LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

venerdì 27 maggio 2011

Strettoie


Rettilineo uniforme.
Non un cane.
Una pista da bowling con la distanza che va dal lanciatore ai birilli tendente a infinito.
Tu guidi su quel rettilineo tranquillo.
Ad un certo punto, scorgi in lontananza un chioschetto con fuori i tavolini e la gente seduta ai tavolini e gli ombrelloni con su scritto Coca Cola sbiadito.
Procedi con andatura di crociera con la tua automobile.
Aguzzando bene la vista, scorgi in lontananza un puntino automobilistico che procede in direzione opposta alla tua.
Vi avvicinate, vi avvicinate, ed ecco che, su questo rettilineo uniforme, senza un cane per chilometri, su questa pista da bowling con la distanza che va dal lanciatore ai birilli tendente a infinito, arrivate entrambi davanti al chioschetto insieme.
L'altro continuerà sulla sua traiettoria, e tu sarai costretto o a frenare, cosa che se sei una donna non farai nel 90% dei casi, oppure a stringerti nelle spalle, sperando che, con questo movimento propiziatorio, anche la tua macchina si restringa, ma lei non si restringerà affatto, e cozzerà contro i tavolini egli ombrelloni scoloriti con la scritta Coca Cola, e se sarai proprio sfigato prenderai con lo specchietto un cliente del chioschetto in un occhio, e lo accecherai con gravi conseguenze pecuniarie e morali. Se sarai proprio ma proprio sfigato, schiaccerai anche un po' di avventori. Forse qualcuno morirà anche.

Ma ciò su cui vorrei mettere l'accento è il fatto che, su un rettilineo lunghissimo, la strettoria preveda sia il chiosco, sia la macchina in senso opposto.
Insomma, se c'è una strettoia, è sempre il massimo della strettoia creabile con la più improbabile combinazione.
Non è fiction, è realtà.
Fateci caso.

Io, in questi tredici anni di patente, sono sempre incappata in strettoie di questo tipo: motorini, cassonetti, camion del pattume, macchine, suv, impalcature.
All'inizio chiudevo gli occhi e speravo, senza nemmeno sfiorare il pedale del freno.
Adesso, invece, mi fermo prima della strettoia.
Anche se sono una donna.
E' stata dura, ma ho imparato.

mercoledì 25 maggio 2011

Esili e ritorni in pompa magna

Emanuele Filiberto è uno che ha provato l'esilio.
E si sa, quando si è esiliati, si prova un fortissimo desiderio di andare nel luogo da cui si è esiliati.
E' un po' come quando da piccoli la nonna ci diceva "tu il caffè non lo prendi". Magari il caffè ci faceva pure schifo, anzi, quasi di sicuro, ma dovevamo prenderlo solo per via di quel divieto.
Poi, quando uno non ha più il divieto, ci sono due opzioni.
Si droga della cosa vietata, oppure la prova, vede che fa schifo, e si chiede quante pigne abbia avuto nel cervello per desiderare tanto una simile porcheria quando non poteva averla.

Ecco, Emanuele Filiberto fa parte della prima categoria. Dal 2002 a oggi, sta facendo un'overdose di tutto quello che può in Italia: trasmissioni, festival, talent show, reality...
Ad un certo punto si è chiesto cosa mancasse. Poi si è dato la risposta. Un libro. Un bel libro, ma un libro che spacchi, un libro che sia un best-seller. Si è guardato intorno e ha controllato chi fosse il più best-selleroso in Italia. Ho capito che era lui.
E così è nato questo:

lunedì 23 maggio 2011

Mendicante & stratega


L'altro giorno camminavo in una via pedonale, quando ho visto, in mezzo alla strada, semitravolto dalla folla che dilagava in ogni metro quadro di suolo, un uomo.
Quest'uomo era chinato, in ginocchio, vestito di stracci, ricurvo, prostrato.
Teneva un cartello in verticale con la fronte, talmente era ricurvo.
Sul cartello, avrei verificato dopo, c'era scritto "O' FAME SONO ANALFABETA AIUTATEMI".
Però io arrivavo dall'altra parte, quindi ho visto prima la sua schiena.
Poi gli sono passata di fianco e l'ho visto di lato.
Visto di lato, l'uomo chinato, ricurvo, prostato si stava leggendo Dylan Dog, ben (ma non sufficientemente) nascosto dietro il cartello.
Nella vita, l'importante è sapersi organizzare.

