LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

giovedì 31 maggio 2007

Superstizioni da quattro soldi

Non vi capita di essere per strada, al lavoro, a passeggio, insomma ovunque, di vedere un cestino della pattumiera e di dire: "Se lo centro sputandoci dentro il cicles (o masticogna per quelli al di sotto di Roma o chewing-gum per quelli international) da una distanza di 2 metri mi succederà questa cosa"?


Beh, a me succede abbastanza spesso, con grande pericolo per i passanti e per l'opinio comune sulla mia incolumità mentale (cosa del resto ormai abbastanza minata perchè qualcuno possa modificarla più di tanto).


Ebbene, per gli amanti delle scommesse inutili con sè stessi, ecco una new entry molto interessante, soprattutto per chi è a dieta.



PRESUPPOSTI:

  • essere in un luogo dove si può mangiare
  • avere un sacco di quesiti, esistenziali e non, per la testa

  • essere occupati nel fare una cosa importante e noiosa


INGREDIENTI:



  • un sacchetto di Dragées dell'Eurospin, caratterizzate dal fatto di prevedere copertura (di mandorle, nocciole e anche uvetta) alle tre varianti di ciocccolato bianco, al latte e fondente.

SVOLGIMENTO:

Iniziate a pensare ai vostri wish o dubbi contorti e compositi.

Calcolate che tra l'opzione mandorle/nocciole/uvetta e quella bianco/al latte/fondente potreste avere la possibilità di ricadere su 3 elevato 3 opzioni diverse= 27! Poi, in realtà, l'uvetta è solo ricoperta di cioccolato al latte e fondente, ragion per cui il ventaglio si riduce un po'.

La domanda per i matematici tra di voi è: a quante opzioni si riduce il ventaglio?

Quella per i fisici (o forse solo per i buongustai o uomini di marketing - cosa che forse io dovrei essere-) è: come mai l'uvetta non è ricoperta di cioccolato bianco?

Tornando a noi, gli esempi sono molteplici.

Ne faccio uno per tutte: quando troverò l'uomo/donna della mia vita?

Risposte:

  • cioccolato bianco: MAI,
  • cioccolato al latte: TRA UN LASSO DI TEMPO COMPRESO TRA I 10 ANNI E LA MIA MORTE,
  • cioccolato fondente: DA ORA A TRA 10 ANNI.

Poi, dato che queste dragées sono davvero ottime, e voi continuerete con il giochino per n tempo, con n che tende a infinito (o perlomeno al termine del sacchetto, che è bello pesante) si realizzeranno quasi al di fuori di ogni dubbio le seguenti conseguenze:

  • gonfiore addominale mostruoso;
  • colpevolezza dietetica;
  • frustrazione per i risultati effimeri ma inquietanti dei sondaggi (soprattutto se alla domanda di cui sopra avrete pescato la dragée bianca, risultato effimero ma realistico);
  • totale abbandono dell'attività necessaria e noiosissima che stavate effettuando.

Concludendo, direi che questo metodo di superstizione-scommessa con sè stessi è il massimo della vita.

Almeno quella del cicles aiutava a migliorare la mira...

E voi, che metodi inutil-superstiziosi avete?

Aspetto innumerevoli risposte, calcolato che c'è anche da illuminare gli assidui lettori del blog sui due punti per matematici e fisici/buongustai/uomini di marketing. Ad ogni risposta avrete la consueta gratificazione immateriale intangibile, che tutto sommato ha un grande valore psicologico.

mercoledì 30 maggio 2007

Silenzio stampa


Avete mai pensato che quando guardate un servizio al telegiornale l'unico audio che sentite è la voce del commentatore?

E' come vedere un film muto con una voce incombente che lo spiega (a modo suo?).

PS Su rainews24, ogni tanto (tantissimo) passano delle immagini senza il commento, e con l'audio originale, sottotitolate. E' vero che non ci si può lavare i denti in bagno con la tv accesa se si vuole capire qualcosa, ma ogni volta sono impressionata da quanto faccia la differenza avere i suoni combacianti con le immagini.

martedì 29 maggio 2007

La compiaciuta perversione della complicazione


Prendiamo il diritto pubblico.
Andiamo a vedere cosa succede quando un atto (cioè una decisione della pubblica amministrazione, in soldoni) non va bene. Tanto per iniziare, non è che non vada bene, ci sono ottocento modi diversi di dire che non va bene, cioè che è invalido, inopportuno, inesistente, imperfetto, inefficace, ineseguibile irregolare e chi più ne ha più ne metta. E poi, quando succedono queste cose, quali sono gli effetti? Che viene tolto? Ma figurarsi! Viene abrogato, annullato, reso nullo, dichiarato incompetente, illegittimato, reso illegittimo, reso inopportuno, revocato e una serie di altre cose, in base a cosa? In base a un fenomeno ancora intermedio, che si potrebbe sempre mettere sotto il "non va bene" e invece viene chiamato vizio di merito, vizio di legittimità, e da questi vizi scaturiscono ancora mille e mille casistiche.
Insomma, per dire "questo non va bene, bisogna toglierlo", c'è da studiare per degli anni.
Ma allora chi si è inventato questo sistema e chi se lo studia è pazzo?
Ieri ero molto propensa per la suddetta tesi, poi mi sono messa a sgarbugliare tutti i termini, a metterli in un super-schema che desse loro una logica quasi umana, a connettere tutto, e mentre ero lì che davo ordine alla complicazione, mi è salita su una soddisfazione veramente perversa.
C'è chi è morbosamente attratto dai piedi femminili,
chi non può fare a meno del totocalcio ,
chi deve pulire la casa in modo certosino,
e tutte queste persone alla fine hanno un perverso gusto di quello che fanno.
Pur lamentandosene, ovvio.
Ebbene, poi c'è chi ha il perverso gusto della complicazione.

Del resto, qui in Italia, il perverso gusto della complicazione si fa sentire.

PICCOLO GLOSSARIO ESEMPLIFICATIVO DEL PERVERSO GUSTO DELLA COMPLICAZIONE.

