LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

mercoledì 30 giugno 2010

Sorprese urbane

Nella via in cui abito per il 66 % del mio tempo c'era una palazzo enorme della Provincia.
Questo palazzo enorme della Provincia ad un certo punto ha smesso di essere pieno di gente che badgeava il cartellino, poi ha iniziato a essere circondato da un pannello blu e giallo.
Quando era circondato dal pannello, l'ho odiato,' sto posto, perchè ogni tot scattava un allarme assordante, soprattutto di notte, e nessuno lo spegneva, perchè non solo non c'erano più i badgeatori diurni, ma non c'era più nessuno, nemmeno un guardiano notturno, e così gli spaccini andavano là, si appoggiavano ai pannelli, si sedevano sulla gradinata d'ingresso, insomma, o erano loro o erano i piccioni a far scattare l'allarme, in ogni caso l'allarme scattava sempre.
Ultimamente, l'allarme ha smesso di scattare.
Io non sono una persona che vede tutto tutto quello vicino a cui passa. Vedo cose, ma alcune.
E così, passa tu che passo io, non facevo mai attenzione al palazzone della Provincia, ma l'altro giorno ho fatto attenzione, e il palazzone della Provincia era sparito. Al posto suo c'è una voragine, e sulla voragine si affacciano tante case d'epoca, che sembrano uscite dalla campagna, con tutta l'edera che si arrampica sui muri, e i giardini con gli alberi, e mi sono proprio detta che ci vuole così poco a tirare giù anche le cose grandi e radicate e immobili.

lunedì 28 giugno 2010

Astuzie antiscippo


Ormai non sono più una provincialotta da spennare.
Sono un'accorta cittadina.
A volte mi stupisco davvero di quanto sia accorta.

Una volta, appena uscivo mi rapinavano. Portafogli, cellulari, tutto.
Passavo molto del mio tempo libero a fare denunce di smarrimento e code in uffici pubblici deputati al rifacimento dei documenti.

Un giorno, poi, è stato troppo.
Da quel giorno, mi sono incollata la borsa addosso, sul davanti, e ci tengo sempre una mano sopra.
Anche quando pranzo a casa dei miei.
Anche quando mi faccio la doccia.
Non si sa mai.
E' un po' scomodo in certi momenti, ma è per una giusta causa.

In macchina, però, no.
In macchina, già devo guidare, già ho la cintura di sicurezza, già.
E quindi c'è da selezionare il luogo in cui appoggiare la borsa.
Sul sedile a fianco, mai.
Ci sono i vols à la portière.
Originariamente, lasciavo la borsa sul sedile davanti con la tracolla attorno al cambio.
Poi, tenendo all'integrità del cambio, ho iniziato a metterla sotto il sedile destro dietro.
Poi, avendo tanto tempo per stare in macchina a pensare, ho pensato che qualcuno avrebbe potuto aprire la portiera dietro con l'auto ferma a un semaforo e fregare la borsa.
Invece di chiudere le portiere, ho messo la tracolla attorno al freno a mano.
Non vedo l'ora che qualcuno provi a derubarmi la borsa.
Ovviamente vuota, perchè il denaro provvedo a inghiottirlo prima di salire in auto.
L'unica cosa scomoda è che per riutilizzarlo devo aspettare che abbia fatto il suo giro.
Con la carta di credito la cosa si fa complessa, ma l'importante è che da quel fatidico giorno nessuno mi abbia più derubata.

venerdì 25 giugno 2010

Citazioni

Non ci credo!
Wow!
Le frasi del mio blog vengono utilizzate per decorare pacchi regalo!

(Fatti a me, ma questo è un particolare).



mercoledì 23 giugno 2010

Voglia di suonare

Se a uno proprio viene voglia, ad un certo punto, di suonare uno strumento, si trova di fronte al bivio del tipo di strumento. Più che a un bivio, a una multiforcazione pazzesca.
E poi, se ha una certa età, di certo non potrà pensare di suonare nella filarmonica di Parigi (esisterà?) o cose del genere.
Potrebbe, ad esempio, se dotato di una certa dose di esibilzionismo, suonare sui cigli delle strade, o sotto i portici, o nelle piazze.
Insomma, potrebbe fare l'artista di strada.

