LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

giovedì 31 ottobre 2024

Questione di etimologia

 Aveva ragione Moretti, le parole sono importanti. 
Molti dicono di no, che le parole sono solo una convenzione, che l'importante è la sostanza. 
La sostanza, però, a volte deriva anche dalle parole che si usano per definirla, e l'etimologia stessa racconta molto più di quello che si pensi. Ci condiziona senza che ce ne rendiamo davvero conto, un po' come fa l'inconscio rispetto al cosciente, che ci governa mentre pensiamo di essere noi a decidere tutto a livello consapevole. 

Facciamo un esempio: a scuola, una volta c'era il Preside, adesso c'è il Dirigente Scolastico. 

A fare un concorso da Preside andrebbero le stesse persone che vanno a farne uno da Dirigente Scolastico?

Sembra che, sostanzialmente, si tratti sempre di quel primo inter pares che coordina e organizza l'attività di un collegio di docenti, ma l'etimologia la dice molto lunga:
  • Preside, infatti, deriva dal latino praeses -ĭdis ‘chi siede avanti, chi presiede’, der. di praesidēre ‘presiedere’ •sec. XIV.
  • Dirigente, invece, deriva dal latino dirigĕre, der. di regĕre ‘guidare, reggere’, col pref. dis- 1 •prima metà sec. XIV.
In sintesi, l'etimologia dice che:
  • il Preside presiede,
  •  il Dirigente dirige. 

sabato 14 settembre 2024

Insegnare a vivere nella paura

Come tutti i settembri, possiamo assistere al rientro scolastico di bambini e adolescenti. 
In questo 2024, sarà la vecchiaia, sarà la diminuzione della tolleranza per il traffico legata agli strati di overdose che si assommano anno dopo anno vivendo in città, si ha l'impressione che le strade siano invase da automobili tetrizzate in un ingorgo di lamiere e CO2, con generosissima emissione di PM2,5 e PM10.
Non c'è dubbio che ci sia una correlazione tra scuola e traffico. Ma come, a scuola vanno quasi tutti minorenni e aumentano le automobili? Che mistero è? Non esistono i mezzi pubblici, le biciclette, i piedi? 
Ecco, esistono, ma solo per gli studenti delle superiori (non tutti). 
Quelli fino a 14 anni, cioè fino alla terza media, devono essere scortati dai genitori, dotati di carta d'identità depositata a inizio anno, non solo alle elementari, ma anche alle medie. 
L'ignaro adulto privo di figli, sconvolto da ciò, ma sentendolo dire da tutti i genitori, si stupisce e fa una ricerca su internet: trova questo e questo. Ecco, in realtà il problema non è tanto legato alla legge, quanto alla cagasottaggine della gente. La scuola si vuole tutelare e crea delle regole in più rispetto alla legge, i genitori hanno paura di essere snaturati e diventano sempre più schiavi di un sistema che, invece di creare cittadini, crea un branco di impauriti.   
Eliminare ogni rischio comporta però il rischio di perdere sé stessi, sia come genitori sia come bambini. 
Un bambino accompagnato fino a 14 anni a scuola, tra l'altro quasi sempre in macchina, con creazione di ingorghi devastanti, a 15 anni avrà paura di tutto e si sarà allenato a pensare che se è stato scortato fino a quell'età, là fuori debba esserci qualcosa di terribilmente minaccioso. 
Un genitore che accompagna sempre il figlio dappertutto fino ai 14 anni perderà un sacco del proprio tempo libero e correrà il rischio di sviluppare un attaccamento al pargolo difficilmente reversibile, con aleggiamento di una vaga sensazione di non avere più una vita da vivere senza i figli. 
Insomma, un popolo di persone che hanno paura di un sacco di cose è un popolo più manovrabile con strategie nemmeno troppo fini. 
Sarà più rischioso vivere nella paura e insegnare la paura o lasciare che i propri figli facciano qualcosa da soli, anche girare in città in autonomia per quei 200-1000 m che separano casa da scuola, magari evitando di sentirsi dei perfetti idioti e scoprendo l'adrenalina e la concentrazione che comporta fare qualcosa di responsabilizzante completamente in autonomia? 
E quale delle due scelte garantisce un maggior rendimento?
La risposta è scontata: a giudicare dalle strade ricoperte di automobili e SUV rigorosamente in moto davanti alle scuole, è sicuramente che sia meglio vivere nella paura e insegnarla.


