LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

giovedì 9 ottobre 2014

Usare e non sapere



C'è un termine abusato di cui potrei dire che, dopo sondaggio poco significativo tra gli amici e tra me e me, quasi nessuno sa in significato.

Il termine è MATURITA'.

Non parlo tanto di quella applicata alla frutta, che è chiaro che tra acerba e marcia è matura.
Forse parlo un po' del superamento dell'esame alla fine delle superiori, ché se tutti quelli che lo passano fossero veramente maturi, probabilmente avremmo un plateau di trentenni bell'e che marci.
Soprattutto, però, parlo di quella maturità intangibile, quella che tutti dovremmo avere, quella che molti sono accusati di non avere da persone a cui, confidente, ho chiesto cosa sia questa tanto decantata maturità.
Ecco, queste persone ferneticavano frasi accozzate, imbarazzate.
Ecco, queste persone che accusano molti di non essere maturi alla fine manco sanno cosa voglia dire esserlo.
E' come dire a qualcuno "tu non sei abintervo", e manco sapere cosa voglia dire abintervo. Una vera vegogna.

Alle mie domande su cosa possa essere la maturità, ho ricevuto risposte di vario tipo.

La maturità sarebbe evitare di fare cose tipo prendere e andare in India in pattini a rotelle, o comunque fare cose che sarebbero più tipiche di un ragazzino che di un adulto. Prima cosa, ciò presumerebbe che si sia maturi solo da adulti (sarà così?), seconda cosa che  andare in India in pattini a rotelle sia una cosa da immaturi tout court. Io a questo evitamento sostituirei i termini "dotato di spirito di autoconservazione", "prudente", e, a dirla tutta, se uno invece di andare in India in pattini a rotelle va tutti gli anni una settimana a Loano in una casa in affitto spiaggiandosi sotto l'ombrellone con "La Stampa" sotto un'ascella,  azzarderei anche dei "noioso", "ripetitivo", "privo di spirito d'avventura".

La maturità sarebbe evitare di entusiasmarsi tanto delle cose e rimanere tiepidi davanti a tutto affrontandolo con razionalità. Ma allora Pascoli era una gran cialtrone, quando diceva di conservare il fanciullino che c'è in noi? Perchè mai essere maturi vorrebbe dire essere privi di slanci? Io questo stato lo definirei, appunto, "piattume", "mancanza di slancio", nuovamente "noia", e soprattutto "assenza di vita vera".

Qualcuno dice che maturità sia vestirsi in un certo modo, dire le cose giuste al momento giusto, fare le cose giuste al momento giusto. Se hai i capelli lunghi sei immaturo. Se li hai corti sei maturo. Se giri come un barbone sei immaturo. Se ti vesti bene sei maturo. Se hai un lavoro serio (impiegato, avvocato, medico, dirigente,...) sei maturo, se hai lavori saltuari, strani, cangianti sei immaturo. E avanti così. Cavolo, se fosse ancora vivo Gaber, gli proporrei una bella canzone sul tema.
Se uno raggiunge dei traguardi socialmente fissati da convenzioni culturali è maturo o rientra semplicemente nella logica del sistema?

L'etimologia del termine maturo si può far derivare da un sacco di termini, soprattutto riferibili alla frutta: il provenzale madurs, l'antico francese mëur che poi diventa mür, il portoghese maduro. Dal latino, parrebbe che non si capisca bene da cosa derivi (e già questo la dice lunga). Si suppone da due termini: maturus, che vuol dire vecchio, e matutinus, che vuol dire mattino. Ma perchè? Allora uno sarebbe maturo prima, poi qualcos'altro (tipo incasinato, confuso, proprio quando servirebbe non esserlo?), e poi da vecchio di nuovo maturo? Pure quelli del dizionario non si spiegavano questa antisimmetria etimologica rispetto al processo lampante che la frutta offre a ogni individuo. Alla fine hanno fatto che dire che la radice del tutto è mâ-, che significa misurazione. Più convincenti, almeno per assonanza, anche i termini latino metiri e greco metron, che si riferiscono tutti e due al misurare o alla misura.
Quindi la maturazione è una roba che si misura, anzi è la misura. Mi viene da pensare che maturità non sia un fatto da misurare a una certa età, del tipo che a 30/40 anni si è maturi, prima si è immaturi e dopo si è marci. Potrebbe forse essere un rispettare certi traguardi in base all'età che si ha, del tipo che a 3 anni essere maturi è non cagarsi e pisciarsi più addosso nutrirsi rugnare limitatamente, a 10 saper leggere scrivere far di conto e non rompere troppo le palle ai genitori ma manco ingnorarli di brutto. Crescendo, i parametri da rispettare aumentano e allora lì si spiega perchè questa maturità potrebbe esserci prima, dopo, ma non durante. Si sa che la vita è una parabola con la pancia rivolta verso l'alto, prima  sali, poi scendi.


Da vecchio sei come da bambino. Ti sono richieste poche cose, generalmente le stesse: non cagarsi e pisciarsi addosso, ubbidire, non brontolare troppo...e allora magari (raramente) ce la fai a raggiungerle. In mezzo te ne sono richieste talmente tante (tagliarsi i capelli se si è uomo e si ha la fortuna di averli ancora, avere un bel lavoro, non fare cose strane tipo sport strani viaggi strani non frequentare posti inadatti alle persone mature (cioè?) non frequentare persone immature ecc ecc ecc).  Ma chi è che te le richiede? Chi è che stabilisce quando rispettare questi step? La società.


E allora, alla fine, uno potrebbe dire: ma perchè tutto ciò? In questo perdo di spontaneità, vivacità, gioia di vivere. Mi sento tarpato da tutti questi limiti. Forse, potrebbe dire, maturità vuol dire rispettare se stessi e gli altri. Evitare di far star male le persone con il proprio comportamento, il che presume una certa empatia con loro e non il seguire un rigido manuale. Ma questo è maturità? No, questo è "rispetto". Bello, necessario e soprattutto molto più chiaro.

Insomma, per ogni comportamento c'è un termine più idoneo, e questa grande, irraggiungibile maturità è così difficile da definire che quasi quasi la lascerei alla frutta.

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