Cieco = non vedente
Disabili = differentemente abili
Atto che non va bene = atto invalido, inopportuno, inesistente, imperfetto, inefficace, ineseguibile o irregolare
Vecchio = appartenente alla terza età
Spazzino = operatore ecologico
Rubare i soldi = distrarre (solo per chi ne ha già tanti, per gli altri rimane rubare)
Pasticci combinati da chi ci governa = automatismi della scala mobile

A pensarci bene, il pensiero non ha prezzo, ma la complicazione ce l'ha eccome, il prezzo.
O spendi il tuo tempo per capirla, oppure paghi facendoti prendere in giro.

lunedì 28 maggio 2007

La consolazione dell'umile travet

Questo post è per gli umili travet che salgono lo scalone del parcheggio del gas anche di lunedì mattina (e di martedì e di mercoledì e di giovedì e di venerdì e anche di sabato quelli delle Poste), con l'andatura ciondolante di quello che da un momento all'altro inciamperà ma poi non lo fa mai, altrimenti gli altri umili travet lo umilierebbero psicologicamente.

Questo post è anche per me, che oggi guardavo la tv (guardate tutti RaiNews24 dalle 7.00 alle 8.00 su rai3, almeno per la fascia a voi possibile, è bellillimo!), e, nell'editoriale del mattiNo, nello spigolo destro in basso di non so che giornale, ho visto un quadratino rosso, con una faccia nasuta di profilo, e c'era scritto in giallo: LAURA PAUSINI LIVE FROM PARIS 2005. Al che non ho più minimamente pensato al tiggì, ma solo più a Laura Pausini che era a Parigi, e cantava le sue canzoni e quelle di Samuele Bersani, robe come Spaccacuore, davanti a tutta una bolgia di francesi e non, là a Parigi, dove in tempi non sospetti pure io girovagavo con uno zainetto vuoto e basta, raminga dopo essere salita un giorno per caso, mentre passeggiavo per Torino, su un tgv, così, perchè ne avevo voglia e c'erano ancora posti.

E invece no, oggi siamo umili travet che salgono le scale del gas, mentre Laura Pausini canta a Parigi, mentre Guru fa fiori sulle magliette, mentre Ben scrive tutto quello che gli viene in mente su qualsiasi cosa.

Però...però...

Sapete i risultati della sua plicometria?


Sapete quanto è alto?



Ok, non lo faccio per invidia corrosiva (ANZI FORSE SI'), ma solo per dirvi, cari travet scazzati sulle scale del lunedì mattina, che ognuno ha le sue beghe.
...
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Però per alcuni sono molto più sopportabili che per altri.
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Datemi i kg della Pausini e l'altezza di Gael Garcia Bernal, ma pubblicatemi un libro e vendetemene 329843925749032754 copie!!!!
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(Poi con parte dei soldi ricavati farò la liposuzione e mi farò mettere tutti i kg di troppo - spalmati su 1m65 sarebbero davvero tanti quelli della Pausini -sotto i piedi)

venerdì 25 maggio 2007

giovedì 24 maggio 2007

SESSO PROGRAMMI TV ATTUALITA'

Ok, oggi sono meschina. Tre volte meschina.

Ma considerate che si tratta di un esperimento.
Un sacrificio per la scienza.

Voi 40 lettori assidui certo mi fate grande onore, ma, in un attacco di megalomania, voglio vedere a quante hits arriverò immeritatamente con questo titolo.

Poi, per recuperare la tripla meschinità, per voi, assidui lettori, scriverò sotto queste righe tre, ben tre mini-post (uno più bello dell'altro).
E a voi, che capiterete qui per caso (se succederà) dico: già che ci siete buttate un occhio!


LA MACCHINA CHE VOLEVA ESSERE UN UCCELLO DELL'OASI NATURALE LIPU





Sul Viale degli Angeli, a Cuneo, c'è una scuola. Davanti alla scuola c'è un filare di alberi. In mezzo agli alberi c'è un bel vasone di cemento, alto diciamo mezzo metro, anche cinquanta centimetri. Ieri passavo in bici di là, e ho visto che il vasone non c'era più. Anzi, c'era ancora, ma SOPRA c'era una macchina, una Fiesta grigio topo. Un'ex Fiesta, dato lo stato in cui si era ridotta per salirci su. E tutti erano là intorno, i bambini della scuola, la polizia, i vecchietti con le giacche abbottonate fino all'ultimo bottone. E tutti chiedevano: "Secondo te com'è successo? Come ha potuto riuscirci?". Ve lo dico io com'è successo. L'autista era appena passata (non so perchè, ma secondo me era una donna) davanti all'oasi LIPU. Aveva visto tutti quegli uccelletti felici che si posavano sulle foglie, poi aveva visto quel vaso lussureggiante di verde, e si è detta: "Voglio provare anche io l'ebbrezza degli uccelli dell'oasi LIPU!". Però, si sa come sono queste persone moderne, non rinunciano mai alla modernità. Loro, in macchina, ci vanno dappertutto.
Cmq è tutto vero, provato: linkate qui:


CARTA DA MANI





Nei bagni del posto dove lavoro, che è un posto dove lavorano tante tantissime persone - facciamo 10.000 per semplicità - in tutta Italia, ci sono un sacco di bagni. Nei bagni ci sono i distributori di carta per asciugarsi le mani.


Mi sono resa conto che ogni volta che mi asciugo le mani uso ben tre o quattro foglietti di carta. Il primo s'inzuppa, il secondo pure, il terzo meno, il quarto asciuga. Ho notato che, bevendo tanta acqua per debellare la cellulite imperante, andrò in bagno 10 volte al giorno, solo qui dentro. 10*4=40 fogliettini al giorno.


