LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

domenica 20 novembre 2022

Bitta blue e il francese


C'è un sito che sfida la creatività di chi scrive con una serie di sfide-gioco.

Ora, i suoi creatori hanno ideato una metafora poetica, pensando a una barca, magari a vela, che parte, snodando la corda che la lega a una bitta blu. 

Cos'è una bitta? 
Eccola qua:
Il concetto è che una barca non possa stare sempre ormeggiata, seppur sicura, perché è fatta per andare in mare. E in mare incontra vincoli ed ostacoli, che sono rappresentati da temi, parole, limiti di tempo: 72 ore per scrivere un racconto con un tema, un argomento, tre parole da utilizzare che sono metaforicamente le boe.
Un esercizio creativo ed interessante.

A Cuneo si svolge oggi l'ultimo giorno di Scrittorincittà. Ai creatori del sito è venuto in mente di creare non uno ma due giochi a tema "Scrittorincittà". Non mi è dato di sapere se si tratti di cuneesi o di persone provenienti da qualche altro luogo, ma sono pronta a scommettere che non conoscano il francese, aspetto di per sé irrilevante per gestire un sito letterario italiano. 
Cuneo, però, si trova pericolosamente vicino al confine francese. Ciò fa sì che molte persone parlino bene questa lingua.
Si dà il caso che, analogamente a questa situazione, c'è poco da fare, ma se qualcuno che bazzica spesso la Francia legge "bitta", complice il fatto che non sia una parola molto diffusa in Italia, immediatamente avverte l'assonanza con il termine "bite". 
Ma non finisce qui: se qualcuno, oltre a bazzicare il francese, ricorda questa pubblicità, les jeux sont faits, rien ve va plus:


domenica 13 novembre 2022

Le Madeleine di Cuneo

La Stracôni, più che una corsa, è un rito. Alzarsi all’alba, una volta. Adesso meno, l’hanno adattata alla mollezza dei costumi odierni e permette di indugiare un’oretta di più tra le calde coperte. Correre nei primi freddi di novembre, spesso sotto la pioggia, indecisi sull’abbigliamento, in mezzo a una moltitudine di persone, con amici e familiari, per le vie del centro, il San Paolo, il Viale degli angeli e percorsi che cambiano ogni anno ma sempre finiscono in via Roma e in piazza Galimberti. Anche camminare, ché lo scopo non è vincere, ma partecipare, e quindi via libera a bimbi in carrozzina, cani, anziani. Buona parte dei cuneesi, anche quelli che con lo sport hanno un rapporto simile a quello tra due rette parallele, si riversano sul percorso, vivendolo come una festa, prima di un bel pranzo domenicale in compagnia. L’arrivo è sempre emozionante: si ritirano i premi, che cambiano nel tempo: dalle antiche medaglie, agli stagionati monumenti della città riprodotti in scala lillipuziana, ad altri gadget più attuali. Si supera lo strozzatoio dell’arrivo e ci si riversa in una piazza che diventa davvero la famosa agorà greca: si incontrano molte persone, alcune che non si vedevano da un anno – esattamente dall’ultima Stracôni. Quest’anno potrebbero essere tre, dato che l’ultima corsa del 2021 è stata fatta in modalità anticovid-asociale, ognuno per i fatti suoi, quando gli garbava, e nel 2020 non c’è stata. Il the distribuito in bicchieri di plastica e convogliato in tubature che conferiscono alla bevanda la tipica organoletticità metallica costituisce un caposaldo della Stracôni experience. Un ricordo indelebile nella mente e nelle papille gustative: altro che le madeleine di Proust, i cuneesi hanno il the all’alluminio.

lunedì 7 novembre 2022

L'assassinio della lingua italiana

Di solito vi parlo di uno, uno che può essere me, o voi. Invece oggi parlo proprio di me. Di cose che mi sono successe. 
Sono una prof, insegno una materia di quelle per cui si ha la tacita licenza di sbagliare la sintassi e la grammatica. Capita però che, a me, sintassi e grammatica facciano un effetto strano. Da sempre, riconoscere un complemento di specificazione, uno di termine, scoprire un mio tipico errore di grammatica o un piemontesismo che uso in modo improprio e correggerli mi dà una vertigine che manco l'Oil tower. Una frase scritta bene che crei un'immagine nitida di un'emozione o di una situazione mi fa un effetto quasi orgasmico. Insomma, il linguaggio mi piace proprio, in modo entusiastico. 