Solo che, sebbene dotato di esibizionismo, l'individuo in questione, reputato normale, se si mette diciamo a 30-40-50 anni a suonare uno strumento, non avrà quella naturalezza da palcoscenico che si acquisisce solo con la pratica o si possiede unicamente con il narcisismo più sfrenato.

Al che, oltre a dover suonare lo strumento, potrebbe incorrere nell'inconveniente di dover pensare a che faccia fare.
Sorridere?
Occhieggiare?

Una soluzione è la scelta di strumenti a fiato.
Così non si può assumere altro che un'espressione soffiante, e in più, se si è vittima di commenti poco piacevoli sul proprio aspetto estetico, si può sempre dire che il proprio viso è stato sfigurato dallo sforzo sonatorio.

lunedì 21 giugno 2010

Per gioco


La vita si può prendere sul serio o un po' come in un videogioco.

Ricordando che il game over nella vita è la morte, e non ci sono seconde chance.

venerdì 18 giugno 2010

Kundera docet...

Vi incollo qui due pezzi significativi del libro di Kundera che sto leggendo, questo:


Sapete cosa succede quando due persone chiacchierano. Uno parla e l'altro gli toglie la parola: E' proprio come me, io... e si mette a parlare di se stesso finché il primo non riesce, a sua volta, a dire: E' proprio come me, io...
Questa frase, è proprio come me, io...,può sembrare un'eco approvatoria, un modo di continuare la riflessione dell'altro, ma è un abbaglio, uno sforzo per liberare dalla schiavitù il proprio orecchio e per occupare con la forza l'orecchio dell'avversario. Giacché tutta la vita dell'uomo tra i suoi simili non è altro che una lotta per impadronirsi dell'orecchio altrui.


La grafomania (mania di scrivere i libri) diviene fatalmente un’epidemia di massa quando il progresso di una società raggiunge tre condizioni fondamentali:
1) un alto livello di benessere generale che permette alla gente di dedicarsi ad attività inutili;
2) un alto grado di atomizzazione della vita sociale e il conseguente, generale isolamento degli individui;
3) una radicale mancanza di grandi cambiamenti sociali nella vita interna della nazione(da questo punto di vista mi sembra sintomatico che in Francia, dove non succede assolutamente nulla, la percentuale di scrittori sia ventun volte maggiore di quella di Israele. Del resto Bibi si è espressa benissimo quando ha detto che, visto dal di fuori, non ha vissuto nulla. E’ proprio questa assenza di contenuto vitale, è questo vuoto il motore che spinge a scrivere).
L’effetto, tuttavia, si ripercuote sulla causa. L’isolamento generale crea la grafomania, ma la grafomani di massa rinforza e aumenta l’isolamento generale. L’invenzione della stampa permise un tempo agli uomini di comprendersi a vicenda. Nell’era della grafomani universale, il fatto di scrivere libri assume un significato opposto: ognuno si circonda delle proprie parole come di un muro di specchi che non lascia filtrare alcuna voce dall’esterno.

mercoledì 16 giugno 2010

Rispettare i limiti

L'altro giorno mi sono detta: ora rispetto i limiti.

Attacco di civicità o di sindrome da carenza di punti sulla patente che fosse, mi sono messa bel bella sull'autostrada, con le migliori intenzioni di rispetto del codice.

Ovviamente, migliori significa andare al massimo della velocità consentita ovunque.

Il che significa tenere l'indicatore sempre mezza tacca più su del massimo della velocità consentita, ché tanto si sa che le macchine sono tarate un po' in difetto. Ho verificato con il navigatore, quando ancora mi funzionava. Nella speranza che non fosse il navigatore a essere tarato per eccesso.

Il fatto è che sull'autostrada Savona-Torino è impossibile rispettare i limiti in questo modo, perchè il limite del 110 all'ora finisce, quindi uno accelera fino ai 130 e qualche tacca, ma si reimbatte un un altro cartello che indica che il limite del 110 km/h continuano!

Strategia per fare una copiosa raccolta multe, complici i nuovi tutor?

lunedì 14 giugno 2010

Venditori di felicità


Vendere felicità paga.
Perchè?
Perchè la felicità non ha prezzo, ma tutti sono disposti a comprarla.
Soprattutto per averla subito e comoda.