venerdì 20 maggio 2011

Contro l'alta concentrazione di alunni nelle classi


Quando si entra in un posto dove c'è tanta gente, tipo una classe, e quel posto è pieno d'aria, e si spera che sia così, altrimenti o si esce subito o ci si lasciano le piume, l'aria che entra nei propri polmoni prima o poi entrerà pure in quelli di qualcun altro, e avanti così, finchè alla fine tutti si sarà respirata aria che è stata nei polmoni di qualcun altro.
Se sei un'alunna costretta a star seduta vicino al brufoloso secchione occhialuto, sappi che stai respirando l'aria che è stata nei suoi polmoni, e che, anche se non fossi seduta vicino a lui, avresti buone possibilità di respirarla ugualmente, prima o poi, soprattutto se avete due o tre o quattro ore consecutive della stessa materie e state, come spesso accade in questi ultimi tempi, in un'aula grande come una nocciolina. Sappi altresì che i bei voti non si passano con l'aria.
Lo stesso varrà per tutte le altre persone nella classe, ma anche per chi si trova in un altro ambiente chiuso.
Perlomeno l'aria, lei, può essere respirata da tutti senza grandi problemi.
Ma la gente, oltre alla riserva di aria necessaria a sopravvivere, gira circondata da un alone di proprio universo, creato nel tempo da un sacco di microuniversi messi insieme nella vita, e quelli non è mica facile che se li respirino gli altri come se niente fosse. Quelli sono come delle grandi bolle di sapone, ma di un sapone un po' resistente, ma anche piuttosto elastico, che sbatacchia contro le bolle degli altri. Le bolle possono essere di dimensioni diverse da persona a persona. Alcuni le hanno piccolissime, e possono avvicinarsi un sacco alle altre persone con bolle altrettanto piccolissime; altri le hanno grandissime, e così rimangono un po' lontani dalla gente, soprattutto se anche quest'ultima è circondata da bolle di una certa cospicuità. Il pasticcio è che queste bolle difficilmente sono compenetrabili. A volte uno pensa di avercela fatta, ma in realtà ha solo premuto contro la bolla in modo tale che tutto il suo contenuto scivolasse alle sue spalle, ed è riuscito ad avvicinarsi abbastanza all'altro solo se pure lui ha seguito la stessa procedura.
E' per questo che l'alta concentrazione di studenti in una sola classe è dannosissima: non solo perchè a furia di respirare aria altrui, quella che rimane risulta priva di ossigeno e dà alla testa degli studenti, con conseguenze nefaste sul tendenzialmente già nefasto rendimento scolastico, ma soprattutto perchè, a girarsi in 30 in 20 mq, con tutte 'ste bolle di universi personali, si rischia di incastrarsi e rimanere bloccati.

mercoledì 18 maggio 2011

Evoluzione

Una volta la gente andava a scuola con le cartelle.
Poi si è modernizzata, e si è messa ad andarci con lo zaino, spesso dell'Invicta, a volte anche della Leopard, ma quelli della Leopard erano abbastanza sfigati.
Poi c'è stato il periodo degli zainetti Jansport.
In uno zainetto Jansport ci sta 1/3 dei libri che ci stavano negli zaini Invicta, che, tra l'altro, avevano pure l'intercapedine con la lampo per periodi di carico sopra la media stagionale.
Tutto ciò la dice lunga sull'evoluzione della quantità di libri studiata nel tempo.
Ovviamente un famoso detto dice che conti più la qualità della quantità, ma, per togliervi ogni dubbio, vi consiglio di dare una lettura ai libri delle Superiori degli ultimi tempi.
Ora, però, non è più tempo di zainetti Jansport.
Alle Superiori, le ragazze girano ormai con queste:

lunedì 16 maggio 2011

Inno necrofilo (in ottave siciliane)


