LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

venerdì 30 dicembre 2011

All'ufficio anagrafe

VENERDI' PRIMA DELLA SETTIMANA NATALIZIA

Io: Buongiorno, dovrei rinnovare la carta d'identità.
Sportellista: Buongiorno, dia pure. Qui risulta che lei fosse residente a Cuneo, cosa vuole da noi a Torino?
Io: Ho fatto il cambio di residenza da un po'.
Lui: Ehh, ma se l'ha fatto da tanto ok, se no non risulterà nei nostri archivi.
Io: l'ho fatto cinque anni fa, dice che basta?
Lui: direi proprio di sì. Ora guardo....
...
...
Ehm, non c'è. Ha fatto il cambio residenza troppo tempo fa, e il sistema informatico degli archivi non era ancora attivo.
Io: Ma come, non era necessario averlo fatto da tanto?
Lui: Beh, era necessario averlo fatto da tanto per le tempistiche lunghe, ma da poco per poter essere nel sistema informatico. Lei ha scelto giusto il periodo nel mezzo.
Io: Che fortuna. E quindi?
Lui: Quindi per rinnovare la carta d'identità con il sistema abbreviato del timbro deve andare a Cuneo a prendere il nulla osta e poi tornare da noi.
Io: Se questo è il sistema abbreviato qual è quello allungato?
Lui: Fare una nuova carta d'identità portandomi tre fototessera, la carta d'identità vecchia e compilando questo modulo.
Io: Beh, mi pare più rapido andare al Photomatic della Auchan qui dietro che andare a Cuneo, non crede?
Lui: In effetti. In ogni caso, dato che ha già fatto questa coda oggi, le dò un suggerimento per evitare di rifarla la prossima settimana. Non venga nè lunedì, nè martedì, che a inizio settimana c'è sempre un gran casino, e venga giusto prima che chiudano gli sportelli, quindi alle 14, perchè chiudiamo alle 14,30. Se viene all'ora di pranzo c'è il personale dimezzato e una coda pazzesca. Se viene dopo, invece, non c'è nessuno.

MERCOLEDI' DELLA SETTIMANA NATALIZIA

Mi avvio all'ufficio anagrafe alle 12.02, perché è sul mio percorso lavoro-casa. So che non si tratta dell'ora strategica, ma mi adatterò anche a fare un po' di coda.

All'ingresso, chiuso e sprangato, trovo un cartello:
Ecco cosa intendeva lo sportellista con "Se viene dopo, invece, non c'è nessuno".

mercoledì 28 dicembre 2011

Dio è stanco


Dio, il settimo giorno, creò l'uomo.

Anche se era un Dio, anzi IL Dio, creare un mondo intero era faticosetto pure per lui.
E così era un po' stanco.
Infatti creò l'uomo con la faccia piatta e tutti e due gli occhi piantati sullo stesso lato anteriore piatto della faccia.

Poi, mentre si prendeva un Moment per il troppo mal di testa, notò che, in quel modo, l'uomo avrebbe visto solo davanti a sè, senza avere alcun senso prospettico di quello che aveva dietro.

Allora, per ovviare al problema, gli diede un collo girevole e un'intelligenza superiore alla media degli altri animali, in modo che potesse girarsi e avere profondità prospettica di analisi a tuttotondo.

Peccato che fosse così stanco, ma così stanco da toppare un po' sull'intelligenza.

lunedì 26 dicembre 2011

Aforisma di Santo Stefano


Stare con due individui in contemporanea è come avere due lavori.
Già averne uno è una palla, averne due è stressantissimo.

venerdì 23 dicembre 2011

Lo spirito del Natale

Ero seduta al pc che mi slambiccavo alla ricerca di un'idea per un post, e lui mi ha detto: "Fai un post sul Natale".
E io non ero molto contenta, ché di solito poi per Natale prendo spesso citazioni di altri, almeno non faccio figuracce, almeno non quel giorno, di già che le faccio tutti gli altri.
Poi gli ho anche detto che ho già fatto il post sul traffico prenatalizio, ma lui ha ribattuto che non è la stessa cosa, e lì io già iniziavo a sentirmi un po' a disagio all'idea che le automobili di Natale non coincidessero con lo spirito del Natale. Allora gli ho chiesto cos'avrei dovuto scrivere, e lui mi ha risposto "Che Natale è un'emerita ca@#ta".
A me sta cosa ha lasciato perplessità, perché se vado a scrivere una cosa così mi perdo i pochi lettori filonatalizi, se invece scrivo che è una figata mi perdo l'altra metà, quella dei natalofobici.
Ero lì che cercavo una soluzione, qualcosa che soddisfacesse tutti, quando lui ha aggiunto "...ma che sotto sotto ha il suo fascino". Eccola lì la soluzione, servita su un piatto d'argento.
E lui continuava a dire che è vero, c'è il traffico, è vero diventi indiavolato in macchina (se usi la macchina, ndr), è vero, devo pensare a tutti i regali (se ne fai, preciserei), ma è bello vedere le luci, scartare i regali (se ne ricevi, questo lo aggiungo io).
Poi, ripensandoci, mi ha detto: "va beh...scrivi che il Natale non esiste...è una festa commerciale in cui tutti fingono di essere più buoni e in realtà non vedono l'ora di in*@rti".
Ma io mi sono detta "Va beh evitare il falso buonismo, ma qui si pecca di falso cattivismo".
Mi sono anche detta che devo tenere ben presente il mio obiettivo di evitare di perdere lettori.

E così concludo, cari lettori, che il Natale forse è un po' inflazionato dallo spirito commerciale, ma è fascinoso lo stesso.
Insomma, invece che un'emerita ca@#ta, una fascinosa ca@#ta.

E per creare il fascino, abbiamo pure fatto l'albero, e ci abbiamo pure messo le luci e i regali sotto.


lunedì 19 dicembre 2011

Che Opera d'arte!

Quando si va a vedere l'Opera a teatro è bello, perchè si tratta di un'attività altamente culturale, per cui ci si veste tutti benissimo. Gli uomini mettono il completo dell'amico/fratello/papà il giorno delle nozze o un frac scovato in qualche soffitta, le donne indossano abitini da fatina pieni di voulant, o vestiti da sera pailettati fino alle caviglie, o altri abbigliamenti improbabili, scovati pure loro in soffitta o in qualche mercatino o, nella peggiore delle ipotesi, in una boutique carissima. Il tutto per sedersi ore nel buio più totale. Mi pare un ragionamento geniale.
Il fatto che si stia seduti ore nel buio più totale è anche dovuto al fatto che gli attori, forse insicuri della prima volta che le pronunciano, forse anche della seconda, forse perchè il testo proclamato una volta sola è così corto da non giustificare il prezzo folle del biglietto, ripetono ogni frase dalle due alle cinquantasette volte, rendendo lo spettacolo più lungo dal doppio a cinquantasette volte tanto la durata naturale se non ci fossero ripetizioni di sorta.

La mia prima opera l'ho vista all'Arena di Verona. Il Barbiere di Siviglia. Sagace, comico, interessantissimo, mi dissero. E poi, l'Arena di Verona è l'Arena di Verona. Un posto bellissimo, romantico, suggestivo. Insomma, una figata. Quando ti rechi in loco vestita come su descritto circa quattro ore prima e ti accaparri un posto ai margini dei margini in pura pietra passiccia, incastrata tra i piedi di quello dietro, su cui parcheggi il tuo deretano incastrandolo intorno a una delle sue scarpe, e incastrando entrambe le tue décolleté con tacco 15 intorno ai deretani delle due persone che hai sedute davanti, ancora sei felice.
Quando ti accorgi che il tuo vestito elegante si è impolverato e insozzato sulle suddette scarpe, ancora sei contenta.
Quando inizia lo spettacolo, dopo quattro ore senza poter appoggiare la schiena da nessuna parte, sei già un po' meno contenta.
Quando ti accorgi che gli attori si presentano a distanza inumana e li vedi grandi come capocchie di spillo, sei un po' irritata.
Quando inizia lo spettacolo e scende la notte, suggestiva, per carità, con tanto di stelle, perchè sei fortunata e non piove, capisci che, anche se il Barbiere di Siviglia è in italiano, non capisci un'acca e la tua irritazione diventa dispetto.

Previdentemente ti sei portata il libretto, ma devi leggerlo con la torcia del cellulare, attività che, corredata da mortale mal di schiena, ti impedisce di seguire le dinamiche delle capocchie di spillo.
Insomma, arrivi alla fine dello spettacolo che tutti i tuoi pensieri sono incentrati sul dolore della tua schiena e sulla sua continuazione fino all'osso sacro, che, per essere sacro, è piazzato in un punto un po' indegno e regge tutta la stanchezza della tua colonna vertebrale svertebrata dalle sette ore di pietrosa immobilità.
La trama, poi, ti ricorda vagamente quella di una sopa opera, con la differenza che la soap ha puntate di un quarto d'ora l'una circa e te la vedi sdraiazzato sul divano, se proprio vuoi vederla. Preferibilmente, comunque, la eviti. Anche se dura poco e hai questa non indifferente comodità della divanizzabilità.

Un giorno, però, ti sarà inevitabilmente riproposta un'altra Opera, e inevitabilmente ci ricascherai, e ci andrai con grandissimo timore. Se sarai fortunata, finirai in un teatro, con morbidi sedili, e se sarà in lingua straniera potrai sperare di capire qualcosa in più che in italiano, sfruttando i sottotitoli tradotti.
Ma l'opportunità migliore offertati dall'opera a teatro, soprattutto dopo lunghi periodi di insonnia, è quella di poter dormire soporiferamente su comodi schienali, usando come cuscino il tulle della tua vicina di sedia, e come ninna nanna la musica dello spettacolo.

venerdì 16 dicembre 2011

Soluzioni anti-crisi

L'altro giorno camminavo smarrita, in un'ora buca alla seconda ora, dopo essermi svegliata all'alba per fare la prima ora, quando mi è sfilata a lato, appiccicata su una vetrina, questa immagine:
e poi questa:


La vetrina era di un parrucchiere.

Ma ora, dico io, è necessario andare dal parrucchiere per avere dei capelli "come se si fosse appena scesi dal letto"?
La risposta è no.
Basta scendere dal letto
Non pettinarsi.
Uscire.

Semplice.
Rapido.
Gratuito.

mercoledì 14 dicembre 2011

A Natale ogni auto vale


C'è una strana legge automobilistica che scardina alla base il pagamento del bollo annuale.
All'avvicendarsi del Natale, in tutte le strade di tutte le città, dove per città si intende un nucleo abitato che vada dai 5.000 abitanti in su, all'improvviso si riversano automobili che non sapevano manco loro di esistere per il resto dell'anno.
A fine Ottobre-inizio Novembre, sulla strada che solitamente percorrevate per andare/tornare al/dal lavoro in circa mezz'ora si materializzano, alle stesse ore e negli stessi posti, fine doppie di automobili, quelli di destra con le ruote così a filo del marpiedi che manco il più anoressico dei ciclisti ci passa, quelli di sinistra talmente a filo con la linea di mezzeria che gli specchietti sinistri sono tutti sinistrati.

E così, se siete ciclisti o motociclisti vi dovete adattare a fare la fila dietro ai tubi di scappamento delle automobili, se siete automobilisti idem ma potete mettere il ricircolo interno nell'aria calda, cagionando appannamento da infratto su tutti i vetri interni dell'abitacolo, nonchè crescita di muffe esotiche su tutta la superifice del vostro corpo.

Tempo di percorrenza del percorso lavoro-casa e casa-lavoro: un'ora e mezza.

Il bello è che i nuovi automobilisti, forse colti da esaltazione da prima volta, perchè prima di Ottobre Novembre non solo non erano in strada, ma quasi sicuramente non esistevano nemmeno e si sono materializzati unicamente in occasione dell'approssimarsi delle festività natalizie, hanno comportamenti piuttosto strani.
Le frecce non sono considerate. Anzi, in queste macchine che si materializzano solo per tre mesi all'anno non sono previste come accessorio. E così vedrete automobili vagare casualmente, spesso e volentieri contromano. Ogni operazione sarà fatta con lentezza da mozzarella Vallelata, salvo le repentine svolte a destra e/o sinistra senza frecce, tagliando la strada al maggior numero possibile di altri fruitori della strada. Chi raggiunge il massimo numero probabilmente vince un viaggio alle Antille per Natale. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui tante persone rischierebbero la loro vita. Nemmeno il viaggio alle Antille in realtà lo spiega, dato che da morti, alle Antille, ci si fa ben poco, salvo essere sotterrati al caldo.

In ogni caso, non vi preoccupate: dal 25 Dicembre tutti questi personaggi spariranno, rapiti da un vortice spaziotemporale, per tornare tra noi soltanto a fine Ottobre dell'anno successivo.
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venerdì 9 dicembre 2011

La buona azione quotidiana


Sono entrata in un negozio dove, seguendo uno dei miei soliti ragionamenti piuttosto contorti, mi sono ritrovata a dover pagare una cifra di 95 centesimi in seguito a un cambio merce gentilmente concessomi dalla commessa nonostante il pacco stracciato e l'assenza del vecchio scontrino.