giovedì 20 giugno 2024

Il non-latte al gusto di latte sugli scaffali corti della Esselunga

Uno si aggira per i lineari della Esselunga, che già di per loro sono minacciosi, e non si rende conto nemmeno del perché. Probabilmente perché la merce è tutta allineata in un modo completamente diverso rispetto a tutti gli altri supermercati. In quasi tutta la GDO, si vede un prodotto e gli altri esemplari sono incolonnati dietro al primo. In questo, invece, il lineare è poco profondo e molto largo, e i prodotti sono quasi tutti in vista, uno la replica dell'altro, come tanti gemelli omozigoti o cloni pronti ad avviluppare abbindolosamente il cliente che si aggira nei labirinti delle menti di chi ne ha concepito la disposizione. 

L'aggirarsi è legato alla ricerca del latte di avena, tanto apprezzato per il suo gusto di avena. 

Dato che in un supermercato come la Esselunga, con i lineari poco profondi, si creano dei percorsi lunghissimi, in cui si è bombardati non da tutta la gamma di prodotti, ma proprio da TUTTI i prodotti, in preda a un senso di vertigine da overdose commerciale, uno fatica tantissimo a trovare i latti. Che poi sono solo di mucca. Quelli vegetali sono altrove, in un'altra sfilza di cloni. Nell'ipnotico peregrinare sotto gli effetti psichedelici del marketing, uno incappa in 45 esemplari, tutti ugualmente in vista, di questo:
In preda a un frustrato sconforto, gira la confezione e legge:
Nel delirium tremens da Esselunga, gli basta la scritta AVENA. Non può ricorrere a Yuka, perché ha in una mano il cestino e nell'altra il bombardatore con cui scannerizza comodamente la merce senza dover poi passare in cassa. 

Tornato a casa, apre la confezione, con le ghiandole salivari tutte festanti all'idea di gustare il sapore dell'avena. Ecco. No. Il sapore è uguale a quello del latte. Ma proprio uguale. E dire che a uno il latte non è mai piaciuto. Fosse intollerante, ok. Ma proprio a lui non piace il gusto del latte. 
Poi guarda meglio gli ingredienti:
Oltre all'avena, lì dentro c'è di tutto: anche la cicoria e i piselli. Pure i fosfati di potassio, pieni di fosforo, che se già c'è nei dentifrici c'è scritto di sputare bene tutto, perché se si assume in eccesso può compromettere la mineralizzazione delle ossa, danneggiare i reni, aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e cancro al seno. Poi c'è un bell'aroma artificiale, probabilmente al gusto di latte. Tutte cose che nel latte vero e in quello normale di avena non ci sono.  
L'aspetto divertente è che c'è pure scritto "FONTE DI CALCIO", sia davanti, in grosso, sia dietro, in neretto (oltre che vitamina D2): c'è calcio in aggiunta, con dubbia utilità antagonista rispetto al fosfato, scritto tra gli ingredienti come se fosse innocuo: del resto, conta solo quello che è urlato e sbandierato. 

Insomma, per rendere latte simile al vero il latte finto, si mettono insieme un sacco di schifezze.

Uno, amareggiato, beve lo stesso il non-latte al gusto di latte, che si deposita come un mattone sul suo stomaco: non è intollerante al lattosio. Lo è alla stupidità.

venerdì 10 maggio 2024

Vecchi stronzi

I vecchi, perché così vanno chiamati, sia per evitare facili ipocrisie, sia per significato etimologico, si lamentano sempre dei giovani, della degenerazione della loro generazione. Loro sì, che sono cresciuti con sani principi, i giovani no. 

Leopardi, da canto suo, diceva che la misantropia si prova solo quando si vive in mezzo agli esseri umani, mentre un eremita, che non ne vede mai, difficilmente può essere misantropo. 
Ecco, io credo che si potrebbe pensare che la sua osservazione possa essere traslata parlando di misefebia e misgerontitudine (scusate i termini coniati sul momento). 
Ma invece no.
Una persona a caso, ad esempio un prof, abituato a stare sempre in mezzo ai giovani,  se si sposta in città e incontra dei vecchi, che frequenta poco, difficilmente li apprezzerà.
Non è sicuramente il caso di generalizzare, ma è statisticamente rilevante il loro comportamento indisponente e di intolleranza e supponenza a volte apocalittiche. 

