LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

lunedì 22 aprile 2013

Il timido bambino

C'era un bambino piccolo e timido, che aveva sempre paura di incontrare altri bambini nuovi.
Non sapeva nemmeno perchè.
Forse, come era nato biondo e con gli occhi azzurri, così era anche nato timido, una roba che ci si porta nella tomba, come il colore degli occhi e dei capelli (il colore, non i capelli).
Era brutto, perchè spesso si ritrovava costretto a incontrare altri bambini, e diventava sempre rosso e sudaticcio, aveva paura di non saper cosa dire, avrebbe voluto chiudersi in casa da solo, o al massimo con adulti tipo i suoi genitori e i loro amici, che secondo lui appartenevano a un altro mondo e quindi facevano meno paura, era come se fossero in un'altra dimensione. E invece proprio i suoi genitori lo mandavano sempre con i figli dei loro amici, a fare cose con gli amici dei figli dei loro amici.
Lui alle cene con gli amici dei genitori sperava sempre che non arrivasse quel momento, ma quel momento arrivava sempre, e lui doveva uscire rosso e sudato a incontrare altri bambini.

Un giorno, l'ennesima volta che stava per accadere l'inevitabile incontro con bambini nuovi ed era già diventato tutto rosso e sudato, si stufò. Doveva trovare uno stratagemma per evitare quella timidezza invalidante. E così si era inventato un involucro immaginario. C'era chi si creava l'amico, lui si era creato l'involucro. Immaginava di essere circondato da una guaina che lo proteggesse dagli altri ma che fosse così sottile da permettergli di incontrare chiunque senza che se ne accorgesse, e al tempo stesso senza che nessuno potesse prendergli qualcosa di suo, tipo il cuore, e calpestarglielo, per poi restituirglielo tutto stropicciato e sbrindellato, oppure l'intestino, per poi ridarglielo tutto ritorto e strizzato. Incontrò quei bambini sconosciuti, e non diventò più nè rosso nè sudato, anzi diventò sudato, ma solo perchè aveva fatto una bellissima partita a calcio, e diventò rosso ma solo dal ridere, perchè si era divertito un sacco.

Da quel giorno tenne sempre addosso il suo involucro, fu sempre in mezzo alla gente e si divertì sempre un sacco. Non pensava più nulla prima di incontrare persone nuove. Andava, incontrava e basta. Sapeva che non era che non fosse più timido, che la timidezza si porta alla tomba molto più dei capelli biondi, ma non gli importava. Aveva trovato il modo per difendersene con l'involucro, e quello bastava.

Un giorno, però, incontrò una persona che gli fece passare la voglia di tenersi l'involucro addosso, perchè era vero, con l'involucro era invincibile, però sentiva poco, e non riusciva a essere veramente amico di quella persona. E così, per il suo amico, creò una zip nella guaina, e la tolse in sua presenza. Dopo un po' di tempo, però, l'amico gli prese il cuore, glielo calpestò, glielo sbrindellò, e poi glielo restituì a piccoli calcetti, facendolo rotolare e impanare nella polvere. Fu un bel problema ricompattare tutto, lavare tutto, rimettere il cuore a posto e richiudere la zip.

In ogni caso, dopo un po' di tempo tornò il buontempone di sempre, pieno di conoscenti e con la zip tirata su fino al cucuzzolo della testa.

Un giorno, però, incontrò una ragazza, e gli venne voglia che quella ragazza gli torcesse le budella, aveva piacere di aprirle il cuore. E così si tolse di nuovo la guaina. La ragazza gli torse le budella, poi gli spezzò il cuore e non glielo restituì nemmeno. Dovette andare a recuperarlo, frugando tra i resti della loro storia. Lo ricucì, non tanto bene, ché non era mica capace a cucire, e lo rimise a posto. Poi indossò di nuovo la guaina e andò avanti come prima, a ridere e scherzare in mezzo a tanta gente divertente, sempre nuova. 