Le ho porto una monetina da un euro, e lei, con biondo sorriso, mi ha restituito una monetina da un euro, tale e quale a quella che le avevo dato io, forse proprio quella che le avevo dato io, nel caso in cui la sua bionda memoria le avesse fatto scordare che fosse proprio quella la monetina che aveva adagiato nell'alloggiamento delle monetine da un euro, più una micromonetina in rame da 5 centesimi.
Esiste anche l'ipotesi che i suoi forse miopi occhi l'avessero portata a scambiare una monetina da un euro per una monetina da due euro, ragion per cui il mio portafoglio avrebbe anche potuto respirare quell'aria di novità apportata dall'inedita moneta.

Ora, direte voi, era mio dovere chiarire che la monetina da un euro non mi spettasse, e che non fosse giusto che me ne andassi con 95 centesimi di merce e 5 centesimi di monetine in più rispetto a quando ero entrata.

Ma la commessa era stata così carina, così gentile a concedermi il privilegio del cambio merce in assenza dei requisiti esposti a chiare lettere nel negozio in Franchising, che non ho avuto il coraggio di dirle: "Guardi che ha sbagliato a darmi il resto".

Cos'è un ammanco di un euro al cospetto della consapevolezza di non essere in grado di svolgere una delle quattro o cinque mansioni richieste dal lavoro di commessa?

E quindi sono uscita dal negozio a testa alta, con cinque centesimi di monetine e 95 centesimi di merce in più di quando ero entrata, felice di aver evitato alla commessa una frustrazione che le sarebbe costata ben più cara di un euro.

La mia buona azione quotidiana era stata evasa. 

mercoledì 7 dicembre 2011

Atto di libertà


Ci sono tre elementi in un parco.
Un cane, un padrone di cane, attaccato al suddetto cane tramite un guinzaglio di quelli con lo scorrimento rapido bloccabile, e una persona che fa jogging.

L'elemento cane sta pascolando tranquillamente nell'erbetta affiancata al marciapiedi, dove tra poco passerà il corridore, calpestando con ogni probabilità la cacca sua o di un altro cane precedentemente pascolante nello stesso luogo.
Il corridore finalmente passa, e il cane lo vede, e sente un innato desiderio, forse derivante dai suoi antenati lupi, più ante che nati, a giudicare dal tipo di cane in questione. In ogni caso il microcane in questione sente l'innato desiderio di compiere un balzo canino verso il corridore. Non che sia una sua necessità, o che la sua vita possa trarre grande giovamento dal compiere questo balzo verso il corridore, che poi non si sa manco che finalità abbia. Ma ciò che conta è che il cane inizia a compiere l'azione, tutta la tensione nelle sue zampette posteriori è volta a raggiungere ciò che vuole raggiungere, e sente la forza della libertà del suo atto, e questo basta, e non importa affatto cosa voglia concludere. Ciò che conta è che la sua volontà è compierlo, e che lo sta compiendo, in un'azione assolutamente libera.
Ma ecco che l'elemento padrone, distratto in una prima frazione di secondo da un interlocutore anche lui canedotato, si accorge di quell'inconcepibile atto di libertà perpetrato dal suo cane, di cui è padrone e assoluto deus ex machina. E così, zacchete, con una leggera pressione del pollice opponibile, lo slancio del cane viene castrato in un modo così improvviso che se il cane fosse un uomo avrebbe bisogno di dieci anni di psicoterapia.

E invece no, il cane è un cane, si tratta di un essere vivente semplice.

Gli basta vedere il corridore scivolare rovinosamente sulla sua cacca per tornare a essere tranquillo e beato, con il collo inguainato nel laccio che lo tiene legato al suo padrone, alimentatore, mantenitore e alloggiatore.

lunedì 5 dicembre 2011

Mia terra, mia labile strada, sei tu che trascorri o son io?

