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lunedì 4 febbraio 2019

Perché sono qui oggi? Beh.

Ero lì che correvo davanti a un parco recintato, e con la coda dell'occhio ho visto un tizio che si stava facendo un video-selfie con il cellulare, e diceva: "Perché sono qui oggi? Beh".
E interrompeva.
Poi riprendeva e ridiceva: "Perché sono qui oggi? Beh".
E di nuovo interrompeva.

Siccome quando uno corre passa veloce, sono passata veloce ed ero già quasi oltre, con una tentazione micidiale di fermarmi e dirgli: "Perché sei qui oggi?", ma sembrava brutto, perché in questa società virtual-social, uno sconosciuto che ti parla per strada sembra un pazzo, poi così, senza un perché. Insomma, il perché ci sarebbe anche stato, era sapere perché il tizio fosse lì quel giorno.
Ma allora tanto valeva chiederlo a tutti, anche alle vecchiette che si sistemano sempre sul cavalcavia nebulizzato di polvere di ferro originata dallo stridore di ruote di treni e rotaie, a due metri da macchine incolonnate ferme a motore acceso: ci sarei passata dopo poco,e le avrei viste lì, con tanto di paraocchi per prendere il sole e giornali da leggere (non si sa come, con il paraocchi), come se stessero in spiaggia ad agosto mentre invece sono in un posto trafficatissimo inquinatissimo grigissimo in mezzo a Torino.

E allora non ho chiesto a nessuno perché fosse lì quel giorno.

Poi sono tornata a casa e mi sono pentita amaramente.

Ché ho passato il resto del tempo a chiedermi cosa facesse lì quel tizio quel giorno.

Alle vecchiette, invece, potevo sempre chiedere un'altra volta.

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