Un giorno, però, incontrò un'altra ragazza. Questa volta aveva ancora più voglia di farsi attorcigliare le budella da lei, ma aveva paura. Alla fine, con una certa riluttanza, si tolse lo stesso l'involucro, timorosamente, e lei gli torse le budella, ma non con cattiveria, e anche il cuore glielo lasciò là, al suo posto, a battere più veloce. Il problema era che il bambino, che non era più un bambino, aveva paura che la ragazza, che anche lei non era più una ragazza, gli facesse qualche brutta sorpresa, e temeva anche di incontrare l'altra gente senza involucro, e così quando era con la ragazza lo toglieva, quando era con la gente se lo rimetteva. Era tutt'un metti e togli, peggio di Superman. Il casino pazzesco era quando era in mezzo alla gente con la sua ragazza. All'inizio metteva e toglieva tutto il tempo, ma perdeva un po' in spontaneità. Alla fine in pubblico si tenne sempre l'involucro, poi divenne pigro e smise di toglierlo anche con lei. Più che per pigrizia, era per paura, ché invecchiando aumenta la paura, mica diminuisce.
Tutto quello che aveva dentro fu sempre protetto, ma isolato dal resto del mondo, anche dalla sua compagna.
Non visse male, ma nemmeno appieno.
Morì timido e senza capelli.
Si portò l'involucro nella tomba.
Chiuso.

venerdì 19 aprile 2013

Vogliamo estinguerci

Una volta credevamo che gli edulcoranti facessero dimagrire, poi abbiamo scoperto che sono cancerogeni;
Una volta credevamo che truccarsi facesse diventare più belle, mentre invece ci riempivamo di parabeni che sono cancerogeni;
Una volta ci dicevano che i grassi vegetali sono meglio di quelli animali: ci siamo riempiti di grassi vegetali e ora scopriamo che sarebbe meglio sbocconcellare il grasso di una balena morta da 30 giorni che mangiare quelli, e moriremmo di fame se evitassimo i cibi che li contengono;
Una volta credevamo che il fluoro facesse bene. Ci siamo riempiti di fluoro, addirittura con le pasticchine che ci propinavano alle elementari, poi, dopo anni di fluoro, ci hanno detto che rende sottomessi e rimbecilliti (cosa che, tra l'altro, si potevaintuire dall'andamento della società negli ultimi tempi).
Io, di fluoro ne ho ingollato tantissimo. Infatti, quest'anno, dopo 33 anni di fluoro spinto, ho perfino dimenticato il compleanno di questo blog, che ha compiuto ben sei anni il 27 febbraio...e io che ho scritto il 27 febbraio 2013? Questo.

mercoledì 17 aprile 2013

Una simpatica lezione periPatetica interdisciplinare


Se siete prof, vi propongo una bella lezione da sottoporre ai vostri ragazzi, che facciano le elementari, le medie o le superiori (all'Università me la vedo un po' dura, ma forse si riesce lo stesso).

 INGREDIENTI
  • Un gruppo di studenti che abbiano trascorso insieme almeno un annetto;
  • Un insegnante con il senso del sacrificio;
  • Uno spazio non troppo angusto (in un'aula potrebbero esserci feriti e/o morti);
  • Qualche studente con la sufficienza di qualche materia (anche qui, forse, è chiedere troppo);
  • fogli e penne, un po' di libri appartenenti agli studenti con qualche sufficienza (fantascientifico pensare che si portino i libri, ma magari capita);
  •  un fazzoletto molto resistente, oppure sacrificabile senza grandi sofferenze.
PREPARAZIONE

Dividere la classe in tre gruppi:
  1. i saggi, composti da uno sparuto (per forza) gruppo di persone in grado di predisporre domande su tutti gli argomenti studiati durante il periodo in cui la classe è stata unita e di capire se le risposte sono corrette. Se il numero totale di studenti è un numero dispari dovranno essere in numero dispari, se pari pari.
  2.  la squadra A, capitanata da un alunno che sceglierà i compari, alternandoli uno a uno a quelli scelti dal-
  3. la quadra B, capitanata da un altro alunno.