Per iniziare bene la settimana, vi propongo il seguente componimento poetico. E' stato concepito da un'autrice anonima che ha composto tutte le prime due righe in seguito a gara metanagrammatica, e, in seguito, galvanizzata dal risultato, ha partorito tutto ciò che segue:

Tu ama, ama, AMA!
quel corpo ormai smembrato
che un tempo fu una dama,
un uomo od un soldato,
ucciso da una lama,
da un truce trucidato,
che non fu il panorama
a render senza fiato.

Con animo giulivo
tu ama, ed ama adesso
quel corpo che da vivo
non ti era amar concesso.
Diranno che è abusivo,
necrofilo l'amplesso.
Diran che è trasgressivo,
ma tu amalo lo stesso.

Sai, provoca terrore
e orrore nella gente
chi adora l'empio odore
di un corpo putrescente,
chi ama ancora il core
che non è più battente
e ignora ogni clamore
del popol diffidente.

"Carogna!" urlan con sdegno
con i forconi appresso
per inforcar chi ha il segno
di un animo complesso.
Ma entrati un dì nel regno
che il fato t'ha concesso
ne pagheranno il pegno
a te, che attendi adesso.

Ama, quel dì vicino
il corpo un tempo odiato,
quel corpo che un giardino
sarà, senza peccato.
Scortato oltre i confini
dell'ultimo selciato
tu ama, AMA! persino
il corpo lor smembrato.

venerdì 13 maggio 2011

Hobby fastidiosi

A Genova c'è un locale per gli aperitivi dove si deve prenotare una settimana prima, arrivare tutti ben vestiti, evitare di sparare olive nei piatti dei vicini, sorridere poco e non ridere mai sguaiatamente con il cibo incastonato tra i denti, masticare a bocca chiusa, e tutte quelle cose facenti parti del bon ton.
Io non è che sia proprio adattissima a simili luoghi, ma mi cimento volentieri nell'impresa, quindi ci sono andata ben due volte, forse tre.

La prima volta che sono riuscita ad accedere a questo tempio dell'aperitivo, prima di cimentarmi nell'inforchettamento simmetrico dell'oliva, ho assistito a una scenetta che mi ha lasciata piuttosto indifferente. C'erano due anziane signore vestite con gonnelloni scozzesi e impettite come se fossero state impalate di fresco che protestavano per il luogo dov'erano state messe, facendo un gran baccano, seppur parlassero sorridendo molto poco, anzi per nulla, e senza far vedere i denti, tantopiù che ne erano smunite. Insomma, in un posto asettico, dove tutti i tavoli erano uguali gli uni agli altri, rompevano le scatole perchè erano state messe lontano dal buffet. E non se ne andavano sdegnate, continuavano, vociferando con la bocca cul-de-poule, a rincorrere i camerieri, che ormai si scambiavano disperate occhiate di comprensione reciproca.

La seconda volta che ci sono andata ero finita seduta attaccato al buffet, ed ero piuttosto soddisfatta della mia sistemazione. Mentre cercavo di non spruzzare un'ostrica intera in faccia ai vicini di sinistra, è arrivata una delle due signore, e l'hanno accompagnata fino al tavolino sulla mia sinistra. Lei li ha squdrati come se fosse appena stata colta da paralisi per un'erronea inclinazione dello schienale, quindi si è alzata e ha iniziato a urlare, ma sempre senza mostrare i denti e con la bocca cul-de-poule, che una raffinata come lei mai accetterebbe di sedersi vicino al buffet, e che nella prenotazione aveva chiaramente specificato di voler essere sistemata nel sesto tavolino a partire dal ficus. Ha abbandonato il posto, con su tutte le borse, e si è rimessa a seguire i camerieri. A quel punto ho capito che il suo vero scopo era la scenetta, e non consumare l'aperitivo. Un hobby come un altro.

Per un attimo ho pensato che sarebbe stato carino se un ladro le avesse fregato tutte le borse.
Ma non l'ha fatto.
Le borse, quando è tornata, erano ancora tutte là.