Poi ho fatto un'inchiesta. Ho scoperto dai colleghi che vanno in bagno metti 5 volte al giorno, e si lavano le mani 7 volte, considerando quando devono stringere certe mani. E concordano con me che un foglietto non si può usare. C'è solo uno che ne usa uno solo, infatti poi gli scivolano le mani sul manubrio della bici e cozza contro le vecchietta ciclizzate. In media se ne usano 3. Quindi in media 7*3=21 foglietti al giorno per dipendente di questo posto dove si lavora.
10.000*21=210.000 foglietti al giorno che si buttano via per lavarsi le mani.
E qualcuno sta studiando un seccamani ad aria che le asciugherà rapidissimamente ed ecologicamente.
Solo, è un po' (tanto) rumoroso.
Ma il papà di un mio amico sta inventando il silenziatore.

Forza, papà del mio amico, qui confidiamo tutti in te!


PIACERI & PECCATI


Mangiare e gustarsi una caramella senza zucchero: IL PIACERE SENZA IL PECCATO.

Mangiare una caramella con zucchero al 99% che ti va giù in gola mentre parli e quasi ti soffoca: IL PECCATO SENZA IL PIACERE.

mercoledì 23 maggio 2007

Positivo?

Ebbene, capitano a tutti momenti bui.

Momenti in cui si farebbe un corso accelerato di contorsionismo, ci si chiuderebbe in una scatoletta con un buco per usare il braccio-Gadget ai fini di chiudere la scatoletta stessa a chiave e buttare la chiave nella fossa delle Marianne, per poi buttare sè stessi nella vicina discarica.

Oppure momenti di tale frenesia che non si ha nemmeno il tempo di pensare a quanto sopra, perchè si ha ogni istante vitalmente programmato e occupato.

In quei momenti, però, possono capitare delle piccole cose, che, lì per lì, sembrano inutili, ma saranno le uniche a permanere nei nostri ricordi.

E già, perchè la nostra mente, o perlomeno la mia, elabora i ricordi in modo da lasciare a galla le cose belle o piacevoli. Il che comporta che quando si pensa al passato molte cose mediocri nel presente del passato sembrano fighissime. La domanda allora è: ma erano veramente mediocri o ci siamo persi la bellezza della cosa perchè era infossata nel negativo come un acino d'uva nell'impasto in lievitazione di un plum cake?


Ieri ero al parco, in pausa pranzo, seduta a uno di quei tavoli da pic-nic che ti chiedi se li fanno apposta con la panca sufficientemente distante dal tavolo da non permetterti di appoggirti allo schienale e sufficientemente vicina da impedirti di stravaccarti a pelle di leopardo. Mentre mi ponevo il quesito su come avrei fatto a memorizzare l'intero elenco delle agenzie italiane, dietro di me due brasiliani parlavano di come mettere su i soldi per comprare una casa in Brasile. Quando, dopo circa un'ora, sapevo tutto sui lavori fratelli sorelle nascita vita dei due brasiliani e le agenzie giacevano inermi sul libro di Diritto amministrativo, potevo decidere se innervosirmi o no. C'è sempre una scelta. E comunque non sono mica riuscita a innervosirmi. Soprattutto quando il brasiliano numero uno ha inforcato la bici ed è passato davanti a due vecchietti tipici cuneesi con il cappello e la giacca abbottonata nonostante i 30 gradi. Si è fermato davanti a loro, e si è messo a conversare amabilmente. Non ce l'ho fatta, a non guardarli, a continuare a riscrivere quell'elenco infinito di agenzie. Ho alzato lo sguardo e mi è scappato un sorriso. Poi ho fissato l'erba, con l'ombra di un albero, e ho ascoltato il suono dell'estate. E mi sono sentita bene. E ho capito che quello sarebbe stato IL momento della giornata che avrei ricordato. E che tutte le agenzie e il loro elenco sarebbero scivolati via ben presto (si spera non troppo presto).

Ho pensato, cavoli, ma allora De Andrè aveva poi ben ragione. In una giornataccia così sono stata felice per un po'. E' proprio vero, che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.

E allora, depressi cosmici, incasinati permanenti, corridori del quotidiano, ricordate che se state passando un periodo di cacca, il concime della vostra mente servirà a mettere su un bel vivaio.


martedì 22 maggio 2007

Treni

Oggi, continuando la mia spleenetica incapacità di scrivere, incollo un pezzo del mio ultimo libro nel cassetto.

"Sento lo sferragliare dell’ennesimo treno della mia vita in lontananza. Penso a quanti ce ne sono stati, con me sopra e qualcuno o nessuno ad attendermi, o con me ad attendere qualcuno. A quelli che non ho preso. A quelli che avrei voluto prendere e che non avrei voluto prendere. A quelli che mi hanno portato, a quelli che mi hanno portato persone importanti e meno. A quelli che mi hanno portato da persone importanti e meno. A quelli che me le hanno portate via."

lunedì 21 maggio 2007

Dating sim


C'è un giochino mangoso in internet. Per ora nutro dubbi sulla sua diffusione in italiano, ma ho avuto l'onOEre di perderci ore ore e ore quando avevo un adsl a prezzo umano (ora non ho più nè l'adsl nè il prezzo umano) e vivevo e pensavo e parlavo esclusivamente in francese.

In pratica, tu sei un tipo che può incrementare o diminuire la propria sfiga durante il giochino, ricostruito in un tempo che passa regolarmente come il nostro ma molto più in fretta. Hai un tot di tempo per sedurre la più "figa" (anche in questo caso rimando al mio precedente post) della scuola. Puoi accrescere/diminuire i tuoi punti forza/bellezza/umorismo/ricchezza/intelligenza iniziali con comportamenti di vario tipo, e man mano che migliori puoi interagire sempre di più con la ragazza.

Premesso che io, nelle mie utilissime ore passate a far finta di essere un uomo interessato alla fighetta della scuola, a parte imparare tante belle massime giapponesi (ogni mattina al risveglio il giochino ti comunica una massima, quasi come mia madre e i suoi sms mattutini "Sii felice"), non ho concluso una mazza, rimanendo allo stadio di sfigatO cosmico, ho elaborato una teoria delle mie.