Nell'ultimo mese sono entrata in contatto, seduta in un pubblico ascoltante, con almeno due docenti di lettere di Liceo. Di quelli che non hanno la licenza di sbagliare le frasi. Ammirata a priori, mi sono seduta e li ho ascoltati parlare sia di contenuti, sia di questioni relative a come i giovani liceali recepiscano la lingua italiana e a come reagiscano spesso male alle lezioni sulla lingua volgare o sul latino. Ebbene, dopo circa 15 minuti di attento ascolto, io, maniaca della grammatica, umanisticosapiosessuale, stavo per crollare dalla sedia direttamente al suolo, sprofondata in un sonno in cui nemmeno un pacchetto intero di Novanight mi avrebbe spedita così rapidamente. Eppure, la lingua usata era italiano, mica latino o volgare, e usciva dalla bocca di prof, quelli che stanno con i giovani, i giovani che dovrebbero appassionarsi alle lettere, invece di mandarsi messaggini da semianalfabeti pieni di errori e smiley. Strano, che non si appassionino...molto strano. Decisamente, una generazione degenere. 

La lingua, bisogna ricordarlo a qualcuno, è emozione, divertimento, gioco, scambio. Non un fiume di ridondanti parole a senso unico, che si arrotolano su sé stesse, per approdare nel nulla cosmico dell'autocompiacimento intellettual-nombrilista, o nell'espressione di un concetto ogni mezz'ora. Il linguaggio, qualsiasi linguaggio, è scambio e confronto. Richiede un controllo sul feed-back. 
Spero di essere incappata in casi strani, isolati. 
Per me, quella con le lettere, non può che essere una storia seria divertente, perché, senza divertimento e coinvolgimento, non si va da nessuna parte.
Anzi, si va, si va nella noia totale e nel disgusto per un strumento che racchiude in sé tutte le possibilità del mondo, se si impara ad utilizzarlo senza odiarlo. 

E concluderei con: 🙆🙊🙉🙈👂👄👄👄👄👄👄👄👄👊👾

E riconcluderei, tanto per accapponarmi un po' la pelle, con:




domenica 6 novembre 2022

L'incoraggiatore

A Torino, oggi, c'è fervore sportivo. La città dorme, ma appena si raggiungono i punti di passaggio della maratona o il Po, con la Kinderskiff e la Silverskiff, c'è una discreta quantità di persone che, sveglia probabilmente dall'alba, rema o corre. 
L'ignaro corridore della domenica, complice il temporale di pochi giorni fa, svegliatosi anche lui presto per evitare l'effetto coda delle ore di tarda mattinata, arriva, verso le otto del mattino, in un parco con una luce particolare, un cielo insolitamente azzurro e la sensazione di essere immerso in una natura lussureggiante ed incontaminata, invece che nel cuore della città più inquinata d'Europa. 
L'inizio della corsa è tranquillo, in un isolamento da domenica qualunque alle 8 del mattino, anche se qua e là fanno già capolino improbabili personaggi infagottati in giubbotti gialli catarifrangenti che dovrebbero destare il dubbio. Ma sono le 8 del mattino, appunto. Il dubbio dorme. 
Se il corridore in questione ha una certa resistenza e permane nei sentierini lungo il Po per un bel po' di tempo, inizia a notare il passaggio folle e sconsiderato di personaggi di ogni età, aspetto e mezzo ciclistico cavalcato, aventi in comune solo due aspetti: la velocità con cui pedalano, noncuranti delle forme di vita sul loro passaggio, e il rapporto direttamente proporzionale di volume e aggressività delle loro urla. 
Chi sono costoro, legittimati a perturbare l'idillio della domenica? Sono gli INCORAGGIATORI, e probabilmente allenatori, di coloro che remano, laggiù nel Po. 
E così, tornano alla mente del mediamente sportivo corridore mattutino competizioni infantil-adolescenziali, durante le quali, mentre la sua prestazione sportiva avanzerebbe con placida serenità, sente l'allenatore gridare il suo nome, affiancato da parole vacue, tipo VAI DI PIU', STRINGI LA CURVA, FORZA CHE SEI INDIETRO DI 2 SECONDI. 
Roba da buttare i remi in barca, o anche fuori dalla barca, scendere dalla canoa, guadare il Po e andarsene a fare due passi nella parte più silente del bosco. 
Se esiste. 
Se si sopravvive al contatto con le acque del fiume. 
E soprattutto se si è Silver, che quando si è Kinder si tollera meglio la follia che ci circonda.