LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

martedì 23 febbraio 2016

Ansia da postscenico


Questo titolo, oltre ad essere uno scioglilingua prossimamente consigliato da molti logopedisti, la dice lunga sulla qualità presunta del presente post.

Quando uno ha l'ansia da palcoscenico solitamente si paralizza, diventa balbuziente, muto (purtroppo non sordomuto), paonazzo, si scioglie sul palco come improvvisamente disossato finché di lui non resta che un fagotto di stracci. In conclusione, la sua performance di attore o relatore o declamatore subisce qualche leggerissimo contraccolpo, con conseguente gragnuola di pomodori uova marce fischi ad umiliare il suo corpo già autoumiliato.

Se si è blogger, si ha una serie di fantastici vantaggi quando colti da ansia da postscenico.
Prima cosa, per il momento pomodori e uova marci non possono raggiungere fisicamente la vittima.
Secondariamente, si deve essere così fessi da postare un post di merda. Insomma, non è che l'ansia ci colga nel momento in cui siamo costretti alla performance, con uno stuolo di gente, magari pagante, che ci fissa con moltitudini di occhi interlocutori. Possiamo sempre non postare. Non premere quel tastino con su scritto "pubblica".
Ma non postare crea una precedente, che può unirsi a un susseguente e ad un ulteriore post-susseguente. E' il modo ideale per passare da venti post al mese a due. Brutti.

L'ansia da postscenico coglie sia dopo un periodo in cui si è stati troppo bravi per se stessi, sia quando si ammucchiano le assenze di post.

Se si è stati troppo bravi per se stessi, forse posseduti da qualche demone poco dedito al suo lavoro perché molto distratto dall'hobby della letteratura, potrebbe capitare che se ne arrivi Padre Karras a rovinare tutto. All'improvviso ci si ritrova sposseduti davanti alla videata bianca.
Se l'ansioso conoscesse mai dal vivo qualche lettore, o se qualcuno di quelli sconosciuti avesse la sua mail e gli scrivesse chiedendogli come mai non arrivino più gli ottocento post al giorno del periodo di possessione, sarebbe la fine. Ansia da postscenico acutissima. Il panico di non sentirsi all'altezza di se stessi davanti a qualcuno che trepida per leggere i post e che controlla periodicamente se ne vengono pubblicati. Ma questa è fantascienza, e non mi dilungo su ciò per non andare fuori tema, non essendo questo un blog di tematica fantascientifica.

Se invece si è stati troppo assenteisti, si è perso quello sguardo da blogger sul mondo. C'è un periodo in cui lo si ha talmente prepotente che non si può fare a meno di correre a casa a postare in ogni momento possibile. Poi, di colpo, il periodo finisce. E ci si ritrova là, davanti allo schermo bianco. Anzi, non ci si trova nemmeno là davanti, perché si diventa come studenti che hanno tagliato talmente tante volte che tornarci diventa pericolosissimo, già solo per lo spauracchio del libretto su cui ci dovrà pur ben essere una giustificazione.
E così si fa slittare ulteriormente il momento del post.
Fino a dimenticare che il blog esiste.
Perché, con il passare del tempo vuoto, ci si dice che la capacità di scrivere post sia come la vita. Degenerativa.
Ad un certo punto, però, l'ispirazione torna, così, di botto.
Una botta di vita.
A volte, a sorpresa, rigenerativa.

8 commenti:

  1. Il lettore – affardellato e prostato dalla suo umile ruolo – compulsa il post che è un concentrato e lievitato di poetica (riflessione in blog sul blog, epistemologia del blog, blogologia): problemi creativi, senso del realismo, rapporto realtà-apparenza, scelte di forma e di stile – insomma tutto nella tradizione e rifiorito nel contemporaneo (crisi del soggetto, ruolo della memoria, post-diaristica...). Certo in immagini, ma funzionavano così anche altre poetiche , il che non fa che essere più sorprendente.
    Il titolo è però già un letto di Procuste che tortura il lettore che tira da una parte, il creatore che tira dall'altra, l'opera che s'apre di senso e s'elasticizza, o esplode o scoppia o vola in alto come un palloncino a far fiorire riso e/o pianto o tutt'e due . Se il titolo per il creatore-blogger 'la dice lunga sulla qualità', allora la simmetria ( blogger ch'a nulla lettur lettor perdona) è perfetta: la pensa così anche il lettore. Ma si tratta di vettori in cui tutto è identico; tranne il verso. E così ognuno tira dalla sua parte in una mobilissima stasi creativa. Verso del lettore: è uno dei migliori post.
    In tutto questo impasto di contemporaneità avviene anche che il lettore, incantato e incatenato, si faccia talmente coinvolgere dal palco che la mescolanza di ruoli divenzi un valzer mascherato.
    Seppure così non fosse, e la piéce mantenesse personaggi e attori distinti dal pubblico, tuttavia il blogger dovrebbe rassegnarsi a vedere i post, partoriti con l'ultima doglia del 'pubblica', come esseri dotati di vita, degenerativa e rigenerativa; e che talora la rigenerazione avvenga autonoma in frotte di lettori appassionati, dediti onanisticamente al loro vizio. Alcuni post,certo, vanno sul palco belli e azzimati, altri ombrosi ma appassionati, altri zoppi ma angelici, altri liricamente sporchi ma pieni di iniziativa. Il blogger li influenza soltanto, li accompagna, li sostiene; talvolta li dimentica. Stop.
    Commento interrotto a causa della cura a base di 'restringite', intrapresa dal lettore al fine di non fagocitare i post.....che, garrotati e soffocati, rischierebbero di non farsi più vedere alla porta del lettore stesso.........

