LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

venerdì 29 ottobre 2010

Insapone


Quando uno va in un bagno pubblico, o meglio, quando io vado in un bagno pubblico mi metto lì e tocco tutto con le mani.
Insomma, tutto tutto proprio no, ma le maniglie per forza sì, non con il gomito, con le mani, ché è più facile lavare una mano che un gomito con tanto di giacca o maglia.
Dopo aver toccato "tutto", cioè le maniglie, esco con le mani piene dei bacilli e germi di tutti quelli che hanno toccato le maniglie, ma SO che cantando "tanti auguri a te tanti auguri a te" durante l'insaponamento mi salverò da quasi tutti i bacilli.
La cosa
tremenda,
devastante,
siderante
è
quando
il
sapone

NON

c'è.

mercoledì 27 ottobre 2010

Congiuntivite


Il congiuntivo è un modo bellissimo.
E' un modo che, se lo usi, ti fa sentire subito colto.
Poi qui si sente colto anche chi lo usa impropriamente, e chi non lo usa.
Ma chi lo usa, ha classe.
Ha stile.
La resa di una frase con il congiuntivo usato correttamente è musicale.

Io penso che se creassi un sito così, il risultato sarebbe fantastico.

Che suono celestiale.
Sì, ma chi è il soggetto?
Io creassi?
Tu creassi?

Il congiuntivo è figo, ma non molto pratico.

Sarà per questo che molti optano per uno stridente
Io penso che se creavi/creavo/creo/crei un sito così, il risultato sarebbe fantastico.

Io, da canto mio, preferisco mettere un soggetto davanti al verbo al congiuntivo.

Anche se poi, a volte, mi converto, dato che capisco che se usavo l'indicativo mi capivano meglio.

lunedì 25 ottobre 2010

Diventare adulti


Quando uno è giovane e va a scuola, tutti i pallosi adulti gli dicono che deve imparare il più possibile, e lui fa a gara a cercare di imparare il meno possibile, pur facendola franca.
Fortunatamente, la quantità di acume impiegata nella tensione a fare il minimo con il massimo risultato è maggiore rispetto a quelle necessaria per fare il massimo (con qualsiasi risultato).
Quando poi uno non va più a scuola, si rende conto di quanto gli sarebbe servito imparare tutte le cose che gli erano state insegnate e anche di più, perchè si trova ignorante e incolto.
Solo che ormai, quando uno non va più a scuola, è diventato un pigro e stupido adulto, incapace di apprendere quello che avrebbe potuto apprendere da giovane.
Quando guarda i giovani studenti, tutti che si comportano più o meno come si comportava lui da studente, anzi, molto più più che meno, si dice porca miseria devo comunicare loro la mia scoperta.
E così diventa un palloso adulto.

venerdì 22 ottobre 2010

Wi-fight

Il wi-fi abbinato all'ignoranza/menfreghismo umana/o è una cosa bellissima.
Se si ha sufficiente fondo schiena si può beneficiare della connessione non protetta di un vicino aggratis. Volendo, per ampliare le possibilità, ci si può anche cantennare.
Poi, se si ha davvero molta fortuna e si riceve il segnale con la sufficiente potenza, oltre a evitare di trascorrere il proprio tempo raggomitolati sotto il letto, o nell'angolo polveroso dello sgabuzzino, o rannicchiati sotto il lavello per captare il segnale, si potrebbe riuscire anche a vedere qualcosa in streaming, tipo su questo sito.
Il problema, nello streaming, è che si hanno al massimo 70 minuti di visione.
Beccato l'inganno, trovato il trucco: basta staccare il modem e riattaccarlo, in modo che si connetta con un altro indirizzo ip (generalmente gli ip sono dinamici).
Ma quando si ciuccia la connessione dall'ignaro/menefreghista vicino sprotetto, come fare?
Semplice.
  1. Si scendono/salgono le scale, o si attraversa il pianerottolo.
  2. Si suona il campanello sperando che il vicino sia in casa.
  3. Si attraversa il suo appartamento finché non si individua il suo modem.
  4. Si stacca il suo modem.
  5. Si riattacca il suo modem.
  6. Si torna a casa propria a vedere altri 70 minuti di film/telefilm in streaming.
L'operazione è da ripetersi ogni 70 minuti di visione.

Lividi e/o denunce permettendo.

mercoledì 20 ottobre 2010

Come il jogging ti diventa un attimo di pura poesia

Ero in palestra a scuola, circondata da un branco di adolescenti pieni di ormoni che rimbalzavano su e giù per lo spazio circostante (gli adolescenti, non gli ormoni, anzi sia gli adolescenti sia gli ormoni).

La prof di ginnastica ha fatto sedere tutti e si è messa a spiegare come si corre.