Per questo proliferano manuali su come trovare la felicità con il pensiero positivo o cose del genere.
Per quanto intelligente, colto, razionale tu sia, ci sarà sempre un momento di debolezza in cui ti appoggeresti a qualsiasi cosa pur di uscire dal tuo baratro personale.
Considerato che siamo circa 7 miliardi al mondo, togliendo quei 4/5 che alla felicità o infelicità forse non hanno tempo e modo di pensare, rimaniamo comunque 1,4 miliardi.
Vuoi che su 1,4 miliardi non ce ne siano abbastanza, momentaneamente o meno, inabissati in un baratro tale da comprare quei libri vendi-felicità?

Anche le religioni se ne sono accorte.
Guardavo un film di Bertolucci, e c'era gente che si confessava con un prete.
Mi sono messa a pensare alle confessioni, a come me le avevano spiegate quando ero una fervente parrocchiana, ovvero all'età di 7 o 8 anni.
Tu raccogli tutti i tuoi peccati, ti penti amaramente, poi li racconti al prete e il prete ti assolve.
Quando esci dal confessionale, sei senza peccati.

Bello, uscire dal confessionale candido e ripulito.
Senza i peccati sul groppone.

Gli altri, invece, i peccati se li portano sul groppone finchè campano.
E anche l'infelicità. A momenti.

Non solo gli altri.
Tutti.
Perché per quanto si possano comprare libri carissimi, cartonatissimi, patinatissimi, per quanto ci si possa confessare illudendosi che i nostri peccati, rimorsi, rimpianti, sensi di colpa, sentimenti asfissianti se li prenda il prete e li depositi in un pozzo senza fondo lontano da noi, in realtà ce li teniamo sul groppone, e tanto vale imparare a conviverci, conoscerli e sapere che alcuni ce li porteremo fino alla tomba.
Ché alla fine non fa nemmeno male.
Anzi, fa male ma poi fa bene.
Come la GAG.

venerdì 11 giugno 2010

L'ultimo giorno di scuola


Oggi per me è l'ultimo giorno di scuola.
Sono arrivata a trent'anni, con un buco di undici anni, per rivivere l'atmosfera dell'ultimo giorno di scuola.
Perchè c'è poco da fare.
Puoi essere depresso, puoi essere arrabbiato, puoi essere frustrato, puoi essere disperato, ma l'ultimo giorno di scuola è l'ultimo giorno di scuola.
Non c'è riunione postuma che tenga.
L'ultimo giorno di scuola è oggi, e non si può non assaporare come si è sempre assaporato.
Ogni anno.
Anche da prof.

mercoledì 9 giugno 2010

Dilemmi dell'accoppiamento


Quando uno decide di accoppiarsi, non in senso biblico e basta, ma proprio per la vita, si trova di fronte a un dilemma quasi sempre.

Dico quasi sempre, perchè potrebbe anche accadere fortuitamente di trovarsi davanti a un non-dilemma, qualora, nello 0,00000000000001% dei casi, si sia felici di stare con una persona che a sua volta è felice di stare con noi.

Nel 99,99999999999999% dei casi, invece, accadono due cose:
  • la prima che può accadere è essere felici di stare con una persona che, invece, non è felice di stare con noi, o almeno non lo è quanto noi. In questo caso si vive immersi in uno stato di precarissima e incosciente felicità;
  • la seconda cosa, non meno perniciosa, è l'essere noi quelli non tanto felici di stare con una persona, che invece è felicissima di stare con noi. In questo caso versiamo in uno stato di frustrata insoddisfazione e piattume permanente, il tutto innaffiato da una spruzzata di sensi di colpa.
Ci sarebbe anche il terzo caso, quello dell'infelicità di entrambi, caso più frequente di quanto non suggerisca il buon senso.
Nella vita è pieno di persone sado-masochiste.