Sistemare i saggi in un luogo vicino a voi, possibilmente sopraelevato. Nel frattempo si saranno preparati le domande (e possibilmente si saranno dati anche le risposte).
Piazzarsi in mezzo allo spazio non angusto, con tutta la propria possente fisicità e con in mano il fazzoletto.
Far disporre le due squadre abbastanza lontano da voi e dai saggi per poter correre e stabilire una competizione per raggiungervi, e abbastanza vicino da poter sentire la voce dei saggi. Sappiate che la distanza tra voi, le squadre e i saggi influenzerà le conseguenze del gioco. Per fare un esempio, il rischio che voi moriate o vi feriate seriamente seppelliti da corpi umani brufolosi sarà direttamente proporzionale alla distanza tra voi e le squadre. I due gruppi di studenti saranno composti da alunni numerati e disposti secondo l'ordine in due file indiane parallele tra loro e perpendicolari alla linea che collega i vostri due occhi da prof con il senso del sacrificio che li fisseranno ingannevolmente speranzosi nella buona riuscita del gioco.

SVOLGIMENTO

Un saggio proclamerà a gran voce un numero tra quelli attribuiti ai componenti delle squadre. Gli studenti corrispondenti al numero chiamato dovranno correre verso di voi e cercare di strapparvi il fazzoletto di mano. Chi ci riuscirà potrà provare a rispondere alla domande dei saggi. Se ce la farà la squadra otterrà un punto, altrimenti la domanda passerà al concorrente, che avrà un punto solo se risponderà correttamente, altrimenti entrambi gli alunni torneranno ai loro posti spuntificati.
I saggi possono inventare varianti, tipo proporre un'espressione algebrica invece di dire il numero. Anche in questo caso, la difficoltà delle espressioni sarà direttamente proporzionale alle collisioni tra studenti appena rotte le fila e pure al numero di persone che vi salteranno addosso per prendere il fazzoletto, aumentando il solito rischio che voi moriate o vi feriate seriamente seppelliti da corpi umani brufolosi.
Un'altra variante che aumenta esponenzialmente il rischio di morte/ferite gravi sia per voi sia per gli studenti è la chiamata di più numeri in contemporanea, stabilendo per le risposte la gara tra due squadre di due o tre persone invece che semplicemente tra due persone. 

VANTAGGI

Per gli studenti:
  • ripassare tutte le materie in modo alternativo;
  • ossigenarsi i polmoni con belle corsette.
Per voi, docenti: nessuno, o forse sentirsi per un attimo una persona creativa (comunque durerà pochissimo, anzi, niente, dato che non siete voi i creativi, ma io che me lo sono inventato e ve lo sto facendo analizzare nei minimi particolari su questo lettissimo blog).

RISCHI
  • ferimento/morte vostra;
  • ferimento/morte di uno o più studenti con conseguente ferimento/morte vostra per mani di Preside/genitori e/o chi ne fa le veci. 
Per evitare il primo rischio, potreste farvi sostituire da un palo. Più rigido e grosso sarà il palo, più studenti moriranno/si feriranno, e le atroci sofferenze che avrete evitato sottraendovi al ruolo centrale nel gioco  saranno solo procrastinate. Aggiungerei che la soddisfazione creativa in realtà nulla di cui sopra sarà ampiamente sepolta dalla frustrazione colossale di essere sostituibili da siffatto elemento, specie se siete donne, come nel 99% dei casi.

lunedì 15 aprile 2013

Scivoloni


Prendo un alunno, gli spiego che gli insegnerò tre termini nuovi: eutrofizzazione, biodegradabile e ecosistema.
Biodegradabile è dura.
Gli dico che bios vuol dire vita, che degradabile vuol dire distruttibile, che quindi una cosa biodegradabile si distrugge durante la sua vita senza lasciare grandi tracce dopo la sua biodegradazione.
Gli faccio una lista di cose, e lui deve dirmi se sono biodegradabili o no.
Bucce di banana, sì, chewing gum, no, tonno, no. Ma come  no? Sì, certo. Lattina, no. Carne umana, sì. Carne bovina, anche. Gatti morti, pure. Una stampante, no. Pare che ci siamo.
Gli richiedo il termine: dimenticato.
Va beh, pazienza.
Poi gli spiego l'eutrofizzazione. Facciamo un bel grafico, che arriva alla devastazione dell'ecosistema, termine che gli spiego senza trarne molto feed-back.
Allora decido di farlo ripartire da zero.
Lui ovviamente non ricorda la parola biodegradabile.
Però si ricorda che
certe sostanze biodegradabili, finendo in un lago, possono far diventare le alghe grandi e grosse e assetate d'ossigeno, fino a far morire i pesci deossigenati. Sento che lo ricorda.
Vuole esprimere la cosa.
Parte dall'inizio.
"Allora, c'è un lago che si riempie di bucce di banana..."

