Una volta uno andava dal verduriere a comprare le verdure, dal fruttivendolo per la frutta, dalla merciaia
per le canottiere di lana, dal lattaio per il latte e così via.
Adesso, invece, c'è la fagocitante e onnivendente GDO.
La Grande Distribuzione Organizzata.
Una volta un bambino poteva dire che da grande avrebbe voluto fare che so, il lattaio, invece adesso potrebbe desiderare di essere un dipendente del Carrefour, della LIDL, della Auchan.
Un bambino con
poche pretese.
Gli acquirenti hanno risolto tanti problemi di sminuzzamento del tempo. In più questi supermercati sono quasi sempre aperti con orari inquietanti e del tutto irrispettosi della natura umana dei loro dipendenti.
Dato che la maggior parte dei clienti lavora dal lunedì al venerdì, capita che il sabato ci sia una concentrazione di persone nei centri commerciali che manco i tasselli del campione mondiale di
Tetris.
Capita che uno finisca anche lui al centro commerciale di sabato, o di domenica.
Inizierà ad aggirarsi tra i lineari pieni di prodotti colorati, con su incollate offerte di ogni tipo, incombenti avvertimenti secolari.
Verrà fermato da disperate hostess cinquantacinquenni che gli propineranno altri sconti e assaggi di tutto, tanto che potrà tranquillamente pasteggiare gratuitamente a suon di campioncini, sempre che abbia la faccia tosta di consumare il cibo e non farsi consumare dal marketing. Sarà abbastanza facile riuscire nell'intento, in quanto le energie delle stagionate hostess, già deprivate dalla loro vita di neopovere, saranno scarse e spente.
Se uno deciderà di fare l'incauta spesa in giornate particolari, magari legate a festività tipo la Pasqua (a proposito,
buona Pasqua a tutti),
si ritroverà avviluppato in un boa constrictor di corpi umani tetrissati che si agiteranno il possibile per raggiungere qualche benefit. Ad esempio, un uovo di Pasqua gigante spezzato a martellate gommose da nerboruti e tatuati steward e distribuito gratuitamente a tocchettoni da hostess dipinte in faccia manco fossero un
Botero.
Man mano che il tempo passerà, nel continuo aggirarsi tra
la folla
le offerte
i lineari
le hostess
gli steward
i carrelli
i bambini urlanti
i pesafruttaeverdura
le code alle casse umanizzate
quelle alle casse disumanizzate,
uno inizierà a perdere i contorni della realtà, a sentire un giramento di testa, una nausea incipiente che aumenterà ogni secondo di più che permarrà all'interno dei locali.
Perderà l'equilibrio, il senso della lista della spesa, e procederà con passi incerti appeso al carrello o appoggiato al cestino con ruote come a una stampella inattendibile, che scorrerà in direzioni impreviste, a rendere il suo stato ancora più precario, fino ad arrivare a
una totale overdose di disorientamento,
un mal di centro commerciale,
che
manco l'
assenzio,
manco il
laudano,
manco il
tamango.
Se fossi una poetessa maledetta, sarebbe al centro del centro commerciale che
mi metterei a scrivere il manifesto della mia poetica.
Ma sono una blogger, nemmeno maledetta.
E quindi nel centro commerciale faccio la spesa.
Il sabato.
Prima di Pasqua.