Un esempio per tutti: il vecchio che attraversa la strada.

Arrivi e hai il semaforo verde, il vecchio che deve attraversare la strada ha il rosso. Attraversa lo stesso. Se non ti fermi ti dà una bastonata sul cofano, o addosso se sei in bici. E ti insulta, perché lui è anziano saggio e degno di rispetto.

Arrivi e hai il semaforo rosso, il vecchio che deve attraversare la strada ha il verde. 
Se non ti fermi sei un assassino di vecchi, il che potrebbe anche avere qualche giustificazione di riequilibrio dell'età media mondiale e anche della saccenza e presunzione altrui. Ma non puoi. Riequilibrare così, non puoi. Non sta a te decidere degli equilibri del globo. 
Se ti fermi e lo fai passare, la strada è deserta, e, quando lui è già a 100 m, passi con il rosso (fatti tuoi se poi ti prendi una multa), lui rotea il bastone per aria e grida: "Non devi passare con il rosso!", aggiungendo una serie di parolacce e bestemmie che un giovane non direbbe, ma tanto il vecchio ormai ha raggiunto la soglia del menefreghismo totale per il giudizio degli altri, tutto concentrato su quello divino che lo attende a poca distanza. Forse. E qui uno pensa spontaneamente: "Ma cantieri non ce ne sono abbastanza, che viviamo in una città colabrodo piena di allettantissimi cartelli e recinzioni drappeggiati di rosso e bianco?"

Insomma, il vecchio qualsiasi cosa faccia, ha sempre ragione. Se tu fai qualcosa che non corrisponde al suo sistema di valori, ti insulta. Anche se non gli arrechi alcun danno. 

Il giovane, invece, tollera. 

Prova a contare quanti vecchi ti insultano al semaforo e quanti giovani lo fanno.
Che dici? Il giovane sfreccia in monopattino lo insulti tu?
E' perché sei vecchio. 

mercoledì 13 marzo 2024

Della negligenza

A volte un battito d'ali di un negligente (per non usare altri appellativi) in cortile causa un tornado nello stesso cortile e dintorni. Senza stare ad andare dall'altra parte del mondo.
In città, si sa, si parcheggio difficilmente. Proprio per questo, esistono i garage, cari come alloggi interi in altre località. Uno si compra un garage in città, aprendo il mutuo che a Bombonina un altro apre per una casa di 100 mq.  
Fortunatamente, però, elimina i tempi di parcheggio.

Si dà il caso che la persona ecologica eviti di usare troppo l'automobile, lasciandola come un pupazzo di pezza di quando era piccola a giacere in quel carissimo garage, e spostandosi sempre in bici o a piedi.

Arriva però il giorno in cui ha la bronchite, deve andare a 15 km da casa, ha un appuntamento importante e improrogabile, si è slogato anche una caviglia. Tutto insieme. Si tratta di ipotesi irreali, esempi tratti da un mondo inventato, un mondo tipo Alice nel Paese delle merdaviglie. 