venerdì 12 aprile 2013

Meno male

"Meno male!", e si tira un sospiro di sollievo.
Ma perché mai si deve tirare un sospiro di sollievo dicendo codeste due parole?
A parte che sono entrambe parole negative, meno e soprattutto male, ma poi che sollievo si dovrebbe avere nel trovare che il male sia meno? Vuol dire che non c'è tanto male, ma un po'.
Al massimo uno sta meglio di uno che sta peggio.
Ma sempre male sta.
In verità la frase è usata pure in senso positivo del tutto, il che mi è veramente incomprensibile.
E' pur vero, d'altro canto, che è meglio così che se si fosse stati meglio quando si stava peggio.

lunedì 8 aprile 2013

Capelli lunghi


Quando una persone è abituata ad avere i capelli corti o non tanto lunghi, quando poi si ritrova ad averli lunghi, son problemi.
Non si può dire che si possa essere disabituati ad avere i capelli lunghi, dato il fatto che la crescita è di un centimetro al mese, e quindi l'abitudine ce la si fa per forza.
Già qui si palesa uno strano fenomeno, cioè che si possa essere disabituati ad avere i capelli corti, ma non ad averli lunghi. In compenso, si può essere abituati ad averli sia corti sia lunghi.
Ma uno che ha avuto i capelli lunghi per tutta la vita (o perlomeno per quel lasso di  vita in cui si possono avere i capelli lunghi, dato ce solitamente non ci si nasce) è ben diverso da uno che ha vissuto con i capelli corti fino a una certa età e poi se li fa crescere.

In questo caso, infatti, si rilevano accadimenti mai visti nella vita precedente, quali:
  • ritrovarsi i capelli sotto le ascelle mentre si corre, il che li renderà belli nutriti sulle punte senza necessità di balsamo, ma forse un po'salati e rigidi;
  • chiudere la portiera della macchina e ritrovare se stessi fuori e i capelli ancora dentro;
  • ogni volta che ci si toglie una giacca o una maglia dotate di qualche cerniera, strapparsi un toupet di capelli;
  • dover comprare una confezione di Mr Muscolo per ogni doccia;
  • ritrovarsi con i rasta senza averli voluti, nè richiesti, nè pagati;
  • ...................
  • ...................
  • .................
a voi la continuazione!

mercoledì 3 aprile 2013

C'est la vie

C'era una vecchietta che si avviava a chiacchierare con altre vecchiette al lato della strada. Dalla sua mano destra si dipartiva un guinzaglio, alla cui estremità era attaccato un cane mastino bello grosso, marrone chiaro, largo quanto era lungo, ma di una larghezza non floscia, dinamitica.
Questo cane,al vedere le altre vecchiette, si era lanciato in un attacco di quelli cattivi, abbaiando come un mastino, tirando il guinzaglio, impennandosi.
Insomma, il cane mastino cercava di seguire la sua vera natura, quell'impeto guerrier ch'entro gli ruggiva, quell'istinto assassino che era in lui nonostante anni e anni d'appartamento, di riscaldamento artificiale, di crocchette addizionate di vitamine, di impermeabili canini sotto la pioggia, di tutine di lana rosa d'inverno.

Il risultato?

Le vecchiette del crocchio ormai formatosi si erano messe a ridere, la vecchietta dalla cui mano destra si dipartiva il guinzaglio aveva tirato un po' e lui si era strozzato, era ricaduto mollemente a terra e lì era rimasto.

Uno slancio di genuinità diventato costrizione e irrisione.
C'est la vie (actuelle).