LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

mercoledì 3 dicembre 2014

Amo le attese e prima o poi butto lo smartphone nella pattumiera






In questa vita rutilante in cui ci si sposta sempre trafelati dappertutto facendo settanta cose insieme si corre il rischio di diventare meno osservatori, di fermarsi sempre meno a guardare cosa succede intorno, al punto di spostarsi a piedi in bici in macchina con lo sguardo e l'udito semiimmersi nello smartphone, presi da una vita che non è mai lì con noi ma sempre altrove. E così il qui ed ora passa in fanteria. Ce lo perdiamo, vivendo non nel passato, e nemmeno nel futuro, ma semplicemente in un compresente altrove.

Anche su questo ci sono da scrivere parecchi post, ma il blogger rischia di perdere un sacco di post-occasioni ghiotte perchè non si guarda più intorno. E poi, vuoi mettere il lusso di osservare quietamente quello che c'è intorno senza altre distrazioni? Una volta capitava spesso, ora rarissimamente. C'è sempre una notifica che arriva sullo smartphone.
E così la gente intorno vive, parla, ci sfiora senze che ce ne rendiamo conto.
E così, quando capita di essere in una coda, o aspettare qualcosa, si sbuffa, ci si agita, non ci si gode il momento. E ci rituffa nello smartphone, rifugio finale di ogni momento altrimenti sospeso. Di quelli che non sapresti dove mettere le mani, che fare, dove guardare. Comodo. Ma in realtà le attese sono momenti goduriosissimi di osservazione di se stessi e degli altri.
Pensate quando si aspetta qualcuno fermi in un posto. Passa un sacco di gente, si ascoltano molti frammenti di discorsi, c'è tutta una vita intorno da osservare.
Poi, a volte, c'è gente che ti serve il post su un vassoio d'argento.

Magari stai partendo in macchina per andare a lavorare, hai già messo la freccia, hai già girato le ruote, quando arriva una bionda patinata con il SUV del marito presumibilmente medico o avvocato immersa nel suo smartphone fino al midollo, con tanto di cuffie nelle orecchie, parcheggia a 3 cm dalla portiera, lungo tutta la tua auto, e, mentre cerchi di attirare la sua attenzione con gesti a lei invisibili e clacsonate per lei inudibili, scende e se ne va. E allora tu attendi, e ti studi un bel post che descriva l'impossibilità di accorgersi della vita intorno quando si è distratti dalla vita altrove.

Magari vai in Posta, ti siedi lì, e invece di immergerti a tua volta nello smartphone, ti guardi intorno. Se sei fortunato scoppia una bella lite. Non devi nemmeno esserlo troppo. Scoppia spesso. A volte per colpa dei dipendenti delle Poste, a volte per colpa dei clienti, a volte per colpa di entrambi.
L'altro giorno c'era un vecchietto trepidante che faceva tanti scattini con le gambe in attesa della chiamata del suo numero. Quando, dopo 3 minuti che era lì, minuti che a lui saranno probabilmente parsi 3 ore, è comparso sullo schermo il suo C6, si è fiondato su uno sportello chiuso dietro cui l'ignara direttrice stava mettendo a posto faldoni.
Direttrice: "Mi spiace, lo sportello è chiuso"
Agitatone: "Ma hanno chiamato il mio numero"
Direttrice: "Sì, certo, ma l'hanno convocata allo sportello indicato nel tabellone a fianco del suo numero, il 5"
Agitatone: "Ma cosa dice, io dovevo venire qui, è chiaro, perchè c'è lei qui che non sta ricevendo nessuno e non sta facendo un tubo!"
Direttrice: "Veramente sto facendo un altro lavoro di back office"
Agitatone: "Lavativi che non siete altro, voi siete qui per prendere in giro la gente, dovreste venire un po' a lavorare con me per capire come si lavora!" e intanto aveva visto il tabellone, con scritto a chiare lettere che avrebbe dovuto andare allo sportello 5 e non all'1, ma ormai era diventata questone di principio. Vacillava internamente, ma insisteva esternamente.
Direttrice: "Provi a venire a lavorare con noi, per capire".
Quando l'agitatone è salito in piedi sul poggiagomiti dello sportello 1 gridando e battendo pugni sul vetro, 2 persone su 45 in sala d'attesa hanno distrattamente sollevato gli occhi dallo smarthpone per circa 10 secondi.
Al che mi sono detta che forse, in questa società di alienati, c'è speranza.
Qualcuno ancora reagisce alla vita qui ed ora.
Poco, ma basta poco.
Meglio di niente.

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