Quando abbiamo un rapporto con una persona (diciamo pure dell'altro sesso, definiamola storia, o inciucio o altro, ma anche nei rapporti di amicizia), questa ci vede, volontariamente o meno, con un dato punteggio di intelligenza, uno di simpatia, eccetera eccetera. Ovviamente i punteggi non saranno così realistici, ma nella testa dell'altro lo sono, e questo è ciò che conta.

Mettiamo che in coppia hai un punteggio di sensualità 100 (mi sento molto "Cosmopolitan" oggi).

Ecco i comportamenti che potrebbero far scendere il tuo punteggio di una certa quantità di punti dipendente dalla sensibilità altrui:


  • iniziare a parlare come un down

  • fare le vocine come con i bambini piccoli (tra l'altro il punteggio scende anche nella mente dei bambini piccoli quando fai così con loro, mi sa)

  • fare in presenza dell'altro tutto ciò che si farebbe in un bagno insonorizzato e non si fa con i colleghi e in generale in società
  • ...

La lista continuerebbe, ma oggi è lunedì mattina, quindi continuate pure voi.

Chi metterà nei commenti l'abbassatore di sensualità più interessante riceverà in premio una gratificazione virtuale intangibile.

venerdì 18 maggio 2007

Orsi travestiti

Gli uomini se le inventano proprio tutte.
Prima hanno deciso che dovevano prendere gli animali e chiuderli in una gabbia per ricavarne carne latte uova senza sbattersi troppo. Insomma, si sono messi il distributore automatico in giardino.
Poi, hanno pensato che loro, tanto animali non volevano più esserlo, ed ecco spuntare, per le donne, quella nefasta abitudine della ceretta, quei vestiti che strozzavano una pancia dalla circonferenza di 80 cm in bustini con circonferenza di 50, quell'idea che spalmarsi roba colorata in faccia fosse indispensabile per la sopravvivenza sociale.
Tutti (o quasi, esclusi i presenti) hanno iniziato a pettinarsi!
Sono nati fronzoli di qualsiasi tipo.
Ma, mi domando, chi ha potuto arrivare a concepire l'idea che, oltre ad avere un bisogno irrompente di avere sempre dietro di sè un telefono portatile che fa anche foto che chatta anche che si connette anche a internet che ti fa vedere anche la tivvù che bla bla bla, dovessimo anche appenderci un orso travestito? Spiegatemi perchè dovremmo avere un animale già notoriamente peloso ancora avvolto in una pelle di un animale generalmente altrettanto peloso appeso al trabiccolo ciucciasoldi. Spiegatemi perchè quando telefoniamo dobbiamo avere quel brufolo gigante di plastica che ci sbatacchia in un'area compresa tra l'occhio e il lato della testa.
Tra l'altro, il mio è molto chic: si chiama Astolfo, è un orsetto vestito da zebra, e prima o poi butto via lui e il telefonino.

giovedì 17 maggio 2007

Vorrei essere un uccello dell'Oasi LIPU



Senza andare a fare facili battute ormai trite e ritrite non appena leggerete il titolo, provate invece a considerare quanto siete liberi.


Per rendere l'idea, userò un sillogismo, che non guasta mai.


La Società ci schiaccia.


La Società siamo noi.


Noi ci schiacciamo da soli.


Con questo, ammesso e non concesso che siamo tutti schiacciati dalla Società (chi non lo è esce dal sillogismo, beato lui), si conclude che siamo seriamente masochisti. Perlomeno come collettività umana.


Certo, mi sento appartenente alla falange che lo è, ragion per cui sono seriamente masochista.


Ultimamente, poi, sono bi-schiacciata dalla Società. Mi sento la crema dei Ringo boys.






Quindi, stamattina, mentre pedalavo con i capelli al vento


E' necessario interrompere la frase: i miei capelli non erano al vento: non ho tempo di andare dal parrucchiere, quindi ho in testa un blocco unico che non si smuove più, ed è un incrocio tra le basette di Paperon De Paperoni e la capigliatura di Marge Simpson.


Riprendiamo: stamattina, mentre pedalavo senza i capelli al vento, sono passata come al solito davanti all'oasi LIPU. Ma perchè diavolo non sono un uccello dell'oasi? Porca miseria, questi mangiano bevono copulano e si rilassano. Stop. la loro vita è questo. E sopravvivono benissimo. Senza alzarsi alle 7 senza far la ginnastica senza usare le creme per le macchie quelle per la cellulite senza bedgiare senza lavorare senza andare alla posta senza fare la dichiarazione dei redditi senza studiare senza dare concorsi senza stare alle catene di montaggio senza eccetera eccetera eccetera.


Quindi, avevo deciso di dedicare il post a questo ameno wish mattutino.


Invece NO.


Invece, mentre pedalavo alla velocità massima possibile


E' necessario interrompere pure questa frase: non pedalavo alla massima velocità possibile, perchè la villosità dei miei polpacci al vento, causa pantalone largo arrotolato ai fini anti-catena, rallentava l'andatura con il suo attrito. Infatti non ho tempo di andare dall'estetista.


Riprendiamo: mentre pedalavo ad una velocità pari alla massima meno la forza di attrito del vello, mi si è parato davanti un fenomeno umano che meritava da solo la dedizione di un intero post (cosa che in realtà non ho fatto, ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare).


Mi ha attraversato la strada, senza guardare, rivolgendomi il suo profilo più egizio possibile, un essere vivente sconcertante. Pantaloni bianchi aderenti infilati in scarpe bianche aderenti, mutande bianche aderenti fuori dalla cintura bianca. Maglia rubata a Elvis the Pelvis in the Memphis, sempre bianca, sberluccicante che a momenti mi abbaglia e finisco fuori strada. Occhiale con astina bianca smaltata dello spessore di circa 5 cm. L'essere camminava con il collo proteso verso il bordo opposto della pista ciclabile, bilanciando forse lo zaino bianco sberluccicante. Era piegato a C, una larva bianca. Andatura pachidermica, testa 30 cm avanti rispetto al corpo, come una tartaruga. Alla lentezza della discesa dei ghiacciai, ha torto il lungo collo verso di me, e mi ha dedicato un'espressione che sfidava chi sostiene che non si possa non pensare.


