LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

martedì 21 novembre 2023

La temibile paura

C'è una cosa più spaventosa dei femminicidi, dei delitti, delle aggressioni, delle violenze: è la paura. 

Ogni volta che accade qualcosa di brutto, e anche bruttissimo, come in questi giorni, se ne dà risonanza apocalittica: minuti di silenzio, minuti di rumore, ed è giusto, per carità, sono successe cose tremende, innocenti ci hanno rimesso la pelle, persone squilibrate hanno commesso delitti atroci. 
Non succede altrettanto quando non accade niente di niente, quando tutto va liscio, sai che noia, sai che scarsa audience. Anche quando qualcosa va particolarmente bene, darne notizia non sviluppa quel viscerale senso di autodistruzione insito in ogni essere umano che tanto gonfia le notizie negative.
Sempre di più si dà risonanza al fatto che, visti la congiuntura sociale, economica, gli anni del covid e dei lockdown, il welfare che va a banane, la gente inizi a dare i numeri, a fare cose strane, ad avere reazioni di rabbia. 

E poi, si sa, meno la gente si sente libera, più è vincolata da lacci di ogni tipo, più reprime sentimenti che, tutti insieme, diventano come la pressione in una pentola a pressione, come un vaso di pandora che ad un certo punto esplode, con una pericolosità tanto più devastante quanta più repressione c'è stata. 

La paura, che, appunto, è più spaventosa dei delitti, è una delle più grandi autolimitazioni che possa imporsi la gente.
Quasi tutto quello che non si fa, non lo si fa per paura di ciò che potrebbe succedere se lo si facesse. 
Le persone che non si frequentano, spesso non si frequentano per paura di quello che potrebbero farci.

Ma più uno ha paura, più si limita; più si limita, meno è libero. Meno è libero, più è represso. Più è represso, più rischia di campare i dadi e diventare pericoloso.

Vivere in una società dove fin da piccoli viene insegnato che anche andare a scuola da soli, non accompagnati da genitori stressatissimi su SUV imparcheggiabili, e uscirne da soli, ad esempio alle elementari, è pericolosissimo, crea paura. 
Sentirsi dire, fin da piccoli, che si vive in un mondo dove criminali, pazzi, malviventi e pedofili violentatori sono appostati ad ogni angolo di strada, crea paura. 
E' ovvio che si cresca osannando la religione della paura, e sacrificando sul suo altare le più elementari libertà, come poter sperimentare un percorso di massimo 500 metri da soli, a piedi, per andare e tornare da scuola. 

E' abbastanza evidente che un popolo di paurosi professionisti, in cui le famiglie, la società, i media insegnano che tutto è pericoloso, sia facile da governare e manovrare. 

E' certo vero che vivere è pericoloso.

Ma non vivere, o vivere con il freno a mano tirato, governati dalla paura, lo è molto di più.

venerdì 10 novembre 2023

Assurdità legalizzate


Le piste ciclabili sono una bella cosa, in città. Uno pedala tranquillo in un percorso protetto dalle automobili, si sente sicuro, eccetera.
Il problema è che tutti i verbi all'indicativo dovrebbero essere trasformati in condizionali, in ragione di una serie molto lunga di variabili distorte che rendono i percorsi ciclistici urbani una gimcana infernale. 
Affrontiamone uno solo: la convivenza con i pedoni.
Ho scritto post che parlano di quei pedoni che, in presenza di marciapiedi immensi, camminano nella sottile striscia rossa destinata ai ciclisti, forse perché allegri amanti del colore, che tra l'altro coincide con quello del sangue, che verseranno separatamente o congiuntamente al ciclista con cui cozzeranno prima o poi.
Mentre, nel suddetto caso, è chiaro che si tratti di un comportamento ai margini dell'umana ragionevolezza, spesso la convivenza è resa ancora più complessa dalla lungimiranza degli urbanisti che decidono dove e come mettere marciapiedi e piste ciclabili. 

A Torino ci sono alcuni capolavori che fanno pensare che i disegni siano stati tracciati dai bambini del Regina Margherita in età prescolare, dopo un'operazione, in preda ai postumi dell'anestesia. Infatti la meraviglia si trova non distante dal suddetto ospedale. 
Cavalcavia di corso Bramante: un marciapiedi, a caso, è stato adibito a pista ciclabile a doppio senso, l'altro è rimasto un marciapiedi. Il problema è che per transitare da una parte all'altra del corso, bisogna attraversare non 3 strade con semaforo, ma ben 5 perché c'è anche un simpatico controviale. Chi arriva dal lato sfavorevole, quindi, per sistemarsi sul lato giusto, pedone o ciclista che sia, deve attraversare all'inizio del cavalcavia e tornare al lato precedente alla fine del cavalcavia: 10 attraversamenti semaforici, di mezzo minuto l'uno. Attesa totale: 5 minuti. Se si fa avanti e indietro più volte, i 5 minuti si accumulano. 
E' pressoché naturale, ovvio e non contestabile se non si è autistici ad alto funzionamento, che sia i pedoni, sia i ciclisti, si distribuiscano in modo uniforme su entrambi i lati. 
Personalmente, colta da attacco di precisione, ho anche segnalato via mail la criticità al Comune. Come immaginabile, ho ricevuto rapida risposta. In sogno. 
Ora, appurato che i cittadini dovrebbero seguire una diligenza minima, personalmente ho deciso di non rispettare la viabilità di corso Bramante. Ho concluso, in modo autonomo e  incredibilmente sovversivo, che se vado a piedi dal lato ciclabile e vedo un ciclista in arrivo mi faccio da parte, se sono in bici sul lato pedonale rallento e mi fermo quando necessario, in modo da non ostacolare in nessuno modo i pedoni. 
Ecco, questo mio comportamento causa nervosismo supremo in una serie di individui che ritengono gravissima la mia condotta, e vogliono allietarmi la giornata sottolineando che sto contravvenendo alle regole e dovrei passare dal lato che mi è stato destinato. Essendo io sempre in bici, mi ritrovo vecchiette che, di fronte a me, ferma, allargano le borse a braccia aperte, manco giocassero a sparviero, gridando: "la ciclabile è dall'altra!" Ora, spesso lascio perdere, immaginando che siano state falciate in passato da qualche monopattino lanciato ai 30 all'ora sulla zona pedonale e siano in preda a sindrome post traumatica da stress, ma a volte, se ho tempo, mi fermo ad argomentare i perché e i percome della mia scelta, facendo notare loro che nella zona destinata alle biciclette, giustamente, c'è una bolgia di pedoni, che spesso, ingiustamente, insulta i ciclisti che passano troppo veloce. Concludo anche con un invito alla convivenza tollerante. 
Non ci crederete, ma in questi casi, nonostante la notevole prova di PNL, vengo mandata a quel paese e il personaggio in questione rimane fermamente sulle proprie posizioni, asserendo che io sia una serie di sostantivi che qui non cito per buona creanza.
E' chiaro che questo farsi giustizia da soli e inventare regole intermedie da rispettare ognuno per i fatti propri sia una peculiarità squisitamente italiana. Qualunque cosa faccia di diverso dalla regola, uno si sente sempre un po' strano, fuori posto. Ma se segue la regola si sente un completo idiota, e fare manovre del tutto assurde per adeguarsi beceramente al dictat fa sentire strani e fuori posto lo stesso. 
Il succo finale è questo: