di quello che c'è intorno, incluso di quella voce lontana che arriva alle tue orecchie come lingua sconosciuta tipo tedesco dopo due anni di corso della regione. Ti riporta alla realtà il languorino che ti ha trascinato lì con l'idea di coronare un pranzo a base di panini e croissant decongelati e carbonificati in un fornetto elettrico del bar del lavoro: ordini uno di quei caffè-non-caffè, corredato da cioccolata panna sbuffi di polvere di cacao e chi più ne ha più ne metta. Anche perché altrimenti la padrona ti avrebbe chiesto di trasferirti in cucina, visto che, dopo averti messo in castigo, ha avuto qualche rigurgito strano di maternità, è risorta dall'abituale antipatia, ha preso confidenza e quando passa distende le rughe in un sorriso compassionevole.
Il bicchierone esagerato, che correda piacevolmente seppur un po' colpevolmente la lettura del libro e la chiacchierata con l'altra persona che alla fine arriva e si mette anche lei in castigo, finisce e arriva il fatidico momento della verità.
Vai alla cassa e comunichi di aver preso un bombardino.
La padrona esplode in una fragorosa risata.
"Ahahaha lei ha fatto pranzo con un bombardino, complimenti, complimenti, non ce ne sono molti".
Le rispondi che non era mica pranzo, era il dopo pranzo.
Lei sorride lo stesso,  ormai sorride qualsiasi cosa tu dica, ormai l'hai conquistata con il tuo castigo simulato.
"Sono 5 €".
Ecco, lei continua a sorridere, tu di meno.
Paghi.
Esci.

Il mattino dopo ti svegli pensando a perché mai qualcuno avrebbe dovuto ridere per chi pasteggia a bombardino, quella compilation di caffè, cioccolata e panna.
Poi ti viene il dubbio e controlli su internet la differenza tra bombardino e bicerin.
Capisci che hai pagato un bicerin quanto un bombardino e sei passato per un ubriacone, seppur morigerato dal fatto di aver precedentemente pranzato per i fatti tuoi, ma altrove.
Altro che spirito materno, altro che bimbo in castigo.
La proprietaria sorrideva perché hai pagato pure il sovrapprezzo.
Del resto, il tavolo con vista, da solo, lo meritava.

domenica 4 febbraio 2018

Nani sulle spalle degli smartphone


Un tempo, nelle strade, quando comparvero i semafori, le persone capirono, dopo una breve spiegazione, che rosso voleva dire fermi e verde avanti.

Adesso, forse perché l'uomo, con il procedere del tempo, diventa sempre più multitache, insomma è un chiaro esempio dell'evoluzione della specie, non è più così.

Il semaforo diventa verde e lui sta fermo.

Siccome in ogni scatoletta su ruote c'è un uomo progrediente, allora ogni scatoletta sta ferma al verde. Più l'uomo è progredito, più la permanenza immobile al verde si prolunga.

Non sorprende che, quando poi il semaforo diventa rosso, molti inizino a carburare, e quelli che lo avevano fatto verso il finire del verde, continuino a farlo. Una volta presa una decisione come quella di partire, nel momento in cui lo si fa consapevolmente, diventa troppo castrante fermarsi immediatamente per imposizione elettronica di un marchingegno programmato.

E poi, chiaramente, è la società che non sta dietro al progresso dei singoli. Non si possono pensare semafori con l'alternanza prevista per il preistorico uomo monotache, concentrato solo su quella luce regolatoria, obbediente pecora del gregge del pastore tricolore.

Ma si sa, è difficile per la società raggiungere in fretta il livello evolutivo dei singoli.

Adesso, perlomeno, per colmare momentaneamente il gap, mentre gli studiosi approfondiscono lo studio del mirabolante cervello umano, i semafori rossi potrebbero essere oscuratori di segnale 4G, in modo che tutti gli smartphone si sconnettano.
Dai primi studi si è infatti riscontrato che, alla sconnessione del telefono, per qualche strano progreditissimo motivo, si sconnetta anche il cervello della maggioranza delle persone.
In questo modo potranno essere ricondotte all'attenzione su quella primitiva forma di comunicazione che prevede il guardarsi intorno e reagire agli stimoli dell'ambiente circostante.