Io, invece, ho pensato.


E la prima cosa che mi è venuta in mente è stata:


"Magari, questo, ha pure la ragazza".


lunedì 14 maggio 2007

Baia degli angeli

Oggi ho troppo ma davvero troppo mal di testa perchè da tutto questo dolore possa uscire qualcosa di sensato. Penso che se mi sofferò ancora una volta il naso morirò qui e questo sarà l'ultimo post. pertanto vi incollo qui un racconto che ha perso la selezione per il corso "Sono tutte storie" della Biblioteca Civica di Cuneo (abbiate pazienza, non ce la faccio a linkarvi concorso e biblioteca, ma in google li trovate).

Angeli, dove siete?
Cammino sul lungomare della vostra Baia.
Aspetto un vostro segno.


Guardo i sassi della spiaggia, tutti uno vicino all’altro, dove li avevo lasciati.
L’aria tiepida mi accarezza il viso.
Il sole si sta per coricare sul letto lineare dell’orizzonte. Più si avvicina al suo giaciglio notturno, più il cielo intorno arrossisce. Come se ogni sera, o quasi, questo incontro con gli elementi della Natura gli desse la stessa emozione.
Io, è da tantissimo che non arrossisco più.
Da giovane, arrossivo sempre.
Arrossivo troppo.

Angeli, dove siete?
Sono qui per voi.


Questo tramonto sembrerebbe un dono, un dono di un dio di cui non so nulla.
Non più.
E voi, Angeli della baia, chi siete?
Pinne di squalo che rifrangono i riflessi della luna con le loro pareti d’argento.
Illusioni di che vuole illudersi per trovare la pace.
E allora, cosa ci faccio qui?

Le mie mani, appoggiate alla ringhiera, sono screpolate, rigate dal tempo. Eppure sono sempre quelle che anni fa si erano appoggiate proprio a questo pezzo di metallo. Sempre quelle che anni fa avevano stretto quelle altre mani affusolate, proprio qui.
La mia mente, straripante di anni, è la stessa che pensava che quelle mani sarebbero state là per sempre.
E ora, invece, ecco le mie, di mani.
Le mie e basta.

Cosa ci faccio, qui?
Perché sono venuta qui?
Cosa credevo di trovare?
Come credevo di sentirmi?
Pensavo di avere sensazioni piatte e monocordi, come al solito?
O lo sapevo, che, in fin dei conti, sarebbe stato tutto come prima?
Lo sapevo che avrei sentito questo calore salirmi su per il collo, proprio dietro l’orecchio, come se una piuma rovente mi stesse solleticando la carne?
Sapevo che avrei sentito una goccia inevitabile imprevista percorrermi la guancia solcata da chissà quante rughe in più e lacrime in meno di quelle che avrei potuto avere?
Ma cosa ci faccio qui?
Sono ridicola.
Solo ridicola.

Mi giro, e avanzo tra ragazzi sullo skate famiglie in bici giovani sui roller passeggini cani. Cani, ce ne sono sempre stati, qui. Qui, è cambiato poco, in questi cinquant’anni.
Come sono cambiata, io, invece. Com’ero quando ero qui.
Disposta ad andare fino in fondo a qualunque costo.
Ascoltavo solo me stessa.
E mi sentivo addosso una felicità assoluta.
Che stupida.
Una felicità assoluta per due anni, una felicità relativa per altri cinquanta.
L’avevo detto, io.
Mi passerà.
Anzi, l’avevano detto loro.
Ti passerà.
Tutto passa.
E poi, si sa, è così per tutti.
Non ci crederai, ma quando sarai vecchia dirai: “Che stupida che ero”.
Ora sono vecchia.
Settantadue anni è un’età da vecchia.
Nulla è passato.

Angeli, ho aspettato cinquant’anni.
Per favore.


- Scusi.
Sobbalzo. Mi giro. Un bambino in bici mi sta tirando la maglia.
- Devo passare di qui. Sto facendo il percorso.
- Scusa, mi sposto subito.
Gli sorrido. Arretro in modo da lasciarlo passare.
Lui mi ringrazia, e mi sembra di conoscerlo, questo ragazzino.
No, non è possibile, sono anni che non vengo qui.
Una vita.

Senza sole, fa più freddo. Mi avvolgo nel golf. Decido di camminare per riscaldarmi.
Il bambino continua ad andare su e giù, descrivendo circoli concentrici intorno a me.
Ogni volta mi sorride e mi guarda con grandi occhi scuri.
Ha le ginocchia tutte sbucciate. Una sovrapposizione di ferite riaperte ancor prima di essere rimarginate.
- Ciao eh. Sei ancora bella. Quasi come nella foto.
Fa un’ultima sgommata, mentre mi grida le ultime parole prima di buttarsi in una stradina della città vecchia.
Io rimango in piedi in mezzo alla promenade.
Inebetita.
Che foto?

Poi, torno in hotel.
Il bimbo della bici pedala su e giù per la mia mente.
Domani sarà comunque l’ultimo giorno: basta con questa pagliacciata.
Ormai, la receptionniste mi saluta come farebbe con la zia. La mattina, sa già quante marmellatine voglio, e che il croissant mi piace caldo. Lo so, che il croissant caldo è del giorno prima, che lo passa in forno. Ma io lo preferisco a quelli freschi. Ormai, mi concedo solo più quello che mi piace.

Ultima passeggiata.
Il sole è tornato su, in punta al cielo.
E’ domenica.
Passeggio sul solito tratto di promenade.
Sono quasi contenta, di tornare a casa stasera.
Avrò un bel po’ da pulire.
Anche se nessuno si lamenterà se non lo farò.

