A questo articolo comparso sabato scorso su "Il sole 24 ore", visti anche gli sviluppi della "questione 24 ore", ho predisposto la seguente risposta:
Leggo a pag. 5 de “Il sole 24 ore” di sabato 13 ottobre 2012
gli articoli sui tagli alla scuola e mi sento in dovere morale di scrivervi per
chiarirvi le idee sulla situazione della scuola vissuta dall’interno. Non so chi
sia Luisa Ribolzi, ma sono pronta a scommettere che non lavori e non abbia mai
lavorato nella scuola pubblica italiana.
Leggo nel suo articolo, “Premiati l’impegno e la buona
didattica”, che ritiene che il passaggio dalle 18 alle 24 ore di servizio degli
insegnanti italiani valorizzi la professione, migliori la condizione dei
docenti e permetta loro di ricevere i giusti riconoscimenti. Leggo anche che i
professori meritevoli, attualmente, lavorino già più di 18 ore senza
riconoscimenti, se non morali.
La reale situazione è che una larga fetta di docenti è
precaria, e lavora con lo stipendio minimo di poco più di 1.200 € al mese,
pagato solo per 10 mesi all’anno, e da poco non si vede nemmeno più pagare le
ferie non godute, contrariamente ai colleghi di ruolo. Tutti i precari nelle
graduatorie a esaurimento hanno seguito, pagandoselo, un corso durissimo di
almeno 2 anni, a numero chiuso, che ne ha garantito la qualità professionale ed
è sfociato in un esame di Stato avente valore concorsuale (il corso era la
SSISS, Scuola di Specializzazione per Insegnanti della Scuola Secondaria, ed era
gestito dalle Università pubbliche). Mi chiedo come possa essere ritenuto
gratificante, per loro che già percepiscono gli stipendi più bassi d’Europa,
lavorare 24 ore invece che 18, per lo stesso stipendio, senza nemmeno poter
sfruttare i 15 giorni di ferie in più di cui godrebbero solo i docenti di ruolo.
Dove sarebbe il riconoscimento? Attualmente, se un insegnante lavora 18 invece
che 24 ore, non lo fa gratis e per la gloria, come scrive Ribolzi, ma viene
pagato dal MIUR. Chi aderisce a progetti viene pagato, e, a meno che non decida
autonomamente di lavorare gratis, può benissimo farlo in modo retribuito. Con
il nuovo provvedimento proposto, invece, dovrà veramente lavorare 6 ore in più
gratis. Cosa significa questo? Che lavorerà più del 30% in più del suo attuale
orario gratuitamente. Il cosiddetto “contributo di generosità” sarebbe
obbligatorio per i titolari di una cattedra completa, e non facoltativo.
Sarebbe bello che si potesse scegliere se essere generosi o no, anche perché si
chiede di essere troppo generosi sempre agli stessi soggetti: educazione e
sanità, che dovrebbero essere i pilastri di una società civile.
Aggiungo che in Francia si lavora 18 ore a settimana e si
percepisce uno stipendio base di 1.600-1.700 €, anche se su 12 mensilità. Non
esiste precariato, perché il concorso e le IUFM, corrispondenti alle italiane
SSISS, ormai eliminate, funzionano
veramente in modo da prevedere gli effettivi fabbisogni, senza sovrastimarli in
modo assurdo come è sempre accaduto in Italia, con la conseguente produzione di
un precariato voluto solo da chi ha
stabilito i numeri di accesso in certe SSISS. In altri Paesi le 24 ore di
insegnamento comprendono anche molte attività sportive, e non ci sono orari
incalzanti, in cui i tagli costringono i professori a predisporre lezioni
compresse, e a spremere al massimo se stessi e gli studenti per sperare, spesso
utopicamente, di riuscire a svolgere tutto il programma ministeriale, spesso
sovradimensionato e poco adatto.
In una società
civile, si riconosce il valore del lavoro dell’insegnante permettendogli di
avere il tempo, a casa, di predisporre le lezioni e correggere i compiti. Per
ogni ora in classe un bravo docente ne lavora almeno una a casa, se non di più.
Aumentare le ore di docenza significa per forza impoverire la preparazione
della stessa, che sarà, contrariamente a quanto afferma la giornalista,
demotivata, anche perché non ci sarà alcuna corrispondenza tra aumento del lavoro
e aumento del salario. Perché si dovrebbe essere motivati nel veder peggiorate
le proprie condizioni di lavoro, già tra le più basse d’Europa a livello
economico e non solo?
Leggo: “E senza togliere ai docenti che vogliono restare al
lavoro per 18 ore la possibilità di farlo, ma con uno stipendio ridotto”.
Perché mai i docenti dovrebbero essere felici, come ipotizza la Ribolzi, di
lavorare di più con lo stipendio decurtato di più del 30%? Vorrebbe dire che un
docente che ora lavora 18 ore a 1.200 € al mese ne lavorerebbe 18 pagato 900 €.
Attualmente chi lavora 24 ore percepisce uno stipendio di 1.600 €, con il
provvedimento ne percepirebbe 1.200. I 900 euro che gli spetterebbero se
decidesse di lavorare 18 ore, se passasse mai questo assurdo provvedimento,
sarebbero minori del salario minimo garantito in Francia. Vorrebbe dire essere
pagati meno di uno spazzino francese. E’ questa la qualità che si ricerca? E’
questo l’allineamento agli standard europei?
Questi tagli non sono finalizzati a migliorare la qualità
della scuola, ma a lasciare a casa migliaia di docenti precari, specializzati e
molto competenti, perché i precari a casa in Italia non costano, se non
all’INPS per la disoccupazione e solo per poco tempo. Si tratta molto spesso di
precari con più di 36 mesi di servizio, che per l’Unione Europea dovrebbero
essere assunti tutti a tempo pieno.
Per il sostegno, inoltre, cosa non scritta in nessun
articolo della pagina 5 di approfondimento sul tagli alla scuola, si
lavorerebbe effettivamente 24 ore invece che 18, mentre un docente curricolare
dovrebbe essere a disposizione per spezzoni e supplenze brevi. Quindi per il
professore di sostegno sarebbe garantito l’orario lungo, per quello curricolare
no. Questa è un’altra assurda discriminazione, considerato che il professore di
sostegno è un docente curricolare con una specializzazione in più, maturata con
un ulteriore anno di SSISS, e che, come i colleghi, deve preparare lezioni e
schede a casa. Casualmente, o meglio
causalmente, i docenti di sostegno sono precari in larghissima percentuale.
Passare alle 24 ore vorrebbe dire “far fuori” un docente su 4.
Non è chiaro come possa lo stesso Governo lasciare a casa 1
docente su 4 e al tempo stesso lanciare un concorso pubblico e i TFA.
L’unica cosa chiara è che, sicuramente, questo provvedimento
non è stato proposto per migliorare la qualità della scuola pubblica, ma per
fare cassa.
Mattea Rolfo (docente di scuola pubblica, precaria da
quattro anni)
GRANDE MATTEA!!!
RispondiEliminaSEI IL MIO MITO!
Tu dovresti fare la giornalista d'assalto nel caso questo schifo di Paese ti lasciasse a casa per "motivare gli insegnati" ...
Gabbati e presi per il culo ... sono le due peculiarità di questo governo illegittimo !!!
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