Anche il ladro ha avuto paura di ritrovarsi la vecchia alle calcagna.

mercoledì 11 maggio 2011

Inesportabilità alimentare


L'altro giorno pedalavo per le strade liguri, quando mi sono ritrovata a Recco. Lì mi sono detta: toh, qui hanno la VERA focaccia di Recco, quella che chiamano "di Recco" senza dire "tipo Recco", che se dicono "tipo Recco" vuol già dire che è un'imitazione da quattro soldi. La cosa pazzesca è che anche a Genova trovi quella "tipo" e non quella "di". E la cosa ancora più pazzesca è che quella "tipo" è veramente una schifezza in confronto a quella "di". Non fossi stata sudata come un facocero, senza soldi e piuttosto provata, avrei mangiato un kg di focaccia "di" Recco a Recco, che se uno si sposta di quei 5 km fanno schifo tutte le imitazioni. Ma mi chiedo e domando, cosa ci sarà mai a Recco perchè vengano così buone? Possibile che nessun focacciaro recchese abbia avuto l'idea di trasferirsi a fare la focaccia a Genova? O a Torino? O a Napoli? No, i focacciari recchesi sono tutti blindati a Recco, e il formaggio di Recco, se viene esportato a più di 5 km di distanza, diventa all'improvviso un banale stracchino.
Lo stesso vale per i gelati. Sono buoni solo in Italia. A Ventimiglia sono buonissimi, a Mentone fanno già schifo. Se compri un gelato a Ventimiglia e sali in macchina leccandolo, e per caso ti sposti verso Mentone senza averlo finito entro il confine, diventerà cattivissimo. Se un gelataio parte dall'Italia, si prende tutti i prodotti in Italia, e apre una gelateria in Francia, gli verranno comunque dei gelati così così.
Io questa cosa non l'ho ancora capita, se qualcuno me la spiega e la capisco gliene sono grato.

lunedì 9 maggio 2011

Post brutto in onore dei post brutti

Ad Aprile, come tutti gli Aprili, mi sembrava di non avere molta ispirazione.
Quindi avevo deciso di fare un post su quanto i miei post, e anche quelli di altri in questo mese, fossero orrendi.
Me l'ero pure segnato.
Poi, non si sa bene come mai, non l'ho scritto, sto post.
Lo scrivo ora.
E' maggio, ma l'inizio.
E il post brutto per scrivere che sto scrivendo dei post brutti ci sta tutto.

venerdì 6 maggio 2011

Artisti all'opera

L'altro giorno camminavo a Torino in via Po, e c'era una bancarella di soprammobili in fil di ferro.
Non che fossero soprammobili pazzeschi e impossibili da realizzare, anzi, mi parevano talmente semplici da realizzare che mi sono detta che magari avrei pure potuto provarci io.
C'era scritto grosso come una casa che i soprammobili erano prodotti artigianalmente in loco, e, dietro un capanello di gente accrocchiato intorno a lui, un tizio era seduti su una sedia piuttosto bassa, concentratissimo, e lavorava a testa bassa.
E' stata dura farmi largo tra la folla di gente, ho subito gomitate nelle costole, pestate di piedi, calci negli stinchi, ma alla fine ce l'ho fatta. Ho creato il mio varco tra la matassa di corpi e ho visto l'artista all'opera.

Che si arrotolava una sigaretta.

mercoledì 4 maggio 2011

Strike!


