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giovedì 13 giugno 2019

La grande mistificazione

(foto di Francesco Russotto)

Le foto sono una delle più grandi trappole dei nostri tempi.

Uno fa un sacco di foto, tantissimi selfie, poi li tiene ordinatamente in Google foto se è schivo e riservato, le sbatte in faccia(libro) a tutti se non lo è: Facebook, Instagram, stato di Whatsapp.

Una volta c'erano l'album foto e la macchina fotografica con il rullino. Stesso concetto, ma minor numero di scatti e minor esibizionismo. Scatti ed esibizionismo avevano un costo. Adesso sembrano gratis.

E' una roba perversa, perché non è che scattando foto uno salvi il tempo, o lo congeli.

Facendo foto, uno si illude di catturare l'istante, ma l'istante è quello del fotografo o di ciò che è fotografato? E se il fotografato sorride per il fotografo e ha la morte dentro? E se al fotografato è appena entrato un moscerino in un occhio e lacrima come una cascata ma in realtà è intimamente felice? E poi, se una persona si accorge di essere fotografata, non diventa già meta-sé stessa?

Per non parlare dei selfie.
I selfie, trattandosi di foto caratterizzate da identità tra fotografo e fotografato, potrebbero sembrare più inclini a rispecchiare lo stato d'animo del momento. Ma figurarsi. I selfie sono il miglior modo per intortare sé stessi fingendosi quello che non si è.

Il bello è che, poi, dopo un po', guardi le foto vecchie, selfie e non, e ti crei un passato che è un po' come quello edificato con un'intelaiatura di ricordi: una grande mistificazione.

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