Io corro da anni, ma uno spiegone così sul come si corre non l'avevo mai sentito.
Da farsi venire le paturnie sul proprio modo di correre.
In ogni caso, tra una potenziale paturnia e l'altra, ad un certo punto la prof ha detto:

"Tra la camminata e la corsa c'è la sostanziale differenza che quando si cammina si è sempre a terra, mentre quando si corre c'è un istante di volo".

E allora lì, in quella palestra buia e tempestosa, anzi tempestosa no, ma buia sì, anzi a dire il vero anche un po' tempestosa, considerata la tempesta di ormoni, mi sono proiettata nell'istante del volo, e mi sono cullata in quell'attimo di pura poesia.

lunedì 18 ottobre 2010

Diventare (più) scemi

Nella vita, si hanno varie paure.
Alcune, poi, diventano fobie.
Lo dice anche Piero Angela nel suo libercolo "Noi e la paura", magistralmente illustrato da Bruno Bozzetto.
Ebbene, io ho sempre avuto delle paure ben precise.
Paura di dover studiare troppo.
Paura di dover faticare troppo.
Paura di aver troppo poco tempo libero.
Paura di farmi troppo il mazzo.
Paura di dover lavorare troppo.

L'unica paura che non avevo mai, mai e poi mai avuto era quella di essere fancazzista.
Anche perchè non si può avere paura della propria meta ultima della vita.
E così, per anni
ho studiato troppo.
ho faticato troppo.
ho avuto troppo poco tempo libero.
mi sono fatta troppo il mazzo.
ho lavorato troppo.

Ciò, al fine di essere fancazzista.

Un investimento per il futuro.

Il futuro è ora.

E ce l'ho fatta.

E che paura mi è venuta?

Che lavorando così poco e in modo così poco cervellotico, rischi di perdere le mie intelligenza, acutezza, velocità di pensiero, problem solving, insomma mi è venuta paura di diventare scema. Insomma, PIU' SCEMA di adesso.

E così, ora la mia preoccupazione principale è quella di trovarmi un sacco di occupazioni che mi impegnino il cervello.

La differenza rispetto a quando facevo un lavoro da 8 ore al giorno, studiandomi faldoni e faldoni ad ogni pratica che mi capitava, è che prima mi pagavano per intelligere, ora pagherò io.

sabato 16 ottobre 2010

Mele

Oggi parlo di un argomento ostico.
La metà della mela.
A parte che non ho ben capito perchè ci si ostini con sta storia della mela, e con sto fatto che si debba essere due metà della mela e che si nasca solo metà mela e si debba cercare sta fatidica altra metà perfettamente combaciante. A me mica pare si nasca dimezzati, salvo casi particolari. O al massimo ci si dimezza poi, se proprio si è sfigati e perfettamente simmetrici nella sfiga.
In ogni caso, ammesso e non concesso che questo concetto delle mele abbia un senso, leggevo su un blog questa cosa del non accontentarsi di spicchi di mela, ma volere proprio metà mela. Ma mentre leggevo ho pensato al mangiarsi tutta una mela a metà, con quella scomodità del torsolo da togliere senza spaccare la metà mela, e al mangiarsi una fettina di mela, bella fine, che meglio si adatta alla masticazione e non ti scivola di mano rimbalzando poi sul suolo due o tre volte con successivo ammaccamento.
Poi notavo che ci sono persone che la mela se la mangiano proprio tutta.
Del resto, scardinando alla base l'idea che si nasca dimezzati, allora tanto vale considerarsi interi e cercare degli interi, da consumare poi a gran morsi, o tagliati a fettine, o tagliati in due, come più ci aggrada.
C'è gente che ha la tendenza a fare un'accurata cernita delle mele nel cestone, e selezionare quelle con il buchino.
Si sa, il buchino un significato ce l'ha.
Che qualcuno è entrato da lì.
Che uno dice, se ci è entrato qualcuno per mangiarsi la mela, e se questo qualcuno è per natura intenditore, sarà una buona mela.
Poi ci sono anche quelle senza buchino, ché i vermi delle mele nascono dall'interno, e il buchino, se lo fanno, lo fanno per uscire, ma stanno così bene dentro la mela che alla fin fine non bucano niente e si crogiuolano nella polpa tunnelificata dal loro smanguicchiamento.
In ogni caso, buchino o no, certe persone hanno il dono di beccare le mele con il verme. Se le cercano proprio.
Poi, sbocconcella tu che sbocconcello io, arrivano finalmente al verme.
Danno un bel morso e vedono quella metà di verme, tutta grassoccia e bianchiccia, con ancora il calco dei denti sul corpo. L'altra metà ovviamente è stata deglutita con la mela. E queste persone, che si sono procacciate la mela con il verme, e hanno saputo che c'era il verme fin dal primo morso, non appena ti vedono sta metà di verme, tutta grassoccia e bianchiccia, con ancora il calco dei denti sul corpo, cacciano un urlo in do minore, lanciano ciò che resta della mela in aria, a caso, con tutta la forza che hanno, purchè la mela con le metà del verme non deglutita sia dirottata il più lontano possibile da loro. Eppure, lo sapevano benissimo, che c'era il verme. Che prima o poi il verme sarebbe arrivato. Anzi, si erano proprio date da fare affinchè ci fosse il verme.

