sabato 7 giugno 2014
L'ultimo giorno di scuola
Oggi è l'ultimo giorno di scuola.
Alcuni prof, quando ero dall'altra parte della trincea, mi avevano detto di aver passato la vita ad aspettare il famigerato ultimo giorno di scuola.
E io ci credevo.
Credevo a quella sensazione di gioia infinita, a quella cessazione delle sofferenze, a quella consapevolezza di avere davanti a sè il periodo più lungo di ozio possibile, distando l'ultimo giorno la distanza massima dal primo. Quasi tre mesi di pura libidine. Ché, anche se si fosse passata l'intera estate tumulati in casa a leggere "Topolino", sarebbe stato bellissimo, invece di alzarsi tutti i giorni alle sei e mezza, sabato incluso, perchè per me c'era la settimana lunga, esperienza che ora non augurerei nemmeno al mio peggior nemico.
Ora che faccio la prof sono contenta di aver davanti a me questa distesa di giorni di disoccupazione (intesa come assenza di occupazioni obbligatorie ma anche di stipendio - questa, però, è un'altra storia - ), però non sono COSI' contenta.
Quando sei studente, possibilmente non rimandato, finire l'anno è una cosa goduriosa nella misura in cui l'anno è stato una mazzata. E, se sei alle superiori, l'anno è sempre una mazzata. Se sei prof, la goduriosità è molto più bassa perchè l'anno è più gestibile. Prima di fare l'insegnante ho provato tanti lavori: ho prestato servizio sette giorni su sette, tutto il mese su tutto il mese. Nel frattempo studiavo anche, di notte, per cose che decidevo io, ma MAI ho faticato come a scuola, dove ci si dà da fare per cose che decidono gli altri. Quando lavori vai lì, presti la tua opera, poi esci e hai finito. Hai un lavoro in un ambito definito, sai cosa fai e dopo un po' sei competente (si spera). Quando studi, sei in balìa di un branco di professori (non sempre centrati), e devi imparare continuamente cose nuove ai ritmi di chi te le impone. Se sei al Liceo, hai poche materie ma impestate. Arrivi a casa presto ma devi studiare un bel po'. Se fai il professionale non ti credere, trascorri a scuola il tempo che passa al lavoro un dipendente pubblico al lavoro, e in ogni ora hai una materia diversa. A casa dovrai studiare un po' meno, ma ci arriverai a pomeriggio inoltrato. Le interrogazioni e le verifiche saranno programmate poco tempo prima, spesso tutte ammassate l'una sull'altra, intervallate da interrogazioni varie. Ti capiterà che in un giorno tu abbia due interrogazioni e due verifiche scritte, alla faccia della coesione del consiglio di classe (e della presunta ma non dimostrata centratezza dei prof). I tuoi genitori ti staranno con il fiato sul collo, e se andrai male ti sottoporranno a pene morali e/o corporali.
Insomma, è ovvio che l'ultimo giorno di scuola uno studente tiri un sospiro di sollievo grande come una scuola.
Meno ovvio è che lo tiri un professore, che insegna la propria materia, conosciuta da anni e anni e ormai (teoricamente) padroneggiata. E' lui che decide quando sono le interrogazioni e le verifiche, e in più non tocca a lui svolgerle. Lavora 18 ore a settimana più le riunioni, che consistono nello starsene seduti a sparare commenti sugli alunni, cosa che è assimilabile a una riunione di qualsiasi lavoro da 40 ore a settimana. Le sue 18 ore sono toste e dedite al 100% al lavoro; non è che si possa fare come in ufficio, che si va su internet, si guardano le mail, si gioca ai videogiochi, ci si scambia mail del cavolo con i colleghi. Quando sei in classe, ci sei al 100%. Però è stimolante, e sei tu quello con il coltello dalla parte del manico.
L'unica cosa al mondo che può rendere quelle 18 ore veramente devastanti è il comportamento dei ragazzi.
Quando io andavo a scuola, era ancora diffusa la credenza che il prof fosse un semidio e che andasse venerato e onorato.
Ora, gli studenti hanno capito.
Il prof è un privilegiato tra i privilegiati, soprattutto in confronto a loro.
E così, quando finisce la scuola, non è che si goda così tanto l'ultimo giorno di scuola.
Ai ragazzi dispiace, perchè la goduria dellultimo giorno di scuola è una sensazione unica.
Tengono a che i loro professori possano provare, come loro, quel sollievo incredibile.
E allora si industriano, facendo in modo che anche per loro l'ultimo giorno di scuola sia una liberazione totale.
Che carini.
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