- Scusi. Il percorso.
Rieccolo. I due occhi grandi scuri mi guardano ridendo.
- Prego, passi pure, Signor ciclista!
Il bambino mi sfodera una fila di denti bianchissimi, poi sgomma a pochi centimetri dai miei piedi.
Lo guardo allontanarsi.
Frena davanti a un signore con i capelli bianchi lanosi. Pochi capelli. Ai lati della testa.
Si china, per sentire meglio quello che gli sta dicendo il bimbo.
Poi guarda nella mia direzione.

Ma allora gli angeli esistono.


Non mi muovo.

Ma allora gli angeli mi hanno ascoltata.

Mi muovo.
Cammino velocemente nella direzione del duetto.
Quello che deve essere il nonno del piccolo ciclista continua a fissarmi.
Mentre mi avvicino, intercetto dei pezzi di dialogo:
- E’ lei.
- Ma lei chi?
- Quella della foto.
- Ma quale foto?
- Quella che c’era in cantina l’altro giorno. Quella nella cornice di cartoncino marrone.

E’ lui.
Lo sapevo.
Ecco perché quegli occhi e quel sorriso mi erano familiari. Erano i suoi.
Allora, l’aveva avuto quel figlio.
Almeno uno.
Io no.
Come avrei potuto?

Mi devo appoggiare alla ringhiera.
Si avvicina.
Mentre mi passa davanti, si gira verso il bambino:
- Ma quale cartoncino marrone?
- Era in fondo a uno scatolone. Tu eri con lei, in piedi, e sorridevi.
- Invece di frugare, potevi fare un po’ più in fretta a togliere tutto quel pattume di mezzo.
Di scatto, si volta di nuovo verso di me.
Lo guardo negli occhi grandi e scuri.
Vorrei comunicargli questi cinquant’anni ad aspettarlo.
Questi cinquant’anni a trattenermi dal chiamarlo, ché tanto mi avrebbe fatto solo del male.
Questa mia vita senza di lui.

- Guarda, c’è un tipo che fa già il bagno!
Il suo sguardo mi attraversa.
Sono uno dei tanti anziani a passeggio sulla promenade.

Mi giro.
Vedo un signore rubizzo che entra in acqua senza esitazioni.
Mi rivolto immediatamente.
Ma lui è passato oltre.
Indica un cane, ride con il nipote.
Non distolgo lo sguardo dalla sua schiena.
Ora si girerà, tornerà indietro, mi abbraccerà, e mi terrà la mano, come prima, come allora.
Mi dirà che ha aspettato anche lui per cinquant’anni questo momento.

E invece no.

La schiena diventa un’unghia che gratta il confine tra la terra e il cielo.

Poi un puntino chiaro.

Poi, il nulla.

Gli Angeli, del resto, mica esistono.
E se esistono, hanno altro da fare.

sabato 12 maggio 2007

Post list

Ho pensato che quando uno ha tante cose da fare e tanto stress e tanto lavoro poi magari non riesca più a postare i post.
Ho pensato che se uno sa che in futuro avrà tutte le grane di cui sopra, magari anche per un bel po' di tempo, potrebbe premunirsi.
Ad esempio, mettendosi un giorno che non ha da fare sul pc, e scrivendo una lista di post.
Così, ottimizzando i tempi, una volta al giorno nei periodi bui, può incollarne uno nel suo bel (o brutto) blog.
Oggi mi sono piazzata davanti al pc, e ho detto: ora scrivo tutti i post per i prossimi 6 mesi, ché avrò da fare.
Niente.
tabula rasa.
Già, perchè una persona media ha un'intuizione (SOLA) al giorno.
Figurarsi io!

venerdì 11 maggio 2007

Dio

Ieri, complice stordimento da raduno degli alpini pollini a go go riunioni lavorative ancora più a go go dei pollini, mi sono messa nel letto e, con il naso che rantolava cercando di trovare dei passaggi per l'aria in mezzo al tappo di graminacee, ho elaborato il motivo per cui Dio non ci può ascolare.

Premetto che sono agnostica, il che significa che non conosco, ma cerco comunque di elaborare delle teorie per capire. Pensando che di Dio ce ne sia uno per tutti. E non uno per i cattolici uno per i musulmani uno per chi vi viene in mente.

Dio è come un bambino che ha uno scatolone tipo Lego gigantesco e un sacco di tempo per giocare.

Si è messo lì e ha tirato su la Terra, con tutto quello che c'è sopra: montagne mari fiumi alberi ecc. E già lì si è fatto un bel mazzo. Poi gli animali. Altro mazzo. Poi gli è venuta pure l'idea di fare gli uomini. Un mazzo inaudito.

E, stakanovista di un giocherellone che è, ne ha fatti cinque-sei miliardi.

Ogni volta che ne muore qualcuno, cioè ogni frazione di secondo, ne fa uno nuovo, anzi più di uno, anzi ogni 1,8 ne fa 4,2.

E' stato assorbito dal suo stesso gioco.

Ma allora, se foste voi Dio, voi che vi lamentate di quei faldoni sulla vostra scrivania, spiegatemi come cavolo fareste a far contento quell'omino che si sbraccia gridando: "Ehi, Dio, ascoltami!!", quando dovete creare 4,2 persone ogni secondo.

E non ha neanche il tempo di andare dallo psicologo per risolvere i suoi problemi di stress lavorativo. Spiegatemi come cavolo fareste voi ad andare dallo psicologo per risolvere i vostri problemi di stress lavorativo quando dovete creare 4,2 persone ogni secondo.

giovedì 10 maggio 2007

Uno

Uno si è dato fuoco ed è morto a 20 anni.

Uno ha deciso di rinunciare definitivamente ai suoi sogni a 20 anni ed è morto a 90 anni.

mercoledì 9 maggio 2007

Il gattino


C'era un omino ecuadoreno o giù di lì sotto i portici ieri.

Vendeva quei gattini di pelouche che camminano da soli e fanno un verso simile all'ultima esalazione dello sgozzato, solo che il loro non è mai l'ultimo, ma si ripete all'infinito, o almeno fino all'ultimo respiro delle pile.

Quest'omino era un pioniere.

