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mercoledì 28 novembre 2012

Buio cinematografico


C'è un film che sono andata a vedere non perchè l'avessi deciso ma perchè era gratis.
Non so perchè, ma ero abbastanza restia.
Dopo averlo visto, ho capito che ho un sesto senso cinematografico. Anzi, per non peccare di presunzione, diciamo che l'ho avuto, almeno in quell'occasione. Poi magari pecco lo stesso, il film piacerà a tutti e io non capisco una mazza di film (cosa possibilissima). Ché tra l'altro non è che non mi sia piaciuto, anzi è proprio così: non mi è piaciuto, ma perchè mi ha comunicato quello che forse voleva comunicare. E sotto questo punto di vista potrebbe essere visto come un film riuscitissimo.

L'inizio è in rumeno. Fare film sugli immigrati va di moda. Con i sottotitoli, senza doppiaggio, fa tanto d'essai (che poi, infatti, il film era gratis perchè era in una rassegna di film d'essai, quindi ci sta).
Pochi dialoghi.
Musiche angoscianti.
Belle ma angoscianti.
Probabilmente l'intento era comunicare angoscia.
Intento raggiunto in pieno. 

Ecco.
Se l'intento è l'angoscia con "tolleranza zero e zero futuro", allora è centrato e il regista è un grande.

E' bello perchè, a parte la musica angosciante, i dialoghi angosciantemente scarni, le vite angoscianti dei personaggi, a volte sembra che ci siano delle svolte.
Uno si dice evvai, ora le cose girano meglio.
Per esempio, pare che la protagonista una volta immigrata in Italia possa stare meglio?
No, va a fare la badante di una moribonda.
Prima aveva una casa, ora vive da gente che la ospita per pietà o per utilitarismo.
Pare che la coetanea che la accoglie in casa sua possa esserle amica, che abbiano punti in comune?
Ma figurarsi, a ognuna la sua vita. C'è un abbraccio verso la fine, ma non vuol dire quasi nulla. Giusto un po' di solidarietà umana per avere la stessa sfiga cosmica. 
L'altra protagonista, l'italiana, sembra trovare una nuova dimensione iscrivendosi all'Università a Napoli dopo la chiusura dello stabilimento dove faceva l'operaia?
Ma figurarsi, lo stabilimento riapre e lei torna a far l'operaia.
Pare che a Napoli ci sia un ragazzo carino interessato a lei che la invita a una festa?
Ma va', alla festa non lo trova e rimane angosciata a ballare da sola in un abito scintillante.
La donna che trova la protagonista a Melfi potrebbe essere, anzi è sua madre?
Sì, ma non c'è nessun bell'incontro, anzi, lei non la sopporta. Il sacrificio che ha fatto per mantenerla a distanza, come molte badanti che vengono in Italia e mandano i soldi ai parenti, la schifa, perchè i soldi non hanno potuto sostituire una madre.
La madre anche è messa bene: si è trovato come compagno una specie di protettore, che la tratta malissimo, ci prova pure con la figlia, e cerca di istigarla alla prostituzione.

Uno si alza dalla poltrona del cinema che pensa beh, sono proprio fortunato, nella mia vita normale ogni tanto me ne va bene qualcuna.

Hitchcock diceva che il cinema è come la vita senza le parti noiose.
Ecco, questo film è come la vita con le parti noiose, e senza le parti belle.
Forse forse, dopo, è meglio vedersi "La vita è bella".
Anzi, più che il film, è meglio leggere solo il titolo.
Ché se no poi ci si rirattrista.

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