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  2. Ho pigiato 'pubblica' ancora. Non l'ho fatto scientemente. La cura non funziona e l''allarghite da commento' ha la meglio. E' senz'altro dovuta alla leggerezza dei post, 'svolazzanti' azzardò qualcuno, 'leggeri e vaganti' poetò qualcun'altro.
    Ecco: i post funzionano talora come palloncini colorati che dal postscenico piovono sul pubblico che se li rimpalla (metateatro) . Saramago e l'anima. Lo si aggiunge perchè il blogger-creatore gioca con l'umile lettore una finale di grande slam in cui si sprecano match-points all'infinito, e aspira alla riduzione a fagotto di stracci dello stesso lettore con stratagemi, rimpiazzi, evoluzioni critiche, ansie da postscenico. Che se poi manco gli stracci si hanno addosso, il processo è più annichilente d'una cremazione al vento (simmetria distruttiva).

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  3. E poi non è che il creatore debba sapere dell'esistenza lettori precisi; deve solo immaginarli, anche senza esistenza se ciò crea meno ansia. Per il lettore d'altra parte, asimmetricamente, può essere un 'viaggio fantastico' rileggere anche i post risparmiati, cestinati, cancellati
    (il lettore apprezza l'espediente verista e storicista). E i 'viaggi fantastici' sono un parafernale classico della fantascienza...quindi non v'è ragione alcuna di escluderla (il blogger ha una sua già sviluppata dimistichezza con certi temi ) ..poi magari toglierebbe d'imbarazzo pensare ad una platea che ne so, di Darth Vader...anche se fa un po' raduno cosplay....

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  4. La blogger, ripercorrendo i link e rileggendo dove questi la portano a rimbalzare spigolosamente (procurandosi i già detti ematomi), avventurandosi in ellittici giri tra i suoi post, si ritrova a confrontarsi con le se stesse di epoche diverse, con contraddittorietà tali da poter immaginare un Forum  tra le sue varie versioni. Pericolosissimo avere un blog novennale...Chissà a chi darebbe poi ragione il giudice...

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  5. Anche qui il lettore rientra dalla finestra....A tale forum sarebbe opportuna una giuria popolare di lettori. Ma forse non c'è niente da giudicare...

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  6. Il post tocca (aggiungo come nulla fosse) anche profondi precordi di demonologia.(La cura contro l'ipertrofia è persa).
    Il demone che possiede il blogger-creatore è affine al 'daimon' dei primi filosofi (Socrate): girare per strada, provare domande, chiedere risposte, e formulare domande sulle risposte, dialogare con se stesso e gli altri e con gli altri dentro se stesso...rompere le scatole qua e là con occhio indagatore. (immaginiamo questo itinerante blogger-demonioso che ferma un passante: ' siamo il ricordo di un effimenro divertimento sull'altro, e anche noi saremo solo effimenri ricordi di effimeri divertimenti per altri?”.
    Immaginiamo che ogni lettore abbia un demone. Uno dei più grandi critici e lettori di sempre, Harold Bloom, scrive che una della fasi dell'influenza di un autore-creatore (blogger in tal caso) sia la 'demonizzazione' ('movimento verso un controsublime personalizzato in relazione al sublime del precursore'). Il lettore si aggrappa, come ad un palloncino, ad un essere intermedio rispetto alla sfera superiore verso cui si sente trasportato. L'angoscia appartiene anche ai lettori. Il demone è un individuo posseduto (i demoni di Dostoevskij per Camus erano Les Possédés ) e in tal caso un padre Kerr qualcosa alla fine lascerà sulla tela del lettore, seppure anche solo vomito verde.
    Per giunta per Bloom il lettore è sempre un 'esaminatore idiota' e cerca di 'seguire l'immaginazione ' del creatore (blogger) per capire 'le metafore attraverso cui esprime i suoi atti di lettura'. Insomma prova a vedere con gli occhi del creatore.
    L'ansia e l'ansia di ansia ci riportano vicino alla fantascienza. Quindi il tutto rientrerebbe in un processo di aumento dell'ansia ridemensionabile sempre con il senso del ridicolo. Poi il lettore, se ciò riduce ancora l'ansia, può fare l'idiota, nel senso dostevskijano del termine:curarsene così tanto, da nascondere l'attesa o la trepidazione....

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  7. @Anonimo: Bisognerebbe capire in che modo selezionare lettori che si nascondono dietro immaginifici pseudonimi, o, "peggio" ancora, sotto l'anonimato. Per effettuare la cernita, dovrebbe essere eletta una giuria popolare di blogger, che dovrebbe giudicare i lettori dai loro commenti. Si instaurerebbe così un vortice infinito di giudizi di giudizi di giudizi, finché veramente, non ci sarebbe più nulla da giudicare.

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  8. @Rotma. Mi pare chiaro che il lettore voglia essere un idiota-non-idiota, dostoevskijanamente parlando. Oltre che chiaro, ciò è ovvio, perché il blogger non ha altro desiderio che sapere che il suo post ha preso il volo (leggero, ma non superficiale), per depositarsi nella mente del lettore come egli vuole vederlo, e non come possa essere stato pensato. Non ha altro desiderio che dare vita a qualcosa che poi si evolverà crescendo solo grazie al concime delle menti dei lettori.

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