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venerdì 22 gennaio 2021

DADattica in presenza

 
La DAD era un'avventura, ma la Azzolina ha estratto dal suo cappello magico altre meraviglie: la DAD al 50%.
Perché stare a casa davanti al PC, con una tazza di the, senza mascherina a lavorare su settecento finestre diverse, scannerizzare, cavarsi gli occhi, quando lo si può fare a scuola, con la mascherina fpp2 in faccia che scava l'osso del naso e fa diventare le orecchie due sportelli aperti, correndo come pazzi da un'aula pienissima di alunni a una vuota con LIM rotta o malfunzionante e programmi antidiluviani e non aggiornati? 

La Azzolina vuole che i docenti dimostrino quello che valgono, e quindi ha predisposto un simpatico percorso a ostacoli, che vedrà arrivare alla fine pochi, quelli che non moriranno di covid o non impazziranno, sprofondando in un eterno burnout. Così non ci sarà più il problema del precariato storico e delle graduatorie imballate. 

Il passaggio dalla DAD al 100% alla DAD al 50% ha reso la scuola migliore. 
Nella maggior parte dei casi, è stata scelta la presenza o l'assenza dell'intera classe. Quindi, il 50% è stato interpretato come la metà della scuola, non come tutte le classi a metà. 
In effetti a livello pedagogico e didattico ha più senso. A livello emergenziale, nessuno. Ma la preoccupazione della Azzolina è didattica (mica sanitaria), e quindi la maggior parte dei prof votanti ai collegi docenti si è allineata al suo encefalogramma. 

Parecchi docenti, grazie alla democrazia e alla vittoria della maggioranza, si sono quindi trovati nel migliore dei casi a passare una settimana a casa e una a scuola, ma spesso hanno avuto la gloriosa occasione di dimostrare meglio quanto valgono, trovandosi con metà delle classi a scuola e metà a casa. I più fortunati hanno un meraviglioso orario a scacchiera, caratterizzato da un'ora con gli alunni in presenza e una in DAD. Il che significa correre come ossessi da classi odorose di sudori e miasmi umani, dopo aver spalancato le finestre a folle velocità ed essere fuggiti prima che gli alunni infreddoliti insorgano, per fiondarsi in classi designate per la DAD. Di queste, una buona parte è priva di qualsiasi device.
Il docente tipo, spesso proveniente da lontano con una compilation di mezzi pubblici e privati, tra cui la bicicletta, può optare per due soluzioni, entrambe attingenti da strumentazioni proprie:
  • PC pesante come un mattone, da portare sulle spalle avanti e indietro, sudando e incurvandosi come sherpa. Il pregio è che funziona. 
  • tablet: leggero, elastico, assurdo da usare. Se il docente si mette in videoconferenza , non può fare altro. Appena accede a un'altra app (registro, classroom, word, excel, youtube), la videoconferenza si minimizza e gli alunni non sentono e vedono più il prof. E' vero che in un'ottica di empatia ha un senso, perché sperimentano sulla loro pelle cosa si prova a parlare con un quadratino nero che non risponde alle domande, ma sarebbe bello chiedere alla Azzolina quale sia il valore aggiunto di questa didattica invece che di quella fatta da casa. Per poter lavorare, il prof in questione deve connettersi alla videoconferenza con il cellulare, attaccare una tastiera bluetooth, mettere le cuffie, applicare un trasformatore all'uscita miniusb per poi collegare la tavoletta grafica. Peso di tutto l'ambaradan: lo stesso del PC. Funzionalità di gran lunga peggiore. Impressione squisitamente psicologica di evitare la pesantezza del PC. 
Se il prof ha solo un fisso, proprio non può caricarselo in spalla. Spererà nella LIM. 
Nel 90% dei casi, dovrà fare la lezione stando al telefono con il secchione della classe. Per fortuna ce n'è sempre uno. 
Nel 10% dei casi, trascorrerà il tempo intercorrente tra una lezione in presenza e l'altra ad attaccare cavi, schiacciare inutilmente tasti, dire parole non adatte a un educatore e correre per tutto l'istituto alla ricerca dell'introvabile tecnico informatico, imboscatosi in un antro personalizzato dove deve aver vissuto per tutto il periodo della DAD ingozzandosi di Netflix e co, a giudicare dall'obsolescenza non solo dei PC ma anche dei programmi presenti, tutti con la licenza da rinnovare, e, se c'è la LIM, con compattezza della superficie su cui scrivere identica a quella delle lenzuola stese ai fili per bucato.  

I dirigenti si profondono in aiuti ai docenti, consistenti in frasi di incoraggiamento tipo "Potete anche usare i vostri device, considerate che non siete medici che vanno ad operare". E per fortuna, perché se i medici avessero attrezzatura corrispondente a quella scolastica, gli ospedali sarebbero dei cimiteri. 

Ma i soldi abbondantemente profusi dal ministero dove sono finiti? 
Si saranno incastrati in qualche ingranaggio burocratico o in qualche tasca?
Ci saranno ma avranno cozzato contro il rimbalzo di incarichi tra un ATA e l'altro, tra un tecnico e l'altro? 
Non si sa. 
Fatto sta ed è che i fondi sono serviti solo a migliorare alcune scuole, tipo quelle che compaiono ai tg e dove va la Azzolina a fare un giretto ogni tanto, accompagnata da una troupe televisiva, prima di rinchiudersi nei suoi igienizzati locali privi di minorenni adolescenti con gli ormoni e i cervelli impazziti. 

E le famiglie, in tutto ciò? Sono impazzite pure loro, dopo un anno quasi intero di molta DAD. Come utilizzano il loro equilibrio psicologico messo a dura prova? Tempestando di telefonate i docenti, con la pretesa che nei pochi minuti di discontinua didattica in presenza, a faccia coperta e impegnati a dire ogni quattro secondi agli studenti di tirarsi su le mascherine, facciano il miracolo di moltiplicare i saperi. Anche se probabilmente costoro peccano di ignoranza matematica, perché è risaputo che zero, moltiplicato per qualsiasi numero, dà sempre zero. 

In ogni caso, questo non è importante, l'importante, per la Azzolina, è poter dire che la scuola è vita
Sì, vita di stenti. 

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