Si leggeva in classe "La bicicletta" di Pascoli.
C'è Pascoli che si fa sta pedalata nella vita, che gli scorre via, e non riesce a comunicare con nessuno perchè appena rivolge la parola a qualcuno gli risponde quello che è un po' più avanti, dato lo scarto spazio-temporale che necessita l'elaborazione della risposta a un interlocutore, di cui vi avevo già parlato non tanto per aver letto Pascoli quanto per averlo provato sulla mia pelle.
In ogni caso, tutti gli alunni dicevano: certo che sto Pascoli è una bella testa. Basterebbe che si fermasse e potrebbe comunicare. E io subito lì a pensare a me, nel post che vi ho linkato su, che mi fermo tutta sudata mentre corro al freddo e mi viene un accidenti per fare tutt'un dialogo con il vecchietto di turno.

Ma poi mi è venuto in mente che Pascoli probabilmente non era sudato, probabilmente non stava facendo sport semiagonistico con la bici da corsa o in MTB, probabilmente si stava pure bene, perchè doveva essere Primavera, se i suoi tentati interlocutori aravano e falciavano nei campi.

E allora perchè diavolo non si fermava?

Poi ho capito.

Ho capito dalla frase: "Mia terra, mia labile strada, sei tu che trascorri o son io?". Pascoli mica poteva fermarsi. Non poteva fermarsi perchè non era l'unico in movimento. Sotto di lui pure la Terra si muoveva.


Il suo andare verso una persona avrebbe dovuto seguire una traiettoria che tenesse presenti il moto della Terra, quello suo, peraltro con la bici che alla fin fine in queste cose ingombra, e quello dell'interlocutore. E pensate un po' come possa essere riuscire a percorrere traiettorie esatte su una palla gigante sospesa nello spazio che gira per conto suo, e cercare di raggiungere una persona che, a sua volta, ha tutte le sue traiettorie anch'esse deformate dal moto della palla gigante rotante che è la Terra.
Primo, bisogna essere dei geni del calcolo, e se Pascoli aveva deciso di scrivere poesie forse non amava tantissimo la matematica, anche se non è per nulla detto.
Secondo, bisogna avere un grande equilibrio, che a Pascoli bastava per stare sulla bici ma non so se sarebbe stato sufficiente a percorrere le esatte traiettorie occorrenti per raggiungere l'interlocutore.
Terzo: tutte queste caratteristiche e capacità e intenzionalità devono essere presenti anche nell'interlocutore.

Insomma, è tutt'un casino troppo enorme, e Pascoli alla fine, perlomeno in questa poesia, aveva deciso di pedalare in una certa direzione, senza fermarsi per non essere sopraffatto dal movimento della Terra, e non smettere mai fino alla morte.

E se qualcuno avesse voluto provare a raggiungere e percorrere letterariamente un bel pezzo di strada insieme all'interlocutore, quello avrebbe magari potuto essere Calvino, che lui, di letteratura matematico-scientifica se ne intendeva.

Se invece qualcuno di voi vuole provarci nella vita vera, poi, se vuole, venga a raccontarmi com'è andata.
Sempre che riesca a raggiungermi.

venerdì 2 dicembre 2011

Indagine sociologica per i lettori di questo blog

Nella vita è carino fare indagini sociologiche per capire come si comporti la gente.
Come ho già detto, Veronesi è convinto che la gente pensi a te infinitamente meno di quanto tu non creda, dove per "te" si intende qualsiasi persona esistente al mondo. Diciamo che forse, già intendendo per "te" qualsiasi persona, un po' si toppa, perchè ci sono persone a cui la gente pensa di più e altre a cui pensa di meno. Detta a Berlusconi un po' di tempo fa, forse non avrebbe quadrato tanto, come frase. Detta ora, forse sì.

Lasciando perdere i casi particolari, ora vi propongo un'attività per controllare quanto alla gente freghi dell'uomo comune.
Seguite le istruzioni solo se siete uomini comuni.
  1. Uscite di casa nudi. Se fa freddo, meglio ancora.
  2. Prendete la vostra biciclietta.
  3. Se non ne avete una, andate a piedi.
  4. Piazzatevi in mezzo a un incrocio in cui passano molte macchine all'ora in cui la gente va in ufficio a lavorare.
  5. Controllate le reazioni di ogni persona seduta a guidare nell'abitacolo della sua auto che vi passa davanti, per poi compilare una tabella di questo tipo:

Se siete una donna comune, invece, fate la stessa cosa ma nel punto 1 sostituite a "nudi" "in minigonna inguinale e scollate".
Il risultato dovrebbe essere più o meno lo stesso.

Si aspettano i dati come commento a questo post.
Grazie.