Tanto sarebbe valso che avessero preso, invece della mela, una buona bottiglia di Mezcal. Non è una mela, ma ha il verme, e non si deve nemmeno faticare troppo per beccarlo, c'è in tutte le bottiglie.

venerdì 15 ottobre 2010

Sfiga!?

Ieri è stata una giornata provante.
All'alba, a scuola, ho dovuto trattenere con la forza un'alunna per circa un'ora e mezza mentre cercava di scappare dalle scale antincendio dalla mia mattutina funzione di insegnante di sostegno.
A fine mattinata, per un'altra ora e mezza, un'altra alunna ha pianto come una sirena rauca in mezzo a una classe che cercava di svolgere un compito di informatica, con il suo fidanzato, guarda caso anche lui da me sostenuto in quel momento, che a sua volta la sosteneva nella sua disperazione di alunna incompresa dal mondo.
Sono tornata a casa, e, per rilassarmi un po', dopo un frugale pranzo, ho deciso di dedicarmi al montaggio della sedia Ikea comprata in un'Ikea mica della mia città, di un'altra città. Che poi sarebbe la mia, mentre quella indicata con "Mia" non sarebbe la mia, ma adesso è la mia, insomma sono tutte e due mie, come si arguisce dai permessi di parcheggio di cui ho già parlato.
Ho scoperto che nello scatolone di montaggio mancava mezzo schienale.
Va bene, allora ho deciso di sostituire il tubo rotto dell'aspirapolvere con l'altro tubo nuovo UNIVERSALE acquistato sempre in quest'altra città. Non era di misura, pur essendo universale. Si vede che era il mio aspirapolvere ad essere particolare.
Poi, è venuto a trovarmi un amico, e io rimuginavo sull'opportunità o meno di andare a correre o all'Ikea "sbagliato" a cercare il pezzo di schienale mancante.
Il cielo era plumbeo.
Scrutavo il cielo e mettevo le mani fuori dalla finestra per verificare l'eventuale pioggia.
L'amico mi ha detto: "Vedrai, se andrai all'Ikea non pioverà, se andrai a correre pioverà".

Sono andata a correre.

Non ha piovuto.

mercoledì 13 ottobre 2010

Vaffadialogo


Dialoghi tra insegnanti di sostegno.

INS 1: L'importante è che tu non prenda personalmente gli insulti degli alunni. Sono persone che hanno dei problemi, e tu non sei il loro problema ma una valvola di sfogo.
INS 2: Sì però io non ce la faccio, a volte la prendo sul personale.
INS 1: No, io invece ce la faccio. Basta che pensi: "E' una persona che ha dei problemi" e non mi offendo affatto né mi arrabbio quando questa persona mi dice qualcosa di brutto o offensivo.

Il giorno dopo:

INS 2: Ma perchè qualsiasi cattiveria ti dica, non ti arrabbi mai?
INS 1: Te l'ho spiegato ieri.

lunedì 11 ottobre 2010

Indizi di genovesità


Se vai in panetteria e compri un pezzo di focaccia, potresti essere a Genova.
Poi, se la focaccia ha un peso specifico simile a quello del mercurio perchè imbevuta d'olio e il prezzo al chilo si avvicina ai 20 €, probabilmente sei a Genova.
Ma se, quando, uscendo, ti viene in mente che ti servirebbe un sacchetto, rientri nel negozio, lo chiedi, e la negoziante ti risponde: "Il sacchetto costa 2 centesimi perchè non hai raggiunto la spesa di almeno 10 €, spesa per cui il sacchetto sarebbe addirittura gratis", sei SICURO di essere a Genova.

Ovviamente ti sarai procurato un bel bigliettone da 500 € con cui pagare i 2 centesimi.

venerdì 8 ottobre 2010

Galoppini

Generalmente un uomo non fa nulla per nulla.
Se fa il galoppino, generalmente lo fa per una donna, e generalmente si aspetta un tornaconto di qualche natura.
Sessuale.
Economica.
Sessuale.
Di status sociale.
Sessuale.
Sessuale.

