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mercoledì 21 gennaio 2015

Onda su onda

L'onda verde è un tipico problema automobilistico di noi che viviamo in scatolette più o meno grandi, con più o meno ruote, gran parte della nostra vita.
Nele scatolette con ruote, vorremmo sempre evitare di fermarci a intervalli regolari o anche irregolari.
Vorremmo sempre beccare la cosiddetta onda verde di semafori.
Invece l'onda verde, perlomeno a Torino, è un miraggio. C'è sempre un italico sfasamento tra teoria e realtà, che non si può in alcun modo colmare. Bisogna soccombere alla triste evidenza che la realtà è sempre quella dell'onda rossa, e quella verde è la sua idea iperuranica. Che se uno ci aggiunge pure un po' di bianco si fa l'Italia (o si muore).

Lì, si è nella strada, si deve sguire la carreggiata, non si sfugge all'ineluttabilità dell'assenza dell'onda.

Diverso è quando si fa jogging in mezzo alla città. Perchè quando uno fa il monossido tour, ha la possibilità di attraversare gli incroci sia per dritto che per traverso. Quando c'è il verde di traverso, non c'è per diritto e viceversa. Il che apre la prospettiva a un'onda verde multidimensionale, in cui uno scaltro jogger può prevedere le combinazioni migliori per evitare di fermarsi. Il che comporta alcune controindicazioni, tipo investimento di pedoni passeggini vecchietti con la canna, nell'intento di realizzare i piani mantenendo una velocità costante (o incostante ma sostenibile al fine di far funzionare gli incastri). Un problema mai appianato è la comparsa improvvisa di un tram che, alla fermata che si para davanti al corridore arrivante, vomita una massa compatta di passeggeri, che diventano all'improvviso pedoni in falange oplita. In quel caso, o si opta per l'effetto bowling, con noncuranza per gli effetti maldicenti successivi,
o ci si arrende
e
si riconosce
che
anche
quando non si sta in scatola
si deve soccombere
alla legge
dell'assenza di coordinamento
 tra quello che uno vuole
e
 quello che può fare
in questo
mondo
creato dall'uomo
contro l'uomo.

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