lunedì 7 giugno 2010

Mettete bimbi sui vostri davanzali

Ero in Banca, in coda.
Dire coda è tanto, perchè l'agenzia era piccola e la coda consisteva in un nonno con il nipotino di quattro o cinque anni.
Il nonno pareva in grado di intendere e di volere, avendo un aspetto relativamente giovane.
Il bambino pareva a sua volta in grado di amministrarsi liberamente per quel che concerneva il tenersi in piedi e l'orientarsi nello spazio.
Quando è stato il suo turno, il nonno ha preso il bambino autonomamente capace di deambulare, l'ha sollevato e l'ha deposto sul davanzale dello sportello, se così si chiama quel pezzo orizzontale su cui ci si appoggia per firmare le carte. Il fatto è che, con il bambino lì seduto, con tanto di dinosauro svolazzante in mano, non era facile per il nonno interagire con la cassiera. I fogli li appoggiava sulla gamba del bambino, e si spiegazzavano tutti nell'intento di firmarli. Insomma, era tutta una complicazione che mica ho capito.

Ad un certo punto il nonno si è ricordato che doveva andare a comprare il giornale, e ha legato il bimbo con il cordino della biro, lasciandolo lì.

E' stata dura riuscire a prelevare e fare un bonifico con il bambino lì.

Chissà se poi il nonno è tornato a prenderlo.

venerdì 4 giugno 2010

Donna dal benzinaio!


Sono dal benzinaio.
Si sa che una donna, dal benzinaio, già solo perché è una donna, ci si aspetta che combini qualche casino.
Ma io no, io sono una donna volantosa, io sono una donna che dal benzinaio con una mano sola, si rifornisce.
Quindi, sono dal benzinaio, con quel fare spaccone da donna volantosa.
Mi avvicino al baracchino del pagamento bancomat, infilo la tessera, seguo tutta la procedura di pagamento bancomat. Ché sti baracchini dei benzinai Kerotris non sono mica come tutti i baracchini dei benzinai. Questi hanno due schermini, uno in basso a sinistra e uno in alto a destra, e di continuo uno schermino ti dice di usare l'altro schermino, e ti indica dove si trovi con una freccia. Poi, dopo un secondo, l'altro schermino ti rimanda con un'altra freccia a quello di prima e così via, in una danza degli occhi tra uno schermino e l'altro.
Terminato il volteggiamento oculare, mi rendo conto che il baracchino relativo alla pompa presso la quale mi sono parcheggiata è a un metro dalla pompa, e non dall'altra parte del benzinaio, dove mi trovo io.
Sempre con la camminata alla John Wayne, fischiettando, anzi senza fischiettare, che chissà perchè poi bisogna fischiettare quando si fa finta di niente, vado al baracchino giusto e seguo tutta la procedura.
Intanto c'è un vecchietto canuto e bianco con una macchina cubettosa che mi osserva e si piazza con la porta aperta proprio davanti a me. La cosa strana è che ci si era piazzato anche prima, quando ero al baracchino sbagliato. Insomma, proprio uno che ha sempre la portiera tra i baracchini.
Finalmente vado a larghe falcate a fare benzina.
Prendo la pompa, la inserisco nell'apposita imboccatura del serbatorio, ma non entra. Guardo meglio. Sono alla pompa per i mezzi pesanti.
Osservo l'ambiente circostante. C'è sempre il canuto nonnino che gira in macchina e apiedi per tutto il benzinaio. Ed è arrivato un camionista, che mi guarda incuriosito mentre sposto la macchina alla pompa per comuni automobili mortalmente utilitarie.
Torno al baracchino con un certo appannamento della falcata e riseguo tutto il procedimento schermino 1-schermino 2, rivado alla pompa, e la pompa, pur essendo della taglia giusta, non eroga.
Mi accorgo che il pagamento del mio bancomat è rimasto incastrato in qualche baracchino.
Inizio a papillonare di baracchino in baracchino, mettendo il bancomat qua e là, sfarfallando di schermino in schermino, sentendomi schernita dal camionista e dal vecchietto canuto, che gira e rigira tra i baracchini.
Alla fine desisto.
Ok.
Sono una donna.
Non mi rifornirò di benzina.

Me ne vado.
Con in testa l'immagine del vecchino canuto che si sta rifornendo a tutte le pompe da me finanziate.

mercoledì 2 giugno 2010

Scala

Quando uno guida in quinta in autostrada, andando come un ossesso e prendendo tutte le curve in modo aggressivo senza mai frenare, quando vede che anche se è sicuro di non ribaltarsi la macchina dà l'impressione di ribaltarsi lo stesso,





è ora che scali in quarta.