Diciamo sessuale al 99%.

Ma la cosa interessante del galoppino tipo è che, qualsiasi tornaconto lui desideri, al 99% non lo otterrà.
Continuerà a galoppare aggratis, con tutto il suo bel fardello di
deludende speranze.
Solitamente, accettare una proposta di galoppinaggio implica che la donna proponente creda che il candidato voglia un favore sessuale da lei in cambio del suo lavoro.
Non importa che si tratti della Venere del Botticelli o di una botte per nulla simile a Venere, tanto rimane inculcato in lei il principio del "basta che respiri", applicato da molti uomini, unitamente a quello del "può anche non respirare quasi più o più, e in linea di massima, anche non essere più tiepida", studiato da Bukowski e rivisitato da Almodovar.
La soddisfazione della donna in questione è procacciare al suddetto la normale frustrazione dovuta alla consueta mancanza di favore sessuale di ritorno.
Oltre ad ottenere il favore galoppinante di andata.

Ultimamente, sempre di più, dopo l'avvento di Berlusconi al governo, si vedono donne intente a effettuare traslochi trasportando sulle loro spalle interi mobili quattro stagioni.
Non è che non abbiano trovato nessuno.
E' che chiamare il galoppino è poco femminista, e anche di destra.

mercoledì 6 ottobre 2010

Istruzioni per il miracolo della vista


Se siete afflitti da cecità parziale, vi consiglio un ottimo rimedio per l'autostima e la creazione di una soddisfazione effimera ma potentissima.

INGREDIENTI:
  • lenti a contatto adatte alle proprie diottrie;
  • un po' di sana arteriosclerosi.
SVOLGIMENTO DEL MIRACOLO:
  • indossate le lenti la sera, possibilmente prima di prendervi una sbornia colossale o perlomeno di essere distratti da un evento improvviso (in effetti è un po' difficile pianificarlo, ma so che potete farcela);
  • andate a dormire con le lenti a contatto;
  • il mattino dopo cercate di svegliarvi (caso mai non vi svegliaste, direi che il miracolo non vi servirebbe più), dimentichi e ignari di tutto ciò che è accaduto la sera prima.
All'improvviso ci vedrete.
Non avrete bisogno di mettere gli occhiali.

Sono miracoli.
Fanno piacere finchè non ci si vede allo specchio, con gli occhi iniettati di sangue e un inizio di congiuntivite.

Del resto, felicità a momenti, futuro incerto.

lunedì 4 ottobre 2010

Assiepamenti


Quando uno guarda una folla, la folla pare qualcosa di spaventoso.
E' spaventosa soprattutto se uno, la folla, la guarda di lato. Anche di fronte.
L'importante è che non la guardi da sopra.
Perchè da sopra vedrebbe che non sempre la folla spaventosa è così spaventosa.
Mettete che uno vada in bici su una passeggiata piena di gente che passeggia.
Se la passeggiata è dritta o semidritta, come quasi tutte le passeggiate, vedrà molte, moltissime persone, alcune un po' più avanti, altre un po' più indietro, ma tutte con le loro teste accatastate a formare un muro compatto di teste in controluce.
Insomma, il pedalatore vedrà di fronte a lui una siepe di teste tale che gli passerà la voglia di pedalare là in mezzo.
Alcuni lasceranno proprio perdere.
Si lanceranno in una folle pedalata sul corso vicino alla passeggiata, noto solitamente per essere pieno di automobili sfreccianti e sgasanti, ché tanto dall'altra parte c'è il mare che depura e non è così importante che ci sia roba depurante da entrambi i lati.
Magari ce la faranno, magari non ce la faranno.
Altri, invece, continueranno a penetrare tra la folla, e scopriranno che, tutto sommato, quella siepe di persone non era così compatta, e che, se avessero visto tutto dall'alto, l'avrebbero capito.

Ma l'unico modo per capirlo era provarci.

venerdì 1 ottobre 2010

Caravaggio e la fuga. Sua e nostra.


Certo che Genova è braccino corto.
Certo che il marketing è un affare potente.
Certo che se la mostra si fosse intitolata

"LA FUGA e Caravaggio"

invece che

"CARAVAGGIO e la fuga"

poca gente ci sarebbe andata.

Ma io dico, se voi leggete


"CARAVAGGIO e la fuga"

cosa vi aspettate di trovare in una mostra?

Io non di certo un'opera di Caravaggio e 79 opere sulla fuga dalla città e l'idillio campestre di tutt'altri pittori.

Anche perchè, così, di fughe, ce ne sono due:
  • quella delle opere del Caravaggio, fuggite ancora prima dell'inizio della mostra,
  • quella dei visitatori, dopo aver pagato ben 12 sonanti €uro.