martedì 17 maggio 2016
Peccato (s)confessato
La confessione, in chiesa, è quella professione di colpevolezza che per i cristiani si manifesta con una preoccupazione grandissima.
La preoccupazione è: mi ricorderò tutto l'atto di dolore?
Uno va davanti al patibolo ligneo, si inginocchia legnosamente, e il pensiero principale che anima la sua mente è l'atto di dolore finale.
Ha avuto un bel ripeterlo ottantasette volte seduto al banco, invece di chiedersi quali potessero essere i peccati da confessare.
Una volta prostrato davanti al prete, che per fortuna legge menefreghista Famiglia cristiana o Playboy (più Playboy) comodamente nascosto dietro il pannello bucherellato, diventa difficile anche articolare parole sulle proprie malefatte, talmente si è focalizzati sulle strofe dell'atto di dolore.
Si elencano un po' di peccati standard pretabili, cose tipo
ho mangiato troppo cioccolato
non sono stato generoso
desidero la donna d'altri
possiedo l'uomo d'altri
(che poi già qui c'è un doppio peccato di appropriazione di essere umano, peccato gravissimo, ma almeno suddiviso con 'altri')
rubo
mi drogo
mi prostituisco
ho ucciso un uomo,
cose così,
ma intanto il pensiero fisso è l'atto di dolore.
E' inutile impegnarsi nell'elencare tantissimi peccati per rimandare il temuto momento, anzi è controproducente. E' infatti risaputo che la permanenza prolungata con le ginocchia su un asse di legno non è proprio indicatissima per la salute, e si rischia di dover affittare una carrucola che ci sollevi dopo la contrizione finale.
Conviene quindi avviarsi rapidamente alla prova del nove, sparando una sintetica compilation prefabbricata di peccati, sempre quella, a partire dal giorno della prima comunione fino a quando ci si stufa di essere praticanti e ci si rifugia nella accoglienti braccia dell'agnosticismo
o dell'ateismo
o semplicemente della non praticanza.
Il prete poserà Famiglia cristiana o Playboy (più Playboy), si girerà e dedicherà la massima attenzione quando dirà "Ora recita l'atto di dolore".
In quel momento il cervello sarà raggiunto da una nuvola pulviscolosa nera, e la recitazione si avvierà in modo troppo precipitoso per essere sicuro.
AttodidoloreMioDiomipentoemidolgocontuttoilcuoredeimieipeccati (inspirazione profonda)
perchépeccandohomeritatoituoicastighiemoltopiùperchéhooffesote (altra inspirazione affannosa)
infinitamentebuonoedegnodiessereamatosopraognicosa.
(Lungo silenzio)
Qui solitamente arriva il buco nero completo, con tutto il suo vorticante nulla aspirante.
Si entra in un panico tremante, si inizia a pensare a robe come comeincielocosìinterra. Ma no, è il padre nostro.
PropongoconiltuosantoaiutodinonoffendertimaipiùedifuggireleoccasioniprossimedipeccatoSignoremisericordiaperdonami non esce mica dalla bocca.
Forse c'è un senso.
Forse uno non se lo propone davvero, di fuggire le occasioni prossime di peccato.
Che poi,
chi l'ha deciso qual è il peccato?
Sarebbe un peccato anche rinunciare al peccato.
Al tempo stesso sarebbe un peccato rinunciare al peccato di rinunciare al peccato.
E non sarebbe forse un peccato evitare il peccato di rinunciare al peccato di rinunciare al peccato?
(ed ecco l'elenco prefabbricato per la prossima volta, estendibile all'infinito)
Già solo con il pensiero, non ci si pente,
non ci si duole.
Si è uomini fallibili,
si dà lavoro ai preti,
anche loro uomini fallibili.
Sarebbe però un vero peccato che un peccatore peccasse remidizzando i nostri peccati.
Meglio raccontarli direttamente a dio.
Quale dio?
Non c'è?
Non c'è.
Va beh, allora aspetto.
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