Si sa cosa si fa quando ci si sente un po' a disagio e ci si ritrova a una cena, seduti in mezzo alle fonti di disagio, senza sapere bene come ci si sia finiti, anzi sapendolo, perché ci si è finiti con le proprie mani, anzi con i propri piedi.
Ci si attacca alla caraffa del vinaccio.
Generalmente gli intellettuali di sinistra bevono cancarone in caraffa nei circoli ARCI dei peggiori quartieri proletari.
Dopo qualche bicchiere, il disagio diminuisce, e la spigobloggosità fuoriesce anche a livello verbale.
Incredibilmente, gli intellettuali di sinistra si accapannano interessatissimi intorno a me che illustro un semplice concetto di focussiana, ma direi anche cosmopolitana ispirazione.
E' proprio così, quando si parla di rapporti non c'è intellettualità che regga; siamo quasi tutti degli incapaci pressoché assoluti, nonostante il superamento pluriennale della maggiore età e n lauree.
E così, nei fumi dell'alcool, illustro la mia teoria nata dalla remotissima lettura di un articolo di "Focus" (boato di disgusto dagli interlocutori) secondo cui l'essere umano è istintivamente programmato per durare in coppia cinque anni, dopo aver ovviamente concepito un figlio quasi immediatamente, mosso dai più elementari istinti animali. Insomma, si ha voglia di stare insieme fintanto che il pargolame (anche solo presunto) non ha le capacità naturali di sopravvivere da solo. Che poi quelle artificiali ritardino bambocciosamente fino a 40-50 anni è una deformazione del sistema di cui alla Natura matrigna frega proprio un tubo.
Da quando ho letto l'articolo, in età adolescenziale, ho deciso che non avrei mai fatto nulla di compromettente con qualcuno nei primi cinque anni di rapporto. Il che si è poi inquietantemente ricondotto al non fare mai nulla di compromettente con nessuno.
Il capannello inizia a protestare che il mio punto di vista è terribilmente cinico, che in cinque anni in una coppia possono accadere cose compromettenti tipo sposarsi fare un figlio fare un mutuo insieme per questioni squisitamente tecnico-collaborative. Ribatto che anche le questioni tecnico-collaborative hanno un puzzo di cinismo terribile. E che il mio punto di vista è invece atrocemente romantico.
Vengo pure battezzata l'elaboratrice della teoria degli incastri, perché agli intellettuali piace dare un nome alle teorie, in modo da poterle citare con altisonanza.
Qualcuno dice che gli anni sono sette, qualcun altro asserisce che alla nostra presunta età intorno alla trenta-quarantina se si aspettano cinque anni si è fottuti, ma a me pare che si sia comunque fottuti, quindi, fottuti più fottuti meno, tanto vale prendersela in quel posto senza incastri.
Il punto è che io mi sento sempre profondamente romantica.
E' romantico e anche umanistico riflettere sul fatto che l'uomo, con la sua profonda (?) evoluzione emotiva, possa sopravanzare l'istinto curando un rapporto in modo tale che superi i paletti imposti dalla Natura.
E' romantico aspettare (speranzosi) ogni (deludente) volta di verificare che sia davvero così, che il proprio rapporto sia "oltre".
Ed è romanticissimo riuscire a farlo di nuovo, e di nuovo, e di nuovo.
E' così romantico che, come quelle giostre con le gabbie al luna park, ad un certo punto il romanticismo si spinge così oltre da dare il giro.
Il romanticismo portato all'empireo finisce per autodoppiarsi, per ricadere nel suo opposto agli occhi altrui, opposto che si può identificare nell'antiromanticismo, o cinismo.
E così
il superromantico è così oltre che sembra cinico.
Il supercinico è così oltre che sembra romantico.
Insomma, più passa il tempo più andiamo tutti così oltre che sembriamo tutti altro e nessuno capisce più niente.
Un bel casino.
Molto intellettuale.
E anche romantico.
Certificato dalla presenza del termine -romantic- per ben undici volte in un solo post (contro sei intellett-).
gli intellettuali amano croggiolarsi nei loro ricordi formativi, amano il loro prof di greco, si sfidano a suon di dottorati e master, ho avuto modo di partecipare a svariate di queste cene, nelle quali passavo il tempo a bere, una di quelle sere, un giovanotto che pensava essere la reincarnazione di Galileo, mi chiese con aria di sfida quale fosse il mio percorso formativo, lo guardai e risposi, io odiavo la scuola, fin dall'asilo mi son sentito dire, che la classe nella quale ero, era la peggiore di sempre, poi a 16 anni, visto che mi faceva cosi schifo mi son dato fuoco. Ho la terza media. Smisero tutti di parlare di master.
RispondiEliminaDa come scrivi si vede che non sei intellettuale, però i contenuti ci sono, e solo terribilmente realistici :O
RispondiEliminaInvece di bere soltanto poteva chiedere consigli su punteggiatura e lingua madre. Contenuti: zero. Realismo: da becera sit-com. Spiace la costrizione alla risposta....buon 'croggiolamento'...
RispondiEliminaSmisero di parlare per imbarazzo compassionevole ...tipicamente intellettuale. La scrittura del post è intellettuale....
RispondiEliminaIn senso positivo.
RispondiElimina...non so se la presunta intellettualità si possa abbinare ad un soffio barluminoso e flashato di gioia infantile, che sicuramente è prevalente e non presunto (e legato ai commenti). Per fortuna o purtroppo. Ma direi ancora per fortuna. E in ciò si palesa un autolesionismo che non so se sia intellettuale o cerebroleso.
EliminaAnonymous, forse mi sbaglio, ma mi sento leggermente preso di mira. Quale e' il tuo problema? Ripudi le persone che non sanno scrivere in modo corretto? Oppure vuoi avere l'esclusiva nel poter commentare i post della carinissima blogger?
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