Essere al bowling, per qualcuno, soprattutto per qualche donna, è qualcosa di tremendo. Appena prendete la rincorsa per lanciare la palla, vi viene mal di schiena. Nel momento in cui vi piegate, vi si disassa la rotula del ginocchio, e vedete i sorci blu. Che poi, chissà perchè si debbano vedere i sorci, quando si ha male. Io i sorci li vedo solo quando passo il ponte sul Bisagno. Dovrei darmi una martellata sull'alluce per verificare se virino in blu come colorito. In ogni caso, il problema principale del bowling non sono i sorci blu, ma i bambini rosa. Anche gialli, marroni, verdognoli.
Infatti, per una persona che si spacca totalmente schiena, ginocchia e arti nel lancio della palla da bowling è vitale ottenere quella più leggera, quella con i buchi per le dita larghi quanto capocchie di uno spillo, quella di 6 libbre. Non appena ci si avvicina al rullo trasportatore di palle, ecco che non ce n'è nemmeno una, perchè la pista a lato brulica di bambini piccolissimi, che si appropriano di tutte le palle da 6 libbre, utilizzandole come sedie, abbracciandole amorevolmente, lanciandole sui piedi di quelli che dietro giocano a biliardo. E' inutile cercare di recupararne una appena arriva dal rullo. Il bambino di turno si insinuerà tra voi e la palla, e allungherà le sue ditine a forma di capocchia di spillo, inserendole nei buchini della palla, e facendola sparire a velocità inaudita. Dopo un po' di tempo, si instaurerà una guerra fredda tra voi e i bambini, fatta di occhiatacce trapassanti, che presto si allargheranno pure ai loro genitori, fino a quando non verrà chiamato il proprietario del bowling, che incaricherà il buttafuori di spedirvi fuori, nelle vesti di molestatori di minori, nel bel mezzo della partita.
E' solo per questo motivo che perdete sempre.
Per assenteismo.

lunedì 2 maggio 2011

Istruzioni per taccheggiare e farsi offrire un caffè dal guardiano antitaccheggio


Quando uno compra un indumento, spesso il commesso è incaricato di eliminare quel blocco tondeggiante o quadrateggiante di plastica chiamato antitaccheggio. Ho scritto spesso in quanto a volte l'antitaccheggio non c'è. In tal caso si corre il rischio di essere taccheggiati, ma, come noterete continuando a leggere questo didattico post, lo si corre ancor di più facendo uso dei quadrateggianti o tondeggianti oggetti plastici.
Si dà il caso, infatti, che gli antitaccheggi non siano solo oggetti ingombranti, ma anche subdole presenze finalizzate ad evitare che il ladro possa rimuoverle prima di attraversare il detector. A volte sono così subdole che anche i commessi hanno notevoli difficoltà nell'individuarle.
Capita così che vi ritroviate alcuni indumenti che faranno suonare allegramente tutti i detector di tutti i engozi in cui vi recherete indossandoli. Capiterà in tal caso di ritrovarvi a correre inseguiti da nugoli di nerboruti uomini.
Le soluzioni saranno molteplici:
  1. Non entrare più in negozi con quell'abbigliamento: questa casistica è piuttosto scomoda, soprattutto nel caso in cui si tratti di quei jeans che amate indossare, gli unici che non vi fanno le pieghe sui lati, e che lavate per poi asciugare con il phon al fine di porteli mettere ogni giorno fino al totale squarcio dei tessuti.
  2. Entrare in tutti i negozi con quell'abbigliamento e implorare i commessi di togliervi l'antitaccheggio. Sarete osservati di sbieco con sospetto estremo nel 99% dei casi: è risaputo che i taccheggiatori usino entrare in un sacco di negozi a caso con la refurtiva per farsela detaccheggiare. Nell'1% dei casi un pio commesso vi detaccheggerà l'indumento. A questo punto avrete faticato come buoi muschiati in mezzo a un'orda di buoi muschiati inferociti, ma avrete un indumento normale. Banale ma vero.
  3. Riuscirete a convincere uno o più nerboruti di guardia a uno o più negozi di vostro gradimento del fatto che quell'indumento l'avete comrpato altrove e che siete vittime di commessi distratti. Conoscendo un po' i commessi, non sarà difficile che il nerboruto vi creda, se è dotato di materia grigia sufficiente a compiere per intero il suddetto ragionamento. Da quel momento potrete derubare allegramente quei negozi uscendo dal detector con un sorriso a trentadue denti, e magari i nerboruti vi offriranno pure un caffè ogni tanto, dato che ormai sarete quasi amici. Si consigliano boutique di classe e negozi hautde gamme.