Ecco, in quel giorno, uno scende in garage con l'anticipo doveroso per gli appuntamenti importanti (un'ora per un tragitto da mezz'ora, quindi un'ora e mezza prima) e trova a un metro e mezzo dalla porta un furgone gigantesco. Parcheggiato. Forse c'era già da tempo, ma piedi e bici non necessitano di attenzione per particolari remoti e insignificanti. 
Ovviamente, sul furgone, nessun segno di minima civiltà, nemmeno un bigliettino con un numero di telefono.
Il malcapitato, zoppicando e scatarrando, cerca con mille manovre di estrarre il mezzo, ma, come dice il nome stesso, esce solo per metà dal garage prima di incappare nella fiancata del furgone. Capito che non c'è possibilità, si mette suonare il clacson, poi a girare, sempre zoppicando, per tutti i 145 appartamenti del supercondominio a cui afferisce il cortile. 
Dopo 50 minuti, trova l'operaio in questione in un alloggio dell'ottavo piano dell'ultimo immobile. Perso leggermente l'aplomb, l'ecologista è sempre meno dedito all'equilibrio dell'Universo perché si sta squilibrando qualcosa in lui, soprattutto mentre l'operaio, serafico, ribatte: "Beh, se non c'è parcheggio per strada, io metto il furgone in cortile. Siete voi che avete un cortile mal fatto, senza parcheggi per gli operai, e pieno di box. Tutti mi sgridano, quindi non lascio certo il mio numero di telefono perché se no la gente non mi lascia lavorare e mi fa spostare il furgone di continuo". La logica dell'operaio non fa una grinza nella sua testa: è difficile che 2 neuroni possano aggrumarsi. 
Estratta l'automobile dal garage dopo un'ora e quindici, uno si accorge che mancano ormai 15 minuti all'appuntamento a 15 km di attraversamento di tutta la città di distanza. 
Parte dimentico dei limiti di velocità, comunque dettati dal traffico cittadino delle 10 del mattino. Cosa ci farà, poi, tutta sta gente in macchina alle 10 del mattino, non è dato sapere. 
Dopo 20 minuti, il traffico si dirada e il guidatore, diventato seminevrotico, ancora ben lungi dalla meta ma già in ritardo, decide di fare una performance da need for speed in un sottopasso. Ecco, all'uscita del sottopasso proprio non ci riesce, a sorridere all'obiettivo della macchina fotografica impugnata dal vigile con tanto di giubbottino giallo. 
Controlla il tachimetro: intorno ai100 all'ora. Il limite è di 50.
Arriva ovviamente in ritardo all'appuntamento. 

Passano i giorni, e l'operaio continua a parcheggiare. 
La persona civica gli propone uno scambio di numeri di telefono, per potersi conciliare in modo da usare entrambi il cortile. "No, poi mi rompe le balle come gli altri". I due neuroni continuano a elaborare delicate strategie di convivenza civile.  

Arriva la notifica giudiziaria, in 4 esemplari, da ritirare in 4 luoghi remoti della città. Quando il proprietario del garage scopre di aver preso 2.700 € di multa e di non avere più la patente per i prossimi tre mesi, si apposta in cortile aspettando l'avvento dell'operaio. Il serafico omino, ascoltato il racconto, ribatte: "E va beh, è successo anche a me: paga 1.000 € in più e la patente non gliela tolgono". 

Ecco, ora vi confesso che questa è una storia poco verosimile, ma vera.

Perchè il Paese delle merdaviglie esiste davvero: si chiama Italia. 

sabato 2 marzo 2024

Buon non-compleanno

Oggi il mio blog non compie gli anni, perché li aveva già compiuti martedì 27 febbraio, ed erano 17, e infatti sto numero portasfiga, nell'anno bisesto anno funesto, si è dato da fare.

Poi festeggiare il compleanno è demodé, soprattutto quando di anno in anno si diventa sempre meno prestanti, più anziani, più acciaccati (non lui, chi ci scrive).

Aspettiamo il prossimo anno, l'anno della matura età, anche se non della maturità, almeno per il blog (per me probabilmente sì, come quasi tutti). 




giovedì 28 dicembre 2023

Self-wish man

E niente, siamo sotto periodo di Feste, c'è gente con il cappello da Babbo Natale ovunque, addobbi dappertutto, balconi pieni di luci che manco Bollywood, renne, strenne in ogni dove, la gente ha panettoni che le escono da ogni orifizio, nell'aere si diffondono canzoni natalizie, ci sono film e cartoni di Natale dappertutto, che non si sa più dove trovare un film decente in un cinema, traffico da Feste micidiale che anche in bici ti incagli nei tubi di scappamento, insomma, una serie di festose meraviglie.

Vado in tabaccheria a comprare non so più cosa, ma ovviamente non lo trovo, ed è già tanto se trovo la tabaccheria, perché i tre quarti dei negozi sono chiusi. 

Il tabaccaio mi dice: "Mi spiace, non lo abbiamo, è un periodo così. Abbiamo poco". In effetti sembra che lo abbiano saccheggiato, a momenti non ci sono più nemmeno le sigarette.

Mentre esco aggiunge: "Tanti auguri di buone Feste eh! Anche a te! Ciao!"

Self-wish man.