In mezzo al marasma da pre raduno degli alpini, in mezzo a mille persone che passavano, lui aveva mandato un gattino in mezzo ai portici, facendogli sfidare un flusso di 20 paia di gambe al metro quadro.

Quest'uomo era un pioniere del marketing.

Almeno fino a quando non gli hanno pestato il gatto.

Ma si sa, le iniziative innovative comportano sempre qualche rischio.

martedì 8 maggio 2007

ASMA

Tratto da: Etgar Keret - Pizzeria Kamikaze

Quando hai un attacco d'asma, ti manca il respiro. Quando ti manca il respiro, fai fatica a parlare. La frase ti rimane bloccata in gola a causa della quantità d'aria limitata che riesci a espellere dai polmoni. Non riesci a dire molto, tra le tre e le sei parole. Questo ti porta a provare rispetto per la parola. Te ne vengono in mente un sacco, di parole. Scegli le più importanti, ma anche pronunciare quelle ti costa molto. Non è come per la gente sana che butta lì tutto quello che le viene in mente come se fosse spazzatura. Quando qualcuno ti dice " ti amo " durante un attacco d'asma, la cosa è ben diversa. C'è una bella differenza. La differenza di una parola. E una parola è moltissimo perchè quella potrebbe essere " sedersi ", " ventolin " o persino " ambulanza ".



La macchia

Ho una macchia in mezzo alla fronte.
E' bella grossa, mi tiene quasi tutto lo spazio tra i capelli e le sopracciglia.
Pare che questo tipo di fenomeno derivato dalla fotosensibilità sia dovuto a:
  • vecchiaia
  • assunzione di pillola
  • assunzione di estrogeni

Io non rientro in nessuna di queste categorie.

O forse sono vecchia?

Fatto sta ed è che non mi andrà mai più via.

Ho elaborato una teoria: quella macchia lì dev'essere la mia insoddisfazione o il mio amertume che da qualche parte devono pur ben uscire.

Ok, mentre scrivevo questo post penosissimo ho scoperto che la macchia può anche essere causata dagli antistaminici. E io ho iniziato a prendere gli antistaminici. E dallo stress: e io continuo ad essere stressata non dalla vita che ho ma dalla vita che non ho.

Ora chiudo questo post penosissimo e ne apro subito un altro molto più bello, perchè non scritto da me.

Ciao e buona giornata.

lunedì 7 maggio 2007

Il vitellino smarrito


Oggi sento di dover fare una pubblicità.

Però sento anche di dover rispettare la legge sulla privacy.

Vi dirò allora che il luogo di cui mi accingo a parlare è situato sulla strada che da Borgo San Dalmazzo va a Demonte, e che si trova sulla sua destra.

Trattasi di locanda/trattoria/agriturismo.

Il che equivale a fare pubblicità di un'ampia gamma di agriturismi/locande/trattorie.

Si dà il caso che ieri si sia deciso di andare a mangiare all'aria aperta senza sbattersi troppo tra panini e annessi.

Si dà il caso che abbia subito pensato a QUELLA locanda.

I pro erano molti:


  1. bel cortile con tavoli al sole e all'ombra

  2. vista sulle montagne, che ieri erano uno spettacolo, con tutti gli alberelli appallottolati di verde uno vicino all'altro che manco in un plastico

  3. cibo originale e curato

  4. prezzo abbordabile*

  5. nostalgia*

*Sul punto 4, intersecato al punto 5, però, nascono i contro già noti. Infatti, in tempi remoti, quando avevo deciso di festeggiarci un mio remoto compleanno, erano accaduti due fatti che, come direbbe qualcuno, mi avevano fatto girare il sangue al contrario:



  1. La torta alla frutta, costata ben 40 € sonanti (per 10 persone), era bella grande. La cameriera ne aveva ricavato 10 microfette, che a guardarci attraverso vedevi il mondo color torta come con le carte dei Cunesi al rhum. Si era quindi portata via i 9/13 di torta intatti. Quando avevamo reclamato il bis, ci era stato risposto che non ne restava più.

  2. Il digestivo ci era stato gentilmente offerto a 5 € al bicchiere. Il che significa che, solo per il limoncello, oltretutto successivo allo smacco della torta, avevo sborsato 50 €, nemmeno sonanti, trattandosi di bigliettone.

Ora, ieri consideravo ottimisticamente, complice il rincoglionimento primaverile, che i pro vincevano 5-2, scordando gli asterischi. Ricordando successivamente gli asterischi, concludevo che il confronto se la cavava con un dignitoso 3-2.


Posto bello, tavolo fuori con vista su colline boschi pony cani capretti cielo molto blu (tendente al plumbeo ma questa è un'altra storia).


La cameriera ci propone il menù a 19,50 €, comprendente 5 antipasti, primo, secondo, dolce.


Quando è il momento del secondo, spezzatino di vitello con patate, decidiamo di non prenderlo.


Considero che gli antipasti, essendo piccolini, valgano ognuno mezza portata. Veniamo quindi a definire 6 portate e mezza. 1 portata su 6,5 equivale al 15%. 19,50-0,15(19,50)= 16,50. 19,50 - 16,50=3->3*2=6€.


Io, diciamocela tutta, sto vitello con le patate al forno già ce l'avevo che mi fondeva nella bocca dell'immaginazione. Però alla fine niente vitello.


Al momento di pagare il conto, la cifra è stata 19,50 € pro capite, esclusi vino e acqua.


Sorvolando sui limoncelli a 5 € l'uno, che comunque avevamo ingurgitato al 50%, nella mia vita ho pagato ai gestori del ristorante, affinchè curassero il cibo nel proprio frigo:



  • 9/13 di torta [(9*40)/13]= 28 €

  • 6 € di vitellino smarrito nelle loro cucine

Somma: 34 €, contando come volete i 50 € di digestivo.


Ma soprattutto, se questa è la loro politica "schiacciaprezzi", e ci sono già due prove a loro "favore", da quanti mesi sarà stato smarrito questo vitellino? E quanti dolci sarà durata la mia torta?


Una cosa mi consola: tra i dessert, la torta alla frutta non era contemplata.




venerdì 4 maggio 2007

Una notte di pioggia un'infreddolita


Piazza piovosa, case lucidi tasti neri di pianoforte, pozze scure pupille dilatate.
Una ragazza svolazza nell'aria pesante, saluta gli amici e arriva alla sua macchina tempestata da mille lapilli venuti dal cielo.
Hall di hotel, un bell'hotel. Un taxi sputa fuori un'ombra, goffa di trolley. La porta si richiude subito, il taxi si ritira velocemente come se il contatto con l'acqua fosse pestifero. Sgomma via lasciando due scie con la trama del pneumatico sull'asfalto.
La piazza è deserta.
Rimangono solo la ragazza davanti alla sua macchina e l'ombra con il trolley.
Immobili.
Lei ha la chiavi in mano, ma fissa l'ombra senza muoversi.
Non può distinguere i tratti dell'ombra, infagottata in un abito da ufficio.
Lui inizia a trainare il bagaglio, con lentezza e senza ombrello, verso la hall.
Lei entra nella macchina e si siede al posto di guida.
I loro sguardi non si staccano mai.
Lui si ferma sulla guida fradicia che porta all'ingresso, e si gira verso la macchina.
Lei non mette in moto, non distoglie lo sguardo.
Alla fine:









In questa piazza ci sono anche io, che per l'occasione - ci sono 6 gradi - ho deciso di vestirmi da donna: pantaloncini, stivali (per fortuna relativamente invernali), maglia scollata leggerissima e giacchetta di pelle con i bottoni mezzi staccati, impossibile da abbottonare. Sono sotto i portici che batto letteralmente i denti, e maledico i miei amici che non arrivano.
Vedo in lontananza uno che arriva, spero che sia uno dei miei amici, ma figurarsi.
E' un ragazzo tutto ben vestito, jeans e giacca marrone imbellettato sorridente baldanzoso stonato con tutto l'ambiente. Sembra pronto per un giorno di sole, e non per una notte di pioggia.
Mi guarda.
Io mi giro saltellando e contorcendomi i pochi lembi di giacca intorno al collo per scaldarmi.
Continua a guardarmi.
Mi giro con fare interrogativo.
Lui sorride e mi dice:
- Michela?
Io di Michela ho ben poco, nemmeno il nome.
Gli dico:

giovedì 3 maggio 2007

La mia città è un cesso


La mia città sta per ospitare un evento spettacolare.

La mia città si sta preparando all'evento spettacolare partendo dalle cose più importanti.




Ovunque fioriscono agglomerati e filari di cabine blu, rese romantiche da un cuoricino rosso e da una scritta, TOI TOI, che farebbe pensare a uno zuccheroso tete à tete, invece vuol solo dire toilette toilette, il richiamo dei bisogni moltiplicato per sè stesso.
E qui entra in scena la forza del destino, che interseca il mio con quello di un branco di alpini con il ventre pieno di alcool liquido.
In questo periodo, infatti, anche io conduco la mia crociata salvifica conto le asperità. Non delle montagne. Delle mie cosce dall'aspetto sempre più lunare. Ho comprato le queues de cerise (ndr gambi di ciliegia) per combattere i miei inestetismi con l'effetto drenante della natura.
L'unico effetto, per ora, è che devo andare in bagno molto più spesso, soprattutto quando sono in giro.
Di conseguenza, la Toi Toi Italia S.r.l. è diventata il mio idolo.
Posso girare per Cuneo piena di queues de cerise senza avere il minimo disagio urinario.

mercoledì 2 maggio 2007

Una musica può fare


In macchina, tolgo il CD di Kyo e metto su quello misto De Andrè - Jovanotti. So benissimo dove voglio arrivare. Torgo il joystick dell'autoradio (certo, ché sono avanti, io, c'ho il joystick) finché non mi appare la canzone 2.


Aspetterò domani per avere nostalgia.E già mi sento tutta nostalgica. Sì, perchè oggi è il domani di tantissimi ieri di cui GIA' ho nostalgia, e non avrò bisogno di essere nostalgica di una mattinata in macchina mentre vado al lavoro, o forse domani lo sarò anche di oggi. E comunque, eccomi passata dallo stato di torpore da cuscino stampato in faccia a quello di struggente malinconia, di nostalgia canaglia che ti prende proprio quando non vuoi, o anche quando vuoi, o semplicemente non ci hai pensato e nè vuoi nè non vuoi.

Quando la canzone finisce, la rimetto.

E giù a sentirmi una paladina della nostalgia, a immaginarmi sola su uno scoglio battuto dalle onde che ululo la mia romantica disperazione a una muta luna piena. Poi, finisce di nuovo la canzone, e non la rimetto più. E, dato che i cd che preparo sono skizofrenici almeno quanto me, cosa mi parte?


Cavoli, che ganza sta canzone. Sei come la mia moto sei proprio come lei. Andiamo a farci un giro, fossi in te io ci starei. Cavolo, se ci starei. Ci starei un sacco a farmi un giro. Anzi, quasi quasi adesso giro a destra invece che a sinistra e il giro me lo faccio proprio. Ed eccomi trasformata, eccomi che canto a voce alta sulle note di Lorenzo, eccomi che ballo nell'abitacolo, eccomi che di nostalgia non ho nemmeno più l'ombra. Ora sono come lo Spiderman nero, come il Peter tutto nero con i capelli neri messi di traverso (i miei, poi, oggi, sono davvero di traverso, anzi sottosopra), come il Peter sicuro di sè, che balla in strada, fulmina con uno sguardo e si prende gioco del vecchio nostalgico e a dirla tutta noioso Spiderman rosso e buono.

Scendo dalla macchina con il passo deciso da sei come la mia moto.La macchina vicino a me è quella del collega.

Saluto il collega con nella testa il motivo truzzo che mi ha dato la carica.

So che sprizzo energia e carisma da tutti i pori.

Lui mi guarda e dice: "